Quali sono le argomentazioni che in ambito cristiano inducono a condannare l’autonoma, volontaria interruzione di una vita ritenuta non più meritevole di essere vissuta? Sono motivazioni comprensibili unicamente in un’ottica di fede o possono venir tradotte in un linguaggio persuasivo anche per atei, agnostici, non credenti? Che cosa intende la prospettiva etico-teologica quando definisce “suicidio” la decisione di togliersi intenzionalmente la vita? Esistono casi di estremo pericolo o di irreversibile sofferenza, in cui la scelta consapevole di morire potrebbe essere guidata da motivazioni altruistiche o assumere un significato di rispetto della residua bellezza di un’esistenza che si spegne?
Intorno a questi e altri interrogativi ruota il libro di Paolo M. Cattorini sul "suicidio".

Su questi temi Roberto Vacca ha intervistato Paolo M. Cattorini, autore del libro "Suicidio? Un dibattito teologico" (ed. Claudiana). Paolo Cattorini è professore ordinario di Bioetica clinica presso l’Università degli Studi dell’Insubria di Varese. Laureato in Medicina e in Filosofia, specializzato in Psicologia clinica, ha fatto parte per molti anni del Comitato nazionale per la Bioetica.

 

 

 

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