Etiopia, nuovi venti di crisi

Etiopia, nuovi venti di crisi


In questa intervista di Claudio Coppini e Roberto Vacca, tratta dalla diretta RVS del 25 agosto 2022, ascoltiamo Arianne Ghersi, esperta in Scienze Internazionali Diplomatiche, consulente parlamentare e membro del comitato direttivo di Coscienza e Libertà. 

In questa puntata: il primo ministro etiope dopo aver vinto il premio Nobel per la pace si è trovato progressivamente coinvolto in una sanguinosa guerra civile, su base etnica, che purtoppo è ancora lontana dal concludersi.

Di tutto un web (33) – Un albero contro la fame nel mondo

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Curiosità, scienza e cultura dalla rete, la rubrica a cura di Mario Calvagno, speaker RVS.

– Cresce spontaneo solo in Etiopia, è resistente e adattabile e i suoi frutti non sono commestibili. Ma dalle radici e altre parti della pianta è possibile ricavare farina per fare pane e porridge. Il finto banano, se coltivato su larga scala, consentirà di supplire alla mancanza di cibo derivante dai danni alle coltivazioni di cereali provocati dai cambiamenti climatici.

Italiani brava gente

Italiani brava gente


Anche l’Etiopia ha il suo giorno, o meglio, i suoi giorni della “memoria”, e ricorrono il 19, 20 e 21 febbraio. In quei giorni, nel 1937, soldati e squadracce di fascisti italiani massacrarono ferocemente circa trentamila persone, fra cui donne, bambini e persino mendicanti, per ritorsione dopo l’attentato al maresciallo Graziani, nominato viceré dal governo Mussolini, e ad altri gerarchi del regime. Li massacrarono per strada, nelle loro case, bruciandoli vivi, fucilandoli di fronte alle famiglie, ammazzati di botte, impiccati.

Comincia così un drammatico articolo di Marta Torcini dal titolo L’Etiopia e i giorni della memoria apparso sulla rivista on line voceevangelica.it. Un articolo che mette in discussione il colonialismo "buono" italiano, di tipo paternalistico, fattore di sviluppo e civiltà cristiana. In realtà parecchi italiani – non solo militari – si macchiarono di crimini contro l'umanità, per i quali non scontarono alcuna pena o pene molto lievi, senza una decisa riprovazione sociale. Si è infatti steso un velo di silenzio (omertoso) su quei tragici fatti, per i quali l'Italia non ha mai fatto i conti con se stessa fino in fondo. Non c'è mai stato un processo internazionale sui criminali di guerra italiani, come avvenne a Norimberga per i gerarchi nazisti. Persino sui libri di storia scolastici si preferisce spesso offrire ai ragazzi una generica condanna piuttosto che entrare nei dettagli dei crimini italiani. L'iniziativa coloniale italiana è spesso criticata nel contesto di una condanna complessiva del colonialismo europeo ed è talvolta liquidata semplicemente come "anacronistica". Se volete ascoltare un'opinione diversa, per esempio il punto di vista degli etiopi, vi proponiamo la lettura dell'articolo di Marta Torcini e l'ascolto dell'intervista curata da Roberto Vacca. Ricordare è importante, perchè se non c'è pentimento, non c'è neppure perdono.

 

Etiopia: missione compiuta o inizio di una guerra?

Etiopia: missione compiuta o inizio di una guerra?


Non se ne abbia troppo a male il presidente etiope Abiy Ahmed se il suo «missione compiuta» è stato accolto con profondo scetticismo da larga parte dei commentatori nelle democrazie occidentali. Come può lanciare una massiccia operazione militare nel Tigrai contro la più esperta e meglio organizzata forza combattente del suo Paese, espellere i giornalisti, imporre il blocco totale a ogni informazione indipendente, e soltanto tre settimane dopo annunciare soddisfatto la «totale vittoria» con le sue truppe accampate nella città di Makalle? Non si rende conto che già altre volte nel recente passato abbiamo assistito a troppo affrettate dichiarazioni di trionfo, poi puntualmente smentite dai fatti? (estratto dall'articolo "Guerra finita in Etiopia. Ma chi ci crede?" di Lorenzo Cremonesi apparso sul Corriere della Sera del 30 novembre 2020).

Il quotidiano Repubblica del 30 novembre riferiva inoltre delle crescenti preoccupazioni per la diffusa violazione dei diritti umani, nel Tigrai  ("Terrore in Etiopia, machete e asce come in Ruanda").

Sugli inquietanti sviluppi di questa conflitto che rischia di destabilizzare l'intero Corno d'Africa, abbiamo ascoltato il parere di Marta Torcini, attenta osservatrice della politica etiope più recente, intervistata da Roberto Vacca.

*Nella foto un'immagine del Tigrai che fa parte dello Stato federale etiope, teatro delle operazioni belliche.

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