Luigi Caratelli – Mi preme ritornare sul tema delle armi negli Stati Uniti. Ci sono sviluppi importanti.

A seguito dell’ennesima strage in una scuola americana, e della quale ci siamo occupati in un precedente articolo, diverse aziende autoctone si sono rifiutate – almeno in dichiarazioni, più o meno ufficiali – di rendere servizi e materiali alla lobby delle armi.

Paolo Barnard, sul suo blog, rende noto che perfino “il più immane ciclope di finanza speculativa… di nome BlackRock, fondo d’investimento che è anche il più grande possessore di azioni al mondo, ha divulgato ai media planetari che sta lavorando su pacchetti d’investimenti che rifiuteranno gli assets sia dei produttori di armi private che dei rivenditori”. Il colosso finanziario ha specificato: “Troveremo il modo di espellere dai nostri portafogli d’investimento le cosiddette ‘azioni peccaminose’, come in passato si è fatto coi Big del tabacco o del gioco d’azzardo”. Chiarissimi.

Anche Capital Group Usa, altro colosso globale della finanza, ha annunciato di dare credito ai produttori di armi solo se prenderanno la decisione di riformare le loro politiche di vendita al pubblico.

Barnard è convinto che le prese di posizioni da parte delle summenzionate piattaforme della finanza globale, siano dovute principalmente alle grandi dimostrazioni di massa del popolo americano, che esige le riforme del settore armi. Decine di migliaia di persone, scese in piazza per protestare, hanno mandato un segnale inequivocabile a tutti coloro che, se vogliono essere eletti al parlamento, dovranno tenere conto di questa nuova, radicale presa di coscienza dei cittadini, stanchi di piangere i loro figli per la sete di guadagno di personaggi costituzionalmente protetti.

Armi in cambio di “lavoro”
Nel 1992, quando lavoravo in una emittente radio avventista a Firenze, ebbi l’occasione di intervistare Thomas Siemer il quale aveva da poco pubblicato il libro Missili in Vaticano. Mi trovai davanti un americano corpulento, dall’espressione bonaria, e nessuno avrebbe mai potuto sospettare che avesse impiegato 23 anni della sua vita a progettare la morte. Un quarto di secolo passato alla Rockwell International a progettare bombe intelligenti. “Avevamo messo a punto” mi diceva Siemer “32 sistemi di armamenti diversi. Abbiamo fatto noi la prima bomba autoguidata. Guidava se stessa verso un bersaglio distante, passando attraverso una finestra. Questi sistemi li provammo in Vietnam sulle bombe a grappolo, ordigni micidiali i cui frammenti partivano a velocità impressionante, uccidendo qualsiasi cosa respirasse nel villaggio: uomini, donne e bambini; non si salvavano neanche i cani”.

Meno male che quelle erano bombe “intelligenti”.

“Ero terrorizzato dai risultati di ciò che facevamo” aggiunse Siemer “eppure non avevo il coraggio di lasciare un lavoro che mi fruttava, all’epoca, l’equivalente di 120 milioni di lire all’anno. Ogni volta che la coscienza mi rimproverava bevevo”.
Per acquietare la sua coscienza, l’ingegnere missilistico entrò persino in seminario con l’intento di studiare quali erano le leggi morali che permettevano ai cristiani di uccidere in nome di Cristo. La madre, anch’essa credente, gli diceva che gli americani avevano bisogno delle armi per proteggersi dai russi. Rivoltosi al suo confessore spirituale si era sentito dire: “Figlio mio prima di tutto, come priorità assoluta, devi mantenere tua moglie e i tuoi figli, ecco perché noi tutti costruiamo armi”.

Più o meno la stessa cosa che un sindaco di un paese della Sardegna – sul banco degli accusati per la produzione di armi vendute soprattutto ai paesi arabi che, in quel momento, facevano strage di civili inermi nello Yemen -, aveva detto all’inviato della televisione nazionale: “Non mi sento accusato. Manca il lavoro, e le armi danno lavoro a molte persone”. Peccato che le armi italiane privavano del lavoro, e della vita, migliaia di giovani speranze in Medio Oriente.

Armi per Cristo?
Nel 1976 era nata, a Thomas Siemer, l’ultima figlia che però aveva un gravissimo disturbo cardiaco. Lo stesso anno i medici dissero che anche lui stava per morire a causa della cirrosi epatica provocatagli dall’alcol. Per uno straordinario miracolo, che sarebbe qui troppo lungo raccontare, né Thomas né la sua bambina morirono. E l’ingegnere decise di dedicare tutta la sua vita a Dio, predicando la pace.

Thomas cercò anche di sensibilizzare soprattutto il Vaticano che, secondo lui, taceva (era la metà degli anni ’80) sul problema dei missili nucleari: variante in grande della produzione di armi.
“Quale è stata, specificatamente, la sua azione?”, gli avevo domandato. Si era fatto serio e con decisione mi aveva risposto: “Credo che i cristiani, ai quali viene insegnato ad amare il loro nemico, non siano capaci di rinunciare alle armi… Non posso capire perché la chiesa non parli con la stessa durezza contro le armi nucleari di quanto non parli contro l’aborto, contro la contraccezione. Se la Chiesa cattolica dicesse inequivocabilmente che non puoi costruire bombe atomiche, che non puoi installarle, che non le puoi usare, che non puoi fare preparativi di guerra atomica, in questo caso coloro che portano il nome di cristiani avrebbero un problema di coscienza”.

La mia ultima domanda fu in relazione all’obiezione di coscienza; problematica oggi riproposta su scala mondiale, grazie al film “La battaglia di Hacksaw Ridge” sull’esperienza di obiettore di Desmond Doss. “È molto importante l’obiezione di coscienza; anzi, gli obiettori di coscienza sono i profeti di questi giorni; e i profeti, credetemi, soffrono… perché semplicemente sono in anticipo con i tempi. Adesso mi sembra che Dio stia facendo un’offerta finale: o cominciamo a lavorare un po’ tutti insieme o moriremo tutti insieme e presto. È come un ultimatum, o seguiamo l’insegnamento non violento di Cristo oppure…”.

Thomas Siemer si fermò qui.

Noi potremmo riprendere parole antiche per aggiungere un seguito ai puntini di sospensione. Nel Vangelo di Giovanni, al capitolo 18, è narrato l’episodio dell’arresto di Gesù nel Getsemani. All’arrivo dei soldati e delle guardie del tempio, Pietro cercò di difendere Gesù: “Simon Pietro aveva una spada: la prese, colpì il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio destro. Allora Gesù disse a Pietro: ‘Metti via la tua spada!” (vv. 10, 11, Tilc).

Un completamento della scena e del messaggio sono contenuti invece nel Vangelo di Matteo al capitolo 26 ove sono aggiunte le parole del Cristo: “Rimetti la spada al suo posto! Perché tutti quelli che usano la spada moriranno colpiti dalla spada” (v. 52, Tilc).
Nel corso dei secoli i cristiani, usando la spada perché aumenta il Pil di un Paese, perché porta posti di lavoro, perché gonfia pacchetti azionari, sono giunti a riempire il mondo di armi.

Sul tema delle armi, già nel luglio 1990, l’allora presidente della Chiesa cristiana avventista mondiale, Neal C. Wilson, aveva rilasciato una dichiarazione ufficiale sul divieto di vendita di armi d’assalto ai civili.
Leggi la dichiarazione.
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