Rassegna stampaFulvio Scaglione/ Famiglia Cristiana.it – Il Rapporto 2014 sulla libertà religiosa nel mondo, elaborato dalla fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che soffre, ha ribadito che per questo valore fondamentale sono tempi cupi. Dei 196 Paesi esaminati, 116 (cioè quasi il 60% del totale) umiliano in vario grado questa libertà fondamentale. E dei 61 Paesi che, nel periodo 2012-2014, hanno introdotto qualche cambiamento, solo 6 (Cuba, Emirati Arabi Uniti, Iran, Qatar, Zimbabwe e Taiwan) si sono mossi verso un allentamento delle restrizioni.

Proprio per questo uno dei personaggi più interessanti dell’ultimo Meeting di Comunione e Liberazione a Rimini è stato Brian Grim, sociologo americano che, dopo aver a lungo guidato le ricerche sulle limitazioni alla libertà religiosa per il prestigioso Pew Research Center di Washington, è diventato (ai primi del 2014) fondatore e presidente della Religious Freedom and Business Foundation. Come dice il titolo, la Fondazione si propone di studiare i rapporti tra libertà di culto e sviluppo economico e di incentivare i rapporti tra questi due mondi, solo in apparenza lontani.

“Sono arrivato a questo tipo di approccio”, racconta Grim, “partendo da esperienze personali, quelle che per molti anni, prima di convertirmi al cattolicesimo, ho fatto come missionario battista in giro per il mondo, dall’Urss alla Cina, dal Medio Oriente all’Asia Centrale. In Arabia Saudita la mia fede era illegale, ero bloccato, non potevo fare quasi nulla. Poi mi sono spostato al di là del confine, negli Emirati Arabi Uniti, e lì la mia fede non solo era legale ma addirittura incentivata. E infatti sono diventato produttivo, ho messo su scuole e asili, ho ottenuto risultati. Se questo vale per gli individui e per le congregazioni, perché non dovrebbe valere per le società? Se guardiamo alla storia di qualunque comunità, notiamo che le istituzioni che si manifestano per prime sono quelle religiose. Che cosa fa una Chiesa, qualunque essa sia? Si dà una guida, forma un consiglio per aiutarla, si organizza per gestire i propri beni, crea una struttura per raggiungere i propri fedeli. Un modello che le aziende replicano pari pari”.

Grim, che è anche membro del Consiglio economico mondiale che si riunisce a Davos, di una cosa è convinto: la libertà religiosa favorisce il riscatto dei più poveri, in ogni parte del mondo. In che senso?

“Ovunque la fede è libera e i credenti sono tutelati nella loro pratica religiosa, le persone sono più aperte e vogliose di contribuire allo sviluppo della società. Calano le tensioni sociali e i contrasti tra i gruppi, il che incentiva gli investimenti interni ed esteri e l’attività economica in generale. Pensiamo all’Egitto e alla misura in cui i contrasti politico-religiosi hanno minato l’economia e allontanato la prospettiva del benessere per milioni di poveri. E pensiamo alla crisi finanziaria cominciata nel 2008: si è scaricata soprattutto sui meno ricchi e sui poveri, anche a causa di quella mancanza di sensibilità sociale e morale che è stata spesso sottolineata da papa Francesco. Lei conosce la storia religiosa dei corn flakes Kellogg’s?”.

Veramente no…

“La fondarono i due fratelli Kellogg, William Keith e John Harvey, nel 1906. Erano avventisti del settimo giorno e per la loro fede il corpo è come il tempio dell’anima, va curato e rispettato. Per questo pensarono di lanciare una linea di alimenti che consentisse alla gente di far una colazione sana e rispettosa del corpo. Pensi quanto avremmo perso, dal punto di vista economico, se i fratelli Kellogg non fossero stati liberi di praticare la loro fede. Col tempo la caratteristica religiosa dell’impresa è ovviamente sfumata ma in Australia la compagnia partner della Kellogg’s si chiama Sanitarium come quella originaria dei due fratelli ed è la più grande azienda del Paese per i cereali. In Nuova Zelanda la compagnia ha lanciato Tryathlon (gioco di parole tra il verbo inglese Try, “prova”, e lo sport chiamato Triathlon, n.d.r) per favorire la sana alimentazione e la pratica sportiva, perché nel Sud del Pacifico, soprattutto presso le classi meno abbienti, le due cause di morte più diffuse sono il diabete e i problemi cardiaci”.

E questo ci dice che…?

“Che è sbagliato credere, come succede spesso anche in quel Paese di libertà economica che sono gli Stati Uniti, che libertà di culto sia ciò che la legge permette. La vera libertà di culto è la possibilità di fare del bene, di fare cose buone per la comunità. Che è la caratteristica principale delle comunità di fede davvero libere. Un gruppo di sociologi ha studiato la presenza e l’attività delle Chiese a Saint Louis e ha scoperto una cosa molto precisa: quando una congregazione chiude, lascia, nel giro di dieci anni al massimo il quartiere e la comunità si sfasciano”.

Tutti i rapporti sulla libertà di culto nel mondo sottolineano che sono islamici quasi tutti i Paesi dove tale libertà è più conculcata. Com’è possibile spiegare a questi Governi tutto quanto ci siamo detti finora?

“L’islam non è un monolite, si va dal Senegal, che è molto aperto, all’Indonesia che invece è molto chiusa pur non essendo una repubblica islamica. Ma in generale, non è molto utile parlare ai musulmani solo in termini di “libertà”. Lo è molto di più sottolineare, con un argomento che li tocca molto, che la religione è importante per tutti e per ogni aspetto della vita di tutti”.

(Articolo e foto pubblicati da Famiglia Cristiana.it il 20 settembre 2015)

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