Francesco Zenzale – Sono passati circa 45 anni da quando sono salito sul treno della speranza. Nei primi tempi tornavo a casa annualmente, poi sempre più con discontinuità. Ma quando sono pervaso dalla nostalgia, mi rivedo nel mio giardino d’eden: variegati alberi da frutta, un rigoglioso vigneto dall’uva dorata e nera, maestosi ulivi e ogni specie di ortaggi e legumi e l’ondeggiante aureo grano. Poi il cinguettio degli uccelli, il sibilo degli insetti, le bisce gialle e nere ecc… Ero in paradiso! Ma senza l’albero della vita emblema di Gesù Cristo, “via verità e vita” (Giovanni 14:6; cfr. Giovanni 1:4; 3:15, 36; 4:25; 20:31, ecc.) e il fiume dell’acqua della vita che assicurerà lo scorrere della vita in ogni essere vivente (Giovani 4:14).

I momenti belli della vita, quelli in cui sei in pace con te stesso, con il prossimo, la natura e Dio, tratteggiano, anche se nebulosamente, il nostalgico eden. E se la parola ispirata comincia e finisce con un paradiso, un fiume e un albero della vita, anche la nostra limitata esistenza partecipa a questo percorso che sfocia nell’eternità.

Anche se stiamo guadando il turbolento fiume della vita, tuttavia, la fine è più bella dell’inizio, come l’omega e più grandiosa dell’alfa (cfr. Apocalisse 1:8; 21:6; 22:13). Il paradiso futuro non è il vecchio ritrovato, è il paradiso di Dio (cfr. Apocalisse 2:7) con la presenza eterna dell’Agnello che morì per noi. Vi potranno accedere unicamente dei peccatori salvati per grazia, uomini simili al brigante convertito (cfr. Luca 23:43) o all’adultera riabilitata dalla grazia di Dio (cfr. Giovanni 8:1-11). E che cosa faremo nei nuovi cieli e nella nuova terra? Avremo la gioia di servire il Signore (cfr. Apocalisse 22:3; 7:15); di regnare con lui (Apocalisse 22:5; Daniele 7:27); ma vi sarà qualcosa che sarà per noi più prezioso di tutti i regni: «essi vedranno la sua faccia…» (Apocalisse 22:4; Salmo 17:15; 1 Corinzi 13:12).

Scrive l’apostolo Paolo: “Io stimo che le sofferenze del tempo presente non siano punto da paragonare con la gloria che ha da essere manifestata a nostro riguardo” (Romani 8:18). È dunque saggio sopportare le sofferenze «come un buon soldato di Cristo Gesù» (2 Timoteo 2:3).

Al tempo opportuno, dice il Signore, “Il mio popolo abiterà in un soggiorno di pace, in dimore sicure, in quieti luoghi di riposo” (Isaia 32:18). “Non s’udrà più parlar di violenza nel tuo paese, di devastazione e di ruina entro i tuoi confini; ma chiamerai le tue mura: ‘Salvezza0, e le tue porte: ‘Lode’. Non più il sole sarà la tua luce, nel giorno; e non più la luna t’illuminerà con il suo chiarore; ma il Signore sarà la tua luce perenne, il tuo Dio sarà la tua gloria. Il tuo sole non tramonterà più, la tua luna non si oscurerà più; poiché il Signore sarà la tua luce perenne, i giorni del tuo lutto saranno finiti” (Isaia 60:18-20).

Pubblicato in omaggio e memoria dell’autore.

 

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