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Francesco Zenzale – Sono alquanto sorpreso nel cogliere il modo in cui oggi sono decantati i “miracoli” in certi ambiti religiosi, soprattutto in quello carismatico. È sufficiente accendere il televisore e sintonizzarsi su qualche canale evangelico, oppure comprare una rivista religiosa, per rendersi conto che si vive “per grazia o per miracolo ricevuto”. Uomini e donne che cadono per terra al tocco del predicatore di turno; fazzoletti che sventolano o che sfiorano un’icona; pellegrinaggi con esiti miracolosi. C’è chi parla in lingue, chi decanta di avere il dono della guarigione o di esorcismo, chi ha delle visioni o delle locuzioni.

“In certe campagne di evangelizzazione organizzate su vasta scala e con mezzi modernissimi, come anche nelle piccole comunità, si ha l’impressione che non si respiri molta attesa per la predicazione della Parola di Dio. Si dice pochissimo riguardo ad argomenti importanti come il pentimento, la necessità della conversione, la santificazione, ecc. Quello che l’uditorio veramente aspetta è il momento in cui inizieranno gli appelli per ‘emozionarsi’, per vedere certi strani fenomeni, per ricevere il miracolo o per parlare in lingue. Del resto questo è quel che si pubblicizza maggiormente sui volantini con cui s’invita la gente a partecipare alle riunioni. L’apice è raggiunto però quando, al movimento della mano del predicatore, la gente cade sulla schiena, come svenuta, credendo di essere oggetto dell’opera dello Spirito Santo”, afferma Enzo Martucci nell’articolo online Opere potenti o prodigi bugiardi?.

In breve, sembra che siamo nel pieno dell’attività dello Spirito di Dio e che il Regno di Dio sia un dato di fatto piuttosto che un evento futuro. Sarà vero e autentico? Vero o falso risveglio?

Quello che più colpisce è che l’esperienza carismatica, pervasa da intensa emozionalità e miracolosità, sia diventata criterio di verità, espressione della volontà di Dio, a tal punto da giudicare le cose che accadono non in base alla Parola di Dio, ma al “successo”, al fatto che attirano le folle che, prese dall’emotività, inneggiano al Dio “sconosciuto”. L’esperienza, invece, non dovrebbe mai sostituire la dottrina biblica: un’esperienza è sana quando è frutto di una dottrina sana.

Sin dai tempi antichi i profeti hanno esaltato lo studio della Parola più che l’esperienza: “‘Alla legge! Alla testimonianza!’. Se il popolo non parla così, non vi sarà per lui nessuna aurora!” (Isaia 8:20; cfr Geremia 6:10). Gesù, a conclusione della parabola del ricco e Lazzaro, invita gli ascoltatori ad affermare la loro spiritualità a partire dalla Parola di Dio e non in funzione del miracolo della risurrezione. “Abraamo disse: ‘Hanno Mosè e i profeti; ascoltino quelli’. Ed egli: ‘No, padre Abraamo; ma se qualcuno dai morti va a loro, si ravvedranno’. Abraamo rispose: ‘Se non ascoltano Mosè e i profeti, non si lasceranno persuadere neppure se uno dei morti risuscita’” (Luca 16:29-31;cfr 2 Tim 3:16-17).

Se desideriamo vivere un’esperienza autentica con Gesù è indispensabile ricevere “la Parola con ogni premura, esaminando ogni giorno le Scritture per vedere se le cose stavano così” (Atti 17:11). Offrire al Signore un culto razionale, spirituale e autentico, tale da essere trasformati mediante il rinnovamento della nostra mente, affinché possiamo conoscere per esperienza “quale sia la volontà di Dio, la buona, gradita e perfetta volontà” (Romani 12:1-2).

Per ulteriori approfondimenti e/o contatti: www.avventisti.it/assistenza

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