È questa la domanda a cui hanno risposto i relatori della tavola rotonda tenuta ad Ancona in occasione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani (Spuc).

All’evento, organizzato nella Facoltà di economia dell’università cittadina lo scorso 20 gennaio, sono intervenuti la prof.ssa Rosanna Virgili, per la Chiesa cattolica; p. Ionel Barbarasa, per la Chiesa ortodossa romena; e il past. Davide Romano, per la Chiesa avventista.
“C’è ancora speranza” è stata la risposta unanime dei tre relatori, nonostante il tempo difficile in cui viviamo a causa della pandemia, della guerra in Ucraina e della crisi energetica, ecologica ed economica, perché chi crede in Dio ha sempre la speranza nel cuore e si impegna per annunciarla agli altri con la propria vita e testimonianza.

P. Ionel Barbarasa ha sottolineato che “c’è speranza per l’umanità perché Gesù Cristo è risorto per noi”. Ha poi sottolineato il carattere comunitario della speranza e che il tempo in cui “viviamo è tempo dell’attesa paziente. Tutte le sofferenze nel mondo non rappresentano il dolore dell’agonia, ma quello della partoriente. Questa è la certezza dell’amore e della speranza cristiana”.

È seguito l’intervento della prof.ssa Rosanna Virgili che ha parlato dei tempi difficili che stiamo vivendo, e la paura che tutto possa precipitare e finire. “Credo invece che la speranza sia proprio da coltivare quando ci sono il buio e i momenti di crisi. Nella Bibbia, infatti, troviamo i profeti di speranza proprio durante la guerra, la fame e la pestilenza. Il momento di grande crisi del nostro tempo dobbiamo quindi viverlo come le doglie del parto, qui sta la fede”.

Infine, il past. Davide Romano ha dichiarato che “sì, c’è ancora speranza per l’umanità, innanzitutto perché abbiamo la certezza dell’intervento di Dio nella storia. Speranza che riposa nella pace e nella provvidenza di Dio. È la fiducia di chi sa che Dio opera. La Bibbia ci insegna che la speranza è innescata dalla promessa dell’Evangelo, dalla promessa di Dio e, dunque, se entra in gioco Dio nella storia con la sua salvezza, ognuno deve nutrire la speranza che l’umanità non è nella fase di definitivo tramonto della sua esistenza. Questa certezza mi impegna come credente, impegna le Chiese e le comunità, affinché dei presìdi di speranza vengano salvaguardati. La Chiesa può essere ed è stata storicamente un presidio di speranza, ma ci sono anche altri presìdi laici, come ad esempio i Parlamenti, che sono frammenti di agire comunitario più fragili, ma proprio per questo hanno bisogno di tutto il nostro impegno e di tutta la nostra solidarietà”.

[Foto e fonte: chiesa avventista di Jesi]

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