Rassegna stampa. La speranza è felicità
4 Marzo 2015

Rassegna stampaElide Giordani – Linee rette, molto vetro, muri puliti (nulla del fulgore fastoso di certe chiese cristiane) e solo un vago rimando alla simbologia della croce. La chiesa dei cristiani avventisti del 7° giorno mostra anche nell’architettura l’approccio razionale che definisce i cardini del protestantesimo. Nello stesso complesso inaugurato nel 2002, un lato sulla via Emilio Gadda, uno sul centro commerciale di Case Finali, trova posto un’ampia sala per attività sociale, un negozio equo solidale e la canonica dove abita il giovane pastore Gionatan Breci, 33 anni, siciliano d’origine, con la moglie Patricia Perrone e la loro figlia di pochi anni.

“Questo a Cesena – dice il pastore Breci – è il mio primo mandato, per i due anni a venire sono un pastore tirocinante”. Nato da famiglia avventista di lunga tradizione, dai 19 anni in poi ha studiato a Firenze nelle varie strutture di formazione teologica degli avventisti per preparasi al ruolo. “Sono stato fortunato – dice aprendo le porte della grande chiesa di cui è pastore – ma una struttura come questa ha anche costi elevati”.

Fortunati davvero gli avventisti. Insieme ai testimoni di Geova sono gli unici, tra i tanti rappresentanti delle comunità religiose presenti in città, ad avere un luogo di culto appropriato. Una realizzazione dovuta ai fondi raccolti dai fedeli così come è frutto dell’autotassazione del 10 per cento, obbligatoria (restituzione’ la chiamano secondo il principio biblico), lo stipendio del pastore: 1.000 euro al mese più l’uso gratuito dell’abitazione e il rimborso per le spese di spostamento. Non sono pochi? “No. C’è tanta gente che vive con molto meno”, dice con ferma convinzione il pastore Breci.

“Il nome Avventisti fa riferimento al ritorno di Gesù che una profezia, dimostratasi errata, collocava nel 1844. Il 7° giorno, invece, ribadisce la necessità, e per noi è un comandamento, di sospendere ogni attività, se non quelle indispensabili, il sabato, giorno di riposo biblico dedicato al Signore. Per insegnarcelo Dio ha creato il mondo in sei giorni e il settimo si è riposato”. Il riposo del sabato è stato, tra l’altro, da sempre uno dei motivi di contrasto e discriminazione nei confronti degli avventisti, i cui ragazzi in quel giorno non vanno a scuola, così come gli adulti cercano di evitare l’impegno lavorativo.

La comunità cesenate degli avventisti (tra i 90 e i 95 iscritti nell’apposito registro), anche grazie all’azione infaticabile di alcuni anziani di chiesa come Giovanni Benini, è profondamente radicata nel sociale. Tra le altre la lettura del Nuovo Testamento per 24 ore consecutive, a cui partecipano personalità religiose e civili non avventiste (tra cui anche il sindaco Lucchi e il vescovo Douglas), è una iniziativa che nei giorni che anticipano la Pasqua riempie di echi la piazza davanti al Duomo.

L’avventismo non riconosce l’autorità del Papa e della Chiesa di Roma ma il principio della libertà religiosa è uno dei propri capisaldi. La nascita della comunità degli avventisti in città è fatta risalire al 1918. Poco dopo vennero allestiti i primi luoghi di culto a casa di qualche fedele fino alla sede (tra il 1935-1945) di via Chiaramonti 32. Ma i battesimi nel Savio, effettuati di notte per non essere bersagliati da sassaiole, finivano spesso per essere oggetto di sbeffeggi. Oggi nella bella chiesa di via Gadda, arredata con comode panche imbottite di azzurro, c’è un pulpito sotto cui all’occorrenza si apre un’ampia vasca con scalini per i battesimi per immersione ovviamente riservati gli adulti.

Ma non è questo l’unico spartiacque tra cattolici e avventisti. “Prima di ogni differenziazione occorre sottolineare che siamo tutti cristiani – dice tuttavia il pastore Breci – ma rispetto al cattolicesimo abbiamo un approccio molto più vicino alla Bibbia e nelle nostre chiese non ci sono immagini sacre ma solo una croce vuota, poiché crediamo in un Cristo resuscitato e vivente. Non facciamo il segno della croce, crediamo nella trinità ma lo Spirito Santo è la promessa del dopo Gesù”.

Ma com’è la vita di un giovane pastore avventista? “Tutta impegnata intorno alla chiesa. Non ho hobby se non quello di stare tra la gente. Vivo la fede nella pratica e nello studio della Bibbia. Ciò che mi ha portato a questa scelta però è stato qualcosa che va al di là degli studi, una speranza di un Dio vivente che ha un progetto per la storia dell’umanità”. Ma la fede dà la felicità? “Dà la speranza che è molto vicina alla felicità”. (Il Resto del Carlino, ed. Cesena, 2.3.2015)

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