Il saggio del teologo luterano Oscar Cullmann, pubblicato nel 1987, non perde smalto. Continua a mantenere viva l’attenzione sulla verità biblica della risurrezione in opposizione alla credenza popolare dell’anima immortale.
Florin Bică – La palese opposizione a uno degli insegnamenti cristiani più diffusi rischia di provocare forti reazioni, come è accaduto con il libro Immortalità dell’anima o risurrezione dei morti?, [1] a cura del noto teologo luterano Oscar Cullmann (1902-1999).
Nella prefazione a un’edizione successiva, lo stesso Cullmann ammetterà che il suo breve saggio ha scatenato una vera e propria bufera, con alcuni che lo accusavano di essere un "mostro"; al posto di dare al gregge il Pane della Vita, avrebbe consegnato "pietre, se non serpenti".
Naturalmente, un autore della sua levatura che insegnava teologia alla Sorbona di Parigi – e che, dopo la pubblicazione di questo libro avrebbe partecipato come osservatore al Concilio Vaticano II – non aveva pubblicato il suo testo senza soppesare attentamente ogni frase.
Cullmann, inoltre, sottolineava che l’opposizione alla sua tesi non si basava su argomenti biblici, piuttosto su "considerazioni molto generali di tipo filosofico, psicologico e soprattutto sentimentale".
L’immortalità dell’anima e le credenze popolari
Il libro affronta un tema piuttosto delicato: esistono basi bibliche a supporto della credenza popolare sull’immortalità intrinseca dell’anima? Oppure si tratta di una convinzione non sostenuta dai primi cristiani ma introdotta solo in seguito, come suggerisce Cullmann?
Il cuore del suo saggio, fondato sul Nuovo Testamento e sulla storia della chiesa primitiva, sta nel fatto che l’immortalità dell’anima è un’idea ripresa da alcuni teologi cristiani dalla filosofia greca. Per argomentare la sua tesi, il teologo luterano fa un confronto tra la morte del filosofo Socrate e quella di Gesù Cristo, evidenziando la calma del primo (seguace della credenza in un’entità che dopo la morte sopravvive alla materia) in contrasto con il "dolore fino alla morte" di Gesù, in previsione della sua agonia e morte (Marco 14:33-34).
Analizzando le lettere di Paolo, Cullmann conclude che l’antropologia cristiana è lontana dal pensiero greco sul corpo e sullo spirito. A differenza dei Greci che consideravano la materia (compreso il corpo) intrinsecamente cattiva, i cristiani vedevano il corpo umano come un dono di Dio.
"L’uomo nella sua interezza, quando è davvero morto, è richiamato alla vita da un nuovo atto di creazione da parte di Dio", afferma Cullmann, sottolineando la logica frattura tra la resurrezione del corpo, chiaramente annunciata nel Nuovo Testamento, e la presunta anima immortale. Parla dello stato dell’uomo dopo il momento della morte come di un sonno in cui l’individuo è incosciente e in attesa della risurrezione.
Considerando la diffusione della credenza dell’immortalità dell’anima, che potremmo ritenere quasi universale, il saggio di Cullmann merita maggiore attenzione e un dibattito a partire dal ragionamento esegetico, come l’autore ha ritenuto opportuno fare.
Note
[1] Oscar Cullmann, Immortalità dell’anima o risurrezione dei morti?, Juvence, 2022, 66 pagine.
(Florin Bică è un autore di libri per bambini; scrive sia opere di narrativa che di saggistica per questo pubblico esigente).
[Fonte: st.network. Traduzione: V. Addazio]