La frenesia della comunicazione digitale ha riempito di rumore i nostri silenzi. Rischiamo di perdere quello “spazio bianco”, terreno fertile per una profonda connessione spirituale.
Quando è stata l’ultima volta che ti sei annoiato? Davvero, inequivocabilmente, annoiato? Ti ricordi? Per il tuo bene, spero di sì. Tradizionalmente, la noia ha una connotazione negativa. “Solo le persone noiose si annoiano” mi è stato detto da bambino. E non credo proprio che ad alcun genitore piaccia sentire che il proprio figlio si lamenti così: “Maammaaaa, mi sto annoiando!”.
La noia però è importante. I tempi che viviamo ci invitano a trovare qualcosa da svolgere, a tenerci occupati, a riempire i vuoti. Ed è esattamente quello che abbiamo fatto. Nel XXI secolo abbiamo colmato gli spazi della nostra vita, che una volta erano liberi. Poiché non dobbiamo annoiarci, scegliamo di non farlo.
Le app dei social media come Instagram e YouTube fanno sì che il nostro cervello rilasci dopamina, nota come l’ormone del benessere. Quando smettiamo di scrollare (scorrere il profilo sui canali social, ndt), il cervello deve adattarsi all’improvvisa mancanza di dopamina e desideriamo tornare ai nostri dispositivi. Aggiungiamo gli algoritmi di intelligenza artificiale che apprendono cosa ci tiene impegnati, e diventiamo dipendenti.[1]
In genere, si tende ad associare le generazioni più giovani all’assuefazione dalla tecnologia, ma i più anziani non ne sono esenti. Le persone mature, che soffrono di solitudine o ansia, spesso si rivolgono agli smartphone per cercare una connessione, il che può portare a una dipendenza da schermo, proprio come i “nativi digitali”.[2]
Se siete preda di questa dipendenza, e non c’è da vergognarsi, io stesso trovo difficile resistere al suo fascino, forse avrete notato quanto sia più complicato ora non fare nulla, semplicemente. È più arduo stare per lunghi periodi di tempo senza telefono o laptop, da soli con nient’altro che i propri pensieri (che paura!).

Dopo aver trascorso troppo tempo su uno schermo, spesso mi sento esausto e irrequieto, e ho difficoltà a concentrarmi. Qualche anno fa, allora, ho deciso di diventare più consapevole del mio utilizzo della tecnologia. Essendo cresciuto con essa, ho capito che dovevo disimparare delle abitudini, ed è un processo ancora in corso.
Ho iniziato a chiamare “spazio vuoto” il tempo vissuto intenzionalmente senza smartphone. Passeggio e non indosso auricolari. Svolgo i lavori domestici o mi dedico ad alcuni progetti tenendo il telefonino nell’altra stanza. A volte è molto noioso. Eppure, quando creo questo spazio per annoiarmi, l’ansia in me diminuisce, la creatività aumenta e trovo più facile concentrarmi.
E non finisce qui. Ho scoperto che questa pratica si riflette anche sul mio rapporto con Dio. “Fermatevi e riconoscete che io sono Dio” (Salmo 46:10) è un testo biblico molto familiare alla maggior parte delle persone. Sembra così facile da realizzare. Ci sono interi canti e sermoni dedicati a questo invito a rallentare e stare da soli con il Signore, ma nessuno ci dice mai come si fa. E poi, come è possibile stare seduti e fermi quando il cervello è sovrastimolato e corre in cento direzioni diverse? Leggere la Bibbia non vi darà la stessa scarica di dopamina del vostro smartphone. La meditazione non è frenetica, richiede un’atmosfera che permetta semplicemente di accomodarsi e riflettere.
Il passo di 1 Re 19:12 dice che la voce di Dio giunge “come un dolce sussurro soave” (ND). Non voglio perdermi quel sussurro perché vado veloce durante le mie meditazioni. Non voglio rinunciare alla quiete che si prova alla presenza del mio Creatore perché non riesco a concentrarmi. Non desidero che il mio rapporto con Gesù sia plasmato dalla norma sociale moderna che esige di riempire ogni vuoto della vita senza lasciare spazio alla tranquillità.
Ti sfido, quindi, a sostare nel disagio della noia. Vivi quegli spazi liberi nella tua quotidianità e impara ad apprezzare la calma dei tuoi pensieri, in modo da poter incontrare Dio senza una continua spinta verso qualcosa di “più attraente”. In fin dei conti, cosa potrebbe esserci di più interessante del Dio dell’universo che desidera instaurare una relazione con te?
Ashley Jankiewicz
Note
[1] Goldman, Bruce, “Addictive potential of social media, explained” (Il potenziale di dipendenza dei social media, spiegato), Stanford Medicine News Center, Scuola di Medicina dell’Università di Stanford, 29 ottobre 2021.
[2] Yujing Xu, Kai Zeng, Lucong Dong, Xiaofen Zheng e Yuxiu Si, “Understanding older adults’ smartphone addiction in the digital age: Empirical evidence from China” (Comprendere la dipendenza da smartphone negli adulti più anziani nell’era digitale. Evidenze empiriche dalla Cina), Frontiers in Public Health, vol. 11, 2023.
[Fonte: record.adventistchurch.com. Tradotto da Veronica Addazio, HopeMedia Italia].
[Immagini: Edar su Pixabay.com e Yuri Arcurs su Dreamstime.com].







