logo-uicca-mid

Francesco Zenzale – Quando si evidenzia l’importanza di avere un rapporto personale con Gesù e che la grazia è un dono di Dio, spesso le persone, devote credenti, rivolgono la seguente domanda: “Se la salvezza è per grazia, qual è il ruolo della dottrina o della professione di fede nella salvezza?

In primo luogo credo che sia opportuno precisare che la grazia, quale dono di Dio, è una verità incontestabile e che per essere vissuta necessita di una risposta che coinvolge la dimensione affettiva della persona, perché implica una relazione personale con Gesù uomo e salvatore. La dottrina, invece, interpella la razionalità che è intrisa dell’esperienza personale, della cultura e di una religiosità “addomesticata”. In altre parole la dottrina, a causa della nostra griglia interpretativa, è soggetta a verifiche sia nel contenuto sia nell’osservanza. Pertanto la professione di fede o le dottrine costituiscono il modo in cui la chiesa (gli uomini) comprende l’insegnamento delle Scritture; ciò significa anche che è possibile una sua revisione per una comprensione più completa o trovare un linguaggio migliore per esprimerla.

La dottrina non può in alcun modo essere definita come verità acquisita in assoluto, ovvero come “dogma”, infatti la si può “addomesticare” alle proprie esigenze o criteri interpretativi.

La grazia, al contrario, pur nel suo mistero è una verità rivelata e donata da Dio nella persona di Gesù Cristo, ed è dunque un fatto compiuto, conseguentemente “chiunque crede in Cristo, che è via, verità e vita, sarà salvato”. Secondo l’apostolo Paolo, “non c’è dunque più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù” (Romani 8:1). Il Signore salva pienamente tutti coloro che accettano la sua grazia. In breve, non c’è salvezza nella legge, senza la grazia: “voi che volete essere giustificati dalla legge, siete separati da Cristo; siete scaduti dalla grazia… Per le opere della legge; nessuna carne sarà giustificata” (Galati 5:4; 2:16).

Da quanto evidenziato si evince che la dottrina ha la sua importanza nell’ambito:
– della comprensione limitata di Dio, della sua natura e del suo amore, che dovrebbe indurci ad orientare la nostra vita verso il Signore;
– del come Dio è presente nella storia dell’uomo (anche se non sempre è facile cogliere il suo agire), cercando di “disciplinare” le relazioni umane e tenendo conto del contesto culturale in cui la persona vive. La dottrina è intimamente legata alle vicissitudini umane;
– della compressione dell’uomo, della sua natura, del suo esserci nella prospettiva della grazia e dunque del modo in cui si relaziona con il prossimo;
– dell’adesione alla comunità dei credenti. La comunità ecclesiale la si definisce in base alla professione di fede e non in funzione di una spiritualità priva di contenuti.

Da ciò comprendiamo che la dottrina più che aiutarci a cogliere Dio nella sua pienezza, cosa improbabile, pur nel suo divenire, dovrebbe aiutarci a dare un contenuto alla grazia, affinché Gesù Cristo sia realmente presente nel quotidiano e nella comunità ecclesiale. “Quanto a voi, il Signore vi faccia crescere e abbondare in amore gli uni verso gli altri e verso tutti, come anche noi abbondiamo verso di voi” (1Tessalonicesi 3:12).

Per ulteriori approfondimenti e/o contatti: www.avventisti.it/assistenza

Condividi

Articoli recenti