Michele Abiusi – Il penultimo comandamento dice: “Non attestare il falso contro il tuo prossimo” (Esodo 20:16). Nella comprensione comune proibisce la bugia, la menzogna. Chi non ricorda i propri genitori con il dito puntato in occasione di una bugia infantile? A volte, da piccoli, i miei figli raccontavano sogni ed eventi incredibili. Mia moglie ed io li ascoltavamo con attenzione pur sapendo che quei racconti erano frutto della loro immaginazione. Avevano bisogno della nostra partecipazione e guai disprezzare o riprendere il bambino in un momento simile… Uccideremmo, sul nascere, la sua immaginazione, la sua libertà di viaggiare con il pensiero, la sua forza creatrice. Crescendo, il limite tra verità e invenzione diventa sempre più chiaro, e come educatori non si può ridere e neppure far finta di niente se il bambino, per una qualunque ragione egoistica, raccontasse ciò che non è vero.

In alcune società esiste ancora l’abitudine di confermare le affermazioni con giuramenti. La credibilità è maggiore se al giuramento si associa il nome della madre, dei figli, oppure il nome di Dio. Spesso ho discusso il prezzo di alcune merci con ambulanti che ne confermavano la qualità e il prezzo, giurando nel nome di Dio e, in seguito, dimezzavano il prezzo pur di vendere l’oggetto in questione. Spesso il giuramento diventa una frase per convincere l’altro e non per esprimere la verità.

Due mila anni fa Gesù si espresse al riguardo: “Avete anche udito che fu detto agli antichi: Non giurare il falso; da' al Signore quello che gli hai promesso con giuramento. Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio; né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi; né per Gerusalemme, perché è la città del gran Re. Non giurare neppure per il tuo capo, poiché tu non puoi far diventare un solo capello bianco o nero. Ma il vostro parlare sia: ‘Sì, sì; no, no’; poiché il di più viene dal maligno” (Matteo 5:33-37).

Gesù rifiutava il giuramento perché sapeva che era diventato un modo lecito per ingannare. E ci richiama all’onestà e alla verità dichiarando di dire “sì” quando è “sì”, e di dire “no” quando è “no”.

Quante mezze verità nascondono reali bugie: sì è vero, ma…; è probabile, però…; mi sembra di… eppure…; avrei voluto… ma… Se sono una persona onesta e vera, non ho bisogno di giuramenti per essere credibile; invece, se sono conosciuto come una persona falsa, neppure mille giri di parole mi salveranno dal giudizio degli altri.

Ma ritorniamo alla nona parola della Torah.

“Non attestare il falso contro il tuo prossimo” significa molto più di non dire bugie. È un’accusa contro coloro che pregiudicano gli altri con le parole o con il silenzio. Quante volte le false testimonianze hanno incriminato innocenti e salvato i colpevoli. I soldi spesso sono il metro della verità.

La maldicenza è un’arma micidiale nella bocca di tante persone che colpiscono parenti, vicini, colleghi e amici. I matrimoni si sfasciano, gli impiegati perdono il lavoro, i vicini di casa perdono la stima di tutti, e questo solo per qualche parola uscita da labbra invidiose, gelose o maligne. E poi ci sono coloro che trasgrediscono lo stesso principio con il silenzio, cioè non parlano quando dovrebbero gridare. È la famosa omertà che protegge la criminalità organizzata, gli usurai e tanti politici, ma è anche il silenzio che favorisce la violenza dentro le mura domestiche.

Non parlare, non dire la verità alimenta la dipendenza dai prepotenti, dai poteri assoluti e ci allontana dalla libertà. Dio condanna questi comportamenti nocivi con il comandamento: “Non attestare il falso contro il tuo prossimo”. Invece di pregiudicare il prossimo con parole o con silenzi, Dio ci invita ad amarlo come amiamo noi stessi.

Il valore dell’altro è identico al mio anche se non mi è simpatico, anche se è più povero e meno fortunato, anzi proprio per questo devo rispettarlo, proteggerlo dai prepotenti, amarlo.

Gesù si è espresso anche sulla relazione esistente tra la verità e la libertà: “Gesù allora disse a quei Giudei che avevano creduto in lui: ‘Se perseverate nella mia parola, siete veramente miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi’” (Giovanni 8:31, 32)

Gesù si è battuto per la verità anche se questo gli è costata la vita e ci incoraggia ad amare la verità. In un altro momento dichiarò: “Io sono la via, la verità e la vita” (Giovanni 14:6)

In questi testi dei vangeli, il Maestro ci informa che la verità si trova solo in lui, nella sua Parola, nel suo insegnamento. Ecco l’importanza di leggere la Bibbia. Conosceremo la verità e questa ci renderà delle persone libere. Libere dall’ignoranza, dalla paura di un Dio giudice, di castighi e inferni; saremo liberi dal pensiero di dover comprare il paradiso o la clemenza di Dio; scopriremo la libertà profonda di vivere in accordo con la sua Parola e di sentirci perdonati, salvati, amati da un Dio misericordioso.

Questa è stata la mia esperienza quando ho incontrato Gesù. Da quel momento penso e guardo a Dio senza paura e non ho bisogno di chiedergli delle grazie con mazzette o tramite intermediari. Dio non è come noi.  Il suo regno non funziona come i governi terreni. Sono felice per questo.

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