George Floyd è morto dopo essere stato schiacciato per otto minuti e 46 secondi dal ginocchio e dal peso del poliziotto Derek Chauvin, mentre altri tre agenti guardavano senza fare nulla. I parlamentari texani promettono che finalmente ci saranno nuove leggi, vincoli più stretti per la polizia, migliori garanzie per i cittadini afroamericani. Al funerale di Floyd l’ultimo podio è stato per il reverendo Al Sharpton, l’unico che ha evocato il grande assente, Donald Trump: «Stiamo combattendo contro un problema istituzionale e contro la debolezza di chi ha permesso a una persona simile (Derek Chauvin ndr) di diventare un poliziotto. Stiamo combattendo l’impunità. Non vogliamo delle scuse, vogliamo giustizia. Da Trump neanche una parola per George Floyd, non possiamo lasciare che la Bibbia e George vengano usati come strumento di propaganda (riferimento alla foto di Trump davanti alla St. John’s Episcopal Church con una Bibbia in mano, ndr)».

Tra gli invitati anche Gwenn Carr, madre di Eric Garner, ucciso nel 2014 a Staten Island, New York. Il poliziotto incriminato, Daniel Pantaleo, lo soffocò prendendolo per il collo. Garner, immobilizzato a terra, ripetè per 11 volte: «Non posso respirare». Esattamente le ultime parole di Floyd. L’agente Pantaleo fu assolto. Ora, è il messaggio che arriva da Houston, è necessario un finale diverso (dal Corriere della Sera del 10 giugno 2020).

In questo numero di Sfogliando il giornale parliamo dell’indignazione contro il razzismo che sta agitando gli Stati Uniti in queste settiomane – e che ha trovato una vasta eco anche in molti altri paesi del mondo – come pure delle speranze per un cambiamento radicale. Lo facciamo con Andrea Panerini, decano della Chiesa Protestante Unita e direttore del quotidiano on line voceevangelica.it.

Nella foto un particolare della manifestazione del 31 maggio scorso a Miami (Florida). Nel cartello si legge: “le nostre vite cominciano a terminare il giorno in cui stiamo zitti sulle questioni che contano”.

Condividi

Articoli recenti