Errol Webste – Si chiamava Mark ed era un giovane austriaco sui vent’anni. Lo avevo incontrato mentre andavo via dal tempio di Hare Krishna a Nuova Delhi. Ero in India per scoprire cosa attrae la gioventù occidentale verso il misticismo orientale.

Sull’autobus diretto in centro città salì anche Mark, dopo aver visitato i tempio,  e si sedette accanto a me. Ruotava le perline di un rosario buddista nella mano sinistra, mentre sfogliava alcuni bigliettini con frasi indù con la destra. Cominciammo a parlare e mi chiese cosa facessi. «Sono un ministro di culto cristiano» dissi. I suoi occhi si illuminarono e la voce si ravvivò mentre diceva: «Ho letto la Bibbia e ho amato Gesù». Ero incuriosito. «Come mai sei passato alla meditazione orientale?» chiesi «È compatibile con gli insegnamenti di Gesù?».

La sua risposta mi distrusse. Disse: «Ho iniziato ad andare in chiesa e ho perso Gesù». Aveva perso Gesù in chiesa! Come era potuto accadere? Se Mark fosse andato in una chiesa avventista, il suo amore ritrovato per Gesù sarebbe stato coltivato o avrebbe fatto parte di quel 42% andato via negli ultimi 50 anni o più?

All’incontro Youth Engagement Summit del 2018, Jeff Parker, direttore della gioventù avventista in Australia, ha rivelato che «circa il 62% dei giovani che frequentano una chiesa in Australia se ne va prima dei 30 anni».1

Monte Sahlin, ricercatore della chiesa avventista, ha affermato che i risultati del sondaggio mostrano che la causa per cui i membri lasciano la chiesa avventista non ha tanto a che fare con i disaccordi dottrinali, ma piuttosto «con i problemi che le persone sperimentano nella loro vita personale».2 Lo storico della chiesa David Trim ha aggiunto che un fattore è anche «la secolarizzazione strisciante» nel nostro mondo.3

Sorge spontanea la domanda: «Se la conoscenza delle nostre dottrine non è di sostegno ai membri nelle loro crisi personali o non li fortifica contro la secolarizzazione, manca qualcosa nel nostro insegnamento?»

Quando Lee Venden tenne degli incontri di risveglio nel Nord America per i membri che già frequentavano la chiesa, scoprì che meno del 25% trascorreva del tempo nello studio personale della Bibbia e nella preghiera quotidiana. Scoprì anche che la maggioranza delle persone non ha la certezza della salvezza e ammette apertamente di non avere un incontro quotidiano con Cristo. La sua ricerca ha anche evidenziato che coloro i quali entrano a far parte della chiesa ritengono sì le nostre dottrine come bibliche, ma non vedono Gesù come il centro di ciascuna di esse. Troppi vengono in chiesa eppure non vanno a Gesù.4

Molti membri affrontano lotte spirituali. Abbiamo insegnato loro le nostre dottrine ma in qualche modo non li abbiamo aiutati a conoscere Gesù.

Uno studio sui Millennial avventisti (i nati tra il 1980 e il 2000), che ancora frequentano la chiesa, ha rivelato che questi giovani hanno una visione più negativa della chiesa avventista rispetto ai coetanei statunitensi in generale sulle loro chiese.5 Stando così le cose, possiamo capire perché il Summit on Nurture and Retention del 2013 avesse raccomandato che «deve essere una necessità urgente costruire relazioni amorevoli e cristiane all’interno della chiesa locale».6

Un altro sondaggio, condotto tra i giovani dai 18 ai 35 anni rimasti nella chiesa, ha rivelato che meno di uno su quattro studia la Bibbia quotidianamente e quasi tre quarti (73,5%) non è certo di essere salvato.7 Se questo è vero per la maggioranza dei giovani adulti che rimangono nella chiesa, cosa potrebbe significare per coloro che sono andati via?

Una società secolare
Quello che Trim ha affermato sulla «secolarizzazione strisciante» della nostra società e sugli effetti che comporta, in particolare riguardo ai media di intrattenimento, è vero. Oggi, in Occidente, viviamo in una società post-cristiana caratterizzata da una mancanza di significato e scopo. Per questa generazione, la verità è relativa. L’individuo diventa egli stesso l’autorità soggettiva che decide ciò che è giusto o sbagliato. Le persone vivono senza problemi con le contraddizioni; professione e pratica non devono necessariamente corrispondere.

Il rapporto Generazione Z del 2018 del Barna Group afferma: «Il relativismo morale sta mettendo radici più profonde in America. Un quarto della Generazione Z [i nati tra il 1999 e il 2015] concorda fortemente sul fatto che ciò che è moralmente giusto e sbagliato cambia nel tempo in base alla società… [e] ogni individuo è arbitro morale di se stesso. Solo il 34% della Generazione Z è d’accordo sul fatto che «mentire è moralmente sbagliato».8

Nel 2016, il termine «post-truth» (post-verità) è stato eletto parola dell’anno dagli Oxford Dictionaries. La parola denota circostanze nelle quali i fatti obiettivi sono meno influenti nell’orientare l’opinione pubblica degli appelli all’emotività e delle convinzioni personali. Il prefisso post di solito significa dopo, come in «postguerra». In post-verità, significa che la verità «è diventata non importante o irrilevante». Il direttore di produzione degli Oxford Dictionaries, Casper Grathwohl, ritiene che la post-verità potrebbe diventare «una delle parole distintive del nostro tempo».9

Questa è l’era delle «fake news» (bufale o notizie false), dei «fatti alternativi», delle «narrazioni contrastanti» e quando «la verità non è la verità».

Le fake news, cioè «informazioni false, spesso sensazionali, diffuse sotto forma di cronaca», sono state elette parola dell’anno dal Collins Dictionary nel 2017.10

Nel suo rapporto «Trends Shaping a Post-Truth Era» (del 9 gennaio 2018), il Barna Group ha scoperto che «la verità è sempre più considerata come qualcosa di sentito piuttosto che qualcosa di conosciuto».11 Dagli anni ’60, la società occidentale è diventata progressivamente più soggettiva .

Sugli effetti di questa «secolarizzazione strisciante», Trim ha concluso che «il tessuto della maggior parte delle chiese locali avventiste non è sufficiente per arginare questa marea».12

Possono le persone avere un’esperienza che cambia la vita e che può fortificarle contro la secolarizzazione e le crisi personali, senza andare a Gesù?

Non solo in Occidente
Non è solo in Occidente che i membri si sono uniti alla chiesa ma non sono «andate a Gesù». Il Ruanda era una nazione in cui il 95% della popolazione affermava di essere cristiana, compresi gli oltre 275.000 avventisti, vale a dire il 10% degli abitanti all’epoca. I dirigenti della chiesa ritenevano il Ruanda il Paese più avventista del mondo. E questo fino al 1994, quando avvenne il genocidio, quando la maggioranza degli hutu massacrò oltre 800.000 tutsi, la minoranza. Tra i morti vi furono 12.000 avventisti.13

La terribile verità è che molti membri e pastori della chiesa avventista furono coinvolti nel genocidio e, come venne riferito, mantennero il loro avventismo evitando scrupolosamente di uccidere di sabato, osservando il giorno di riposo.14

Ciò che Robert Folkenberg, allora presidente della Conferenza Generale, vide quando visitò il Ruanda lo commosse più di ogni altra cosa. «Quello che è successo in Ruanda» dichiarò «è probabilmente dovuto a persone non convertite, che portavano il nome di Cristo».

Dopo aver trascorso del tempo in ginocchio, Folkenberg giunse a una conclusione: «Il vangelo non ha fallito. La croce di Cristo non ha fallito, lo Spirito Santo non ha fallito… Noi, come pastori, abbiamo fallito… In quanto leader religiosi abbiamo deluso Dio, Cristo e il popolo del Ruanda … Dobbiamo confessare i nostri peccati davanti a Dio».

«Ciò che serve» dichiarò Folkenberg, è che «i leader spirituali … chiedano di essere convertiti e trasformati».15 Abbiamo veramente capito le implicazioni di ciò che accadde in Ruanda e le parole di Folkenberg?

Le persone possono essere molto religiose e sincere al riguardo, senza essere cristiane.

Qual è la risposta?
Il battesimo non equivale alla conversione. Dovremmo mettere più enfasi sulla conversione a Gesù, piuttosto che sul battesimo? Forse parliamo di più della Bestia, producendo la giustificazione per paura, invece di parlare dell’Agnello che ci dona la giustificazione per fede?

Carlyle B. Haynes era un’evangelista avventista che portava le persone in chiesa, ma poi si rese conto che «aveva predicato per quindici anni e tuttavia non era un uomo convertito».

«Avevo trascurato il primo, semplice passo di andare a Gesù Cristo, come fanno i bambini, e, per fede in lui, ricevere il perdono dei miei peccati» scriveva «Dopo quindici anni di predicazione di questo messaggio, Dio mi ha riportato ai piedi della croce».

Quando ci allontaniamo dalle nostre «opere e guardiamo soltanto a Cristo per ricevere la salvezza» aggiungeva Haynes «Dio dichiara quella [persona] giusta. Questa dichiarazione di Dio è fondata sull’opera compiuta da nostro Signore».16

Questo è il messaggio del vangelo.

 

Note
1 J. Stackelroth, «Church Resolves to Grow Young, Engage Youth», Adventist Record, 1° giugno 2018.
2 A. Oliver, «At First Retention Summit, Leaders Look at Reality of Church ExodusAdventist News Network, 19 novembre 2013.
3 E. M. Garcia, «Landmark Survey Reveals In-depth Beliefs, Perceptions of Adventist Members», Adventist News Network, 17 ottobre 2013.
4 C. Jenkins, A. A. Martin, “Engaging Adventist Millennials: A Church that Embraces Relationships», Ministry, maggio 2014.
5 Conferenza Generale degli avventisti del settimo giorno, dichiarazione al Summit on Nurture and Retention del 2013, «Recommitting, Reconnecting and Reconciling: Reviving Discipleship, Nurturing Believers, and Reuniting with the Missing», https://www.adventistarchives.org/nurture-and-retention-summit-statement.pdf.
6 K. Dixit, K. Stiemsma, R. Sigamoney Dixit, «Why Young People Are Sticking with Church», Ministry, marzo 2016.
7 D. Morris, «A Passion for Revival: An Interview with Lee Venden», Ministry, febbraio 2012.
8 Barna Group, Gen Z, rapporto (2018), pp. 55, 99, 65.
9 A. B. Wang, “‘Post-truth’ Named 2016 Word of the Year by Oxford Dictionaries», The Washington Post, 16 novembre 2016.
10 Collins Dictionary, «Collins 2017 Word of the Year Shortlist», Word Lover’s blog.
11 Barna Group, «The Trends Shaping a Post-Truth Society», 9 gennaio 2018.
12 D. Trim, rapporto Seventh-day Adventist Global Data Picture, febbraio 2014.
13 R. Osborn, «No Sanctuary in Mugonero: Notes on Rwanda, Revival, and Reform», Spectrum, 16 ottobre 2010.
14 Ibidem
15 «GC President Speaks Out About Rwandan Atrocities», estratto di sermone, Adventist Review, Nad Edition, marzo 1996, p. 6.
16 C. B. Haynes, «Righteousness in Christ – My Experience», sermone tenuto all’incontro dell’Associazione Pastorale della Conferenza Generale nel 1926. Ripubblicato in Ministry, maggio 1986.

 

[Fonte: Adventist Review]

 

 

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