_monteiro-front-4x3Notizie Avventiste – Il Pastore António Monteiro è oramai in prigione da più di un anno, accusato di un crimine che i suoi ufficiali di chiesa affermano non abbia commesso.
Monteiro, responsabile dei Ministeri della Famiglia per l’Unione delle chiese avventiste del Sahel, con sede a Lomé, in Togo, era nel suo ufficio un giorno, quando un uomo è venuto a chiedergli soldi e un lavoro. Quell’uomo, Kpatcha Simliya, avrebbe poi accusato Monteiro di essere la mente ideatrice di una rete per il traffico di sangue raccolto per dei cerimoniali religiosi. Più di una dozzina di giovani donne erano state da poco trovate morte in periferia. Il popolo reclamava giustizia.
Nonostante l’assenza di prove di un suo coinvolgimento, Monteiro è stato rinchiuso il 15 marzo 2012 e non ha tuttora subito un processo. Cinque tentativi di appello del suo avvocato, la chiesa avventista mondiale e diversi diplomatici stranieri non sono riusciti a farlo liberare. Funzionari governativi hanno fatto a leader della chiesa e avvocati promesse che però non gli hanno restituito la libertà.
Il Presidente del Togo, Faure Gnassingbé, l’anno scorso ha rifiutato di incontrare il Presidente della chiesa avventista mondiale Ted N. C. Wilson, in visita pastorale presso il paese.
Fra i leader della chiesa e altri che seguono il caso di Monteiro, c’è chi pensa vi sia molto di più in ballo dietro questa storia. Qualcuno aveva bisogno di un capro espiatorio? I giudici di Lomé hanno davvero la possibilità di dire la loro, oppure le decisioni gli sono imposte dal governo?
Infatti, in una dichiarazione scritta ottenuta da ANN, Monteiro afferma che il giorno in cui fu chiamato in giudizio, il giudice gli ripeté più volte alla presenza del suo avvocato, “Pastore, So che lei è innocente. Il suo dossier è vuoto. Ma non posso rilasciarla, perché non dipende da me.”
Monteiro si chiese, “E allora da chi dipende tutto questo?”
Oggi, più di 16 mesi dopo, emergono nuovi dettagli sul caso che ha lasciato avvocati, diplomatici e ufficiali di chiesa turbati rispetto a come assicurarsi il rilascio di Monteiro da parte di un governo che sta violando la sua stessa costituzione, detenendolo senza un fondamento giuridico.
Secondo i documenti della polizia, il suo accusatore, Simliya, ha in un primo momento confessato di aver assassinato delle giovani donne per servirsi del loro sangue, attirandole nei boschi con delle scuse. Simliya aveva anche già trascorso un periodo in prigione dopo una condanna per stupro e possiede una storia documentata di instabilità mentale.
Nel frattempo, le perquisizioni della casa e dell’ufficio di Monteiro effettuate dalla polizia non hanno prodotto alcuna prova.
Quando Monteiro fu messo in prigione, i giornali annunciarono che il vero criminale era stato trovato. Alcuni pubblicarono foto che lo ritraevano in possesso di fialette di sangue.
“Il Pastore Monteiro è innocente, punto” ha affermato John Graz, direttore del dipartimento Affari pubblici e Libertà religiosa della chiesa avventista mondiale. “L’accusa oltraggiosa nei riguardi di Monteiro è che egli, in quanto pastore avventista, abbia complottato per far uccidere queste donne, in modo da poter impiegare varie parti dei loro corpi per dei cerimoniali religiosi. È un’accusa assolutamente inverosimile e bizzarra.”
“Si tratta decisamente di una parodia della giustizia, che non verrebbe tollerata in nessuna società rispettosa della legge,” ha affermato Graz.
Gli ufficiali di chiesa hanno continuato a lavorare sia pubblicamente che dietro le quinte perché il loro impiegato venisse scarcerato. La chiesa avventista mondiale ha organizzato per Monteiro veglie di preghiera internazionali, ha sponsorizzato campagne epistolari indirizzate a funzionari governativi e diplomatici e ha organizzato petizioni per il suo rilascio.
Ma Monteiro è ancora in prigione.
Il 27 luglio saranno passati 500 dal suo arresto.
Questa serie di quattro articoli si basa su interviste fatte a fonti coinvolte nel caso, una dichiarazione di Monteiro, e-mail, reportage, documenti della polizia e del tribunale.
Un portavoce del Ministero della Giustizia togolese ha rifiutato di rilasciare dichiarazioni per questa serie di articoli. Simliya è detenuto sotto diverse accuse, compreso tentato omicidio, e non rilascia commenti.

La missione di Monteiro
Un giorno, all’inizio del 2011, Monteiro ha ricevuto una telefonata dalla reception che avrebbe cambiato il corso della sua vita. Era nel suo ufficio presso la sede centrale della Missione dell’Unione del Sahel, un edificio di tre piani a Lomé, la capitale del Togo.
Monteiro lavorava lì dal 2009, dopo aver ricevuto un’e-mail da Guy Roger, il Presidente dell’Unione, che gli chiedeva di venire ad assumere il ruolo di direttore del dipartimento Scuola del Sabato e Ministeri personali presso la sua unione.
All’epoca, Monteiro era pastore di 25 chiese e gruppi sull’isola di Fogo, a Capo Verde. Il paese lusofono è costituito da un arcipelago di 10 isole a circa 560 chilometri dalle coste dell’Africa occidentale. Egli nacque lì nel 1955.
_monteiro-wedding-dayDopo gli studi superiori, Monteiro lasciò casa sua per frequentare un seminario avventista in Camerun. Ritornò nel paese natio nel 1983, per cominciare a lavorare come pastore. Sposò Madalena dos Anjos nel 1984 e la coppia fu trasferita spesso in quanto i leader della chiesa gli affidavano responsabilità sempre più grandi e distretti più ampi da condurre. Negli anni, la coppia pastorale ebbe quattro figli.
Durante il suo ministerio, Monteiro prese parte a tre campagne evangelistiche a Boston, nel Massachusetts (USA) e a diverse altre in Guinea-Bissau e nel Benin, nell’Africa occidentale.
L’e-mail di Roger del 2009 lo mise davanti a un bivio: restare nella familiarità e nel confort di casa propria o andare in un posto sconosciuto per servire come missionario.
Monteiro decise di accettare la proposta, onorato di aver ricevuto l’opportunità di contribuire allo sviluppo spirituale dei cittadini del Togo e degli altri 10 paesi facenti parte dell’Unione delle chiese avventiste del Sahel. Sarebbe stata una sfida, lo sapeva, in quanto il paese ospita diverse pratiche religiose ed è uno dei centri nevralgici nel mondo per il vudù.
_monteiro-familyPreoccupazioni a parte, egli era desideroso di condividere ulteriormente il cristianesimo, una religione che secondo lui parla di un Dio d’amore. La sua fede e comunità avventista – che oggi conta 17 milioni di membri nel mondo – aveva instillato in lui l’importanza di una istruzione e di una salute sane, non solo per i membri di chiesa, ma anche per tutti coloro che nella società fossero interessati a migliorare le proprie vite.
Monteiro è arrivato in Togo e a cominciato a lavorare, come richiesto, per l’Unione del Sahel. Nel 2011 era stato nominato direttore della Missione avventista e del dipartimento dei Ministeri della Famiglia presso la stessa Unione.
In quella giornata all’inizio del 2011, dalla reception fu chiesto se potesse ricevere qualcuno che voleva parlare con un pastore. Monteiro chiese di accompagnare l’uomo nel suo ufficio. Propose allora a Simliya – l’uomo dai mille nomi, che qualche mese dopo l’avrebbe accusato e fatto incarcerare – di sedersi.
_monteiro-bumper-iiSimliya disse a Monteiro di non avere un lavoro, i soldi per i mezzi di trasporto e a volte neanche abbastanza cibo.
“Sei avventista?” gli chiese Montero.
Simliya rispose di si e che era stato battezzato dal Pastore Eric Mensanvi. Roger, il Presidente dell’Unione, confermò più tardi che Simliya era stato battezzato in prigione, durante un periodo di detenzione dovuto a una condanna per stupro del 2006.
Monteiro non conosceva la storia di quest’uomo. Invitò Simliya a un incontro in chiesa, gli presentò gli anziani della comunità e poi andò a casa.
Diverse settimane dopo, Simliya si ripresentò agli uffici dell’unione per un saluto. Monteiro gli chiese, “Allora, come vanno le cose?”
Simliya gli ripresentò lo stesso quadro: niente lavoro, soldi, né cibo.
“È vero, la vita può essere dura,” gli disse Monteiro, “ma Dio provvederà.”
Mappa del TogoNelle settimane successive, Simliya si ripresentò allo stesso modo diverse altre volte e una di queste confessò a Monteiro di essere stato in prigione.
“Non cercai di scoprire cosa fosse successo,” ha ricordato Monteiro successivamente. “Gli consigliai, ‘Ora che sei libero, concentra i tuoi sforzi per cominciare una nuova vita. Che lavoro fai?’”
“Sono un tassista,” rispose Simliya.
“Hai la patente?”
“Si.”
“Posso vederla?”
“No, non ce l’ho qui con me. La porto la prossima volta,” disse Simliya.
La volta successiva, che fu qualche giorno dopo, Simliya raccontò che la sua licenza da tassista era stata rubata.
“Cerca la copia,” gli disse Monteiro.
Simlyia cambiò argomento. Disse che Bruno Amah, un membro della chiesa avventista, gli aveva promesso che lo avrebbe aiutato a comprare un’auto per circa 800.000 franchi CFA (circa €1.200), ricorda Monteiro.
“Mi chiese [Simliya] di parlare con questo fratello perché lo aiutasse. Non lo conoscevo [Amah] personalmente, ma gli avevo già parlato al telefono di assistenza” dietro richiesta di uno studente di teologia.
Lì in ufficio Simliya chiamò Amah sul cellulare e poi gli passò Monteiro. Al telefono, Amah confermò di conoscere Simliya. Monteiro gli parlò della richiesta. Amah risposte, “Se posso, lo aiuterò,” ricorda Monteiro.
Alcune settimane dopo, Simliya chiamò Monteiro per chiedergli se avesse avuto notizie di Amah. Non ce n’erano state.
Trascorsero dei mesi, da agosto a marzo del 2012, prima che Monteiro riavesse notizie di Simliya. Martedì 13 marzo 2012, quest’ultimo si presentò agli uffici dell’Unione, ma Monteiro disse alla reception, “No, sono molto impegnato ora.” Tuttavia, parlò brevemente a Simliya, che era in piedi nella hall al telefono della reception. Monteiro lo ringraziò per essere passato, ma lo informò che quel giorno era molto impegnato.

L’inizio della detenzione
Due giorni dopo, il 15 marzo, la polizia fece irruzione nella casa di Monteiro, verso le 20:30 e lo arrestò di fronte alla sua famiglia. La polizia gli disse che era coinvolto in un crimine.
“Si tratta di un errore,” disse Monteiro.
Un poliziotto risposte, “Lei non è il Sig. Monteiro?”
“Si,” rispose lui, “ma coinvolto in un crimine? No,” disse.
Lo portarono alla stazione di polizia, dove incontrò Simliya. A Monteiro fu chiesto se conoscesse quell’uomo. Rispose di si e raccontò loro la breve storia.
Tre giorni dopo, un poliziotto disse a Monteiro, “Lei gli [Simliya] ha affidato una missione.”
Monteiro chiese, “Quale missione? Io ho una sola missione che porto avanti da 40 anni. Sono un pastore e la mia missione è predicare l’Evangelo.”
Un comandante della polizia gli disse, “Lei ha ordinato sangue umano.”
La polizia ha trattenuto Monteiro in una struttura per bande criminali all’interno di una delle sue stazioni per 14 giorni, in una cella senza finestre che misurava 6 metri per 4. Fu denudato per la maggior parte del tempo.
Il 28 marzo, fu portato in tribunale. Le perquisizioni della casa, dell’ufficio e della chiesa di Monteiro non hanno rivelato alcuna prova. Il suo avvocato chiese di archiviare il caso. Il giudice respinse la richiesta. Fu negato il rilascio su cauzione.
Monteiro è in prigione da allora.
“È difficile scoprire cosa c’è davvero dietro tutta questa storia,” ha affermato Graz, direttore del dipartimento Affari pubblici della denominazione.

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(vedi nell’immagine qui a lato le semplici note prima di firmare).

Didascalie foto.
Il Pastore António Monteiro è in prigione da quasi 500 giorni, pur non essendo stato processato. È rinchiuso nella Lomé Civil Prison, in Togo. [foto gentile concessione della famiglia Monteiro]

António e Madalena si sono sposati nel 1984, un anno dopo essere stato ordinato pastore della chiesa cristiana avventista del settimo giorno a Capo Verde.

António e Madalena hanno quattro figli.

António Monteiro con il suo quarto figlio Alessandro, nella pista autoscontri di un Luna Park a Lomé, nel 2010.

Per la mappa del Togo, Immagine di Amber Sarno.

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