Desert Flower prima nascitaA parlare è  la mamma di Muntaz, la prima bambina nata nel Desert Flower Center di Berlino

Notizie Avventiste – Ha già poco più di un mese la prima bimba nata da una donna vittima di mutilazioni genitali che si era sottoposta a un’operazione di ricostruzione nell’ospedale avventista Waldfriede di Berlino. La piccola Muntaz ha visto la luce il 25 gennaio nel “Desert Flower Center” aperto presso la struttura sanitaria tedesca dal 2013. È forte, alla nascita pesava 4,390 kg, e gode ottima salute.

La giovane mamma, appena ventenne, era fuggita dalla Somalia ed era arrivata al Desert Flower all’inizio del 2015. Circa dieci giorni più tardi aveva chiesto di sottoporsi alla ricostruzione chirurgica, poiché voleva sposarsi e avere figli. L’intervento, effettuato a febbraio 2015, pochi giorni dopo il matrimonio, le ha permesso di vivere una gravidanza senza complicazioni. Ora lei e suo marito, che ha sostenuto molto la moglie, hanno una splendida bambina.

Desert Flower prima nascita3“Mia figlia non sarà mai mutilata”, ha affermato Khadra, madre di Muntaz, “Ho sofferto molto per questa pratica crudele. Solo dopo l’intervento di chirurgia ricostruttiva mi sento di nuovo una donna completa”.

Il Desert Flower Center del Krankenhaus Waldfriede di Berlino accoglie e cura le vittime delle mutilazioni genitali femminili (MGF). È realizzato in cooperazione con la Fondazione “Desert Flower” creata nel 2002 dalla top model somala Waris Dirie, con l’obiettivo di aumentare la consapevolezza sulla piaga delle MGF e di proteggere i diritti delle donne africane vittime di questo rituale crudele e vergognoso che non ha nulla a che fare con la religione.

Vittima anche lei delle MGF quando era bambina, Dirie è diventata un’attivista internazionale contro questa pratica e ha descritto la sua sofferenza nel libro “Fiore nel deserto”, pubblicato nel 1997 e diventato un film nel 2009.

Desert Flower prima nascita2“Aspettiamo presto la nascita di un altro bambino al Desert Flower Center”, ha affermato la dott.ssa Cornelia Strunz, fiera dell’arrivo della piccola Muntaz e di aver ridato il sorriso alla sua giovane mamma.

Praticata in quasi 30 paesi dell’Africa e dell’Asia, la mutilazione genitale femminile è a volte considerata come uno status symbol che alcuni esercitano per controllare la sessualità e promuovere la castità delle ragazze. Spesso essa provoca infezioni, dolore cronico e infertilità. Già dal 2012 le Nazioni Unite hanno vietato la pratica, ma l’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che ne siano vittime 150 milioni di donne.

 

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