Elogio dell’ordinario
4 Ottobre 2022

Il successo, agli occhi di Dio, è una vita ordinaria vissuta bene. Ci sono una forza silenziosa e una dignità nell’adempimento dei nostri doveri quotidiani che ci trasformano.

Vanesa Pizzuto – Quale immagine ti viene in mente quando senti la parola successo? Un dirigente d’azienda vestito di blu? Il miliardario di Internet, Mark Zuckerberg? Forse Madre Teresa o Nelson Mandela? Ma se sei come me, probabilmente non hai pensato a una persona che vive una vita ordinaria, quotidiana e priva di fascino.

Ho circa 30 anni. Anche se ho un lavoro dignitoso, ottimi amici e abbastanza soldi per pagare le bollette e fare ancora qualche vacanza all’estero, continuo a sentirmi in qualche modo una delusione. Per molto tempo, la sensazione di non essere all’altezza del mio potenziale mi ha incupito. Ma quando ho deciso di parlarne con alcuni amici, ho scoperto di non essere sola.

Nella nostra cultura individualistica e ossessionata dalla fama, “ordinario” è diventato sinonimo di “mediocre”: dobbiamo essere all’altezza del nostro profilo Facebook, essere al vertice o aver cambiato il mondo quando avremo 30 anni, altrimenti non avremo raggiunto i risultati. La media non è più normale, è un fallimento.

Ma l’intensa e incessante pressione per eccellere ed essere straordinari ha un prezzo molto alto: l’insoddisfazione. In effetti, siamo più depressi che mai. Sacrifichiamo il sonno e le relazioni solo per scoprire che non potremo mai soddisfare le nostre stesse aspettative. Non importa quanto veloce corriamo, il traguardo continua ad allontanarsi.

Voglio che la mia vita conti e abbia un significato. Ma ho il sospetto che la realizzazione venga dall’essere e non dal fare. Quindi, propongo di lavorare per riscoprire la forza e il senso di una vita ordinaria, vissuta con dignità.

Annoiato e brillante 
Abbiamo paura di vivere una vita normale perché sembra noiosa. La nostra società è terrorizzata dalla noia. Pensiamo a cosa accade quando c’è una pausa in una conversazione, non importa quanto fugace: si tira fuori il telefonino e gli schermi si accendono. In effetti, mediamente una persona trascorre quasi due ore al giorno sul proprio cellulare, controllandolo circa 60 volte. Inoltre, ci sono i due anni della nostra vita trascorsi su Facebook.[1]

La noia è diventata il nostro più grande nemico perché abbiamo accettato la menzogna secondo la quale la vita, per essere significativa, ha bisogno di stimoli continui, input digitali, flusso di informazioni e intrattenimento. Ironia della sorte, eliminando sistematicamente la noia, ci priviamo di creatività e significato. Uno studio recente ha dimostrato che una mente “annoiata” può, in effetti, essere creativa. La noia accende una rete nel nostro cervello chiamata “modalità predefinita”. I nostri cervelli sono molto attivi durante questi periodi di vagabondaggio mentale e creano nuove connessioni che stimolano la creatività.

Ma c’è di più. “La noia svolge una funzione importante” afferma il dottor Wijnand van Tilburg, psicologo dell’Università di Southampton “La noia rende le persone desiderose di impegnarsi in attività che trovano più significative di quelle a portata di mano”. Abbracciare la spiacevole sensazione di noia può aiutarci a rivalutare le nostre priorità e a trovare uno scopo più chiaro. Sì, la vita ordinaria ha momenti noiosi, ma questi possono essere la chiave per un’esistenza più creativa e significativa.

Lavare i piatti 
“Tutti vogliono una rivoluzione, ma nessuno vuole lavare i piatti” afferma Shane Claiborne, attivista cristiana per la pace, riassumendo brillantemente il modo in cui pensiamo al successo. Pensiamo che le persone straordinarie non dovrebbero fare gli umili, perché i compiti umili non fanno la “differenza”. In effetti, li consideriamo una perdita di tempo.

Piuttosto, scrive Michael Kelley, autore di Boring: Finding an Extraordinary God in a Ordinary Life: “Le persone tendono a credere che la strada del valore sia lastricata di grandezza, vistosità e importanza. Ma se ci sbagliassimo? E se la grandezza non fosse una misura accurata del significato? …E se una vita di grande importanza non si trovasse sfuggendo ai dettagli ma abbracciandoli?”.[2]

A pensarci, sarebbe assurdo per un atleta che si rifiuta di allenarsi tutti i giorni, aspettarsi di mantenersi in forma. Ogni esercizio e ogni goccia di sudore contano. Le piccole cose si sommano. Se sei mai stato a dieta, sai cosa possono fare due fette di pizza apparentemente innocue, soprattutto se le mangi tutti i giorni! Le piccole cose hanno un potere nascosto, spesso sottovalutato. Ma, in effetti, l’attenzione fedele alle piccole cose della vita ci permette di affrontare quelle più grandi (cfr. Lc 16,10). Quindi, non vivere la vita in una pausa permanente, aspettando di cambiare il mondo, evitando le piccole opportunità quotidiane per servire gli altri dove Dio ti ha posto.

Vuoi una rivoluzione? Inizia occupandoti dei piatti stasera.

Ordinario, non mediocre 
Possiamo accettare la nostra normalità e continuare a lottare per l’eccellenza? Certo. Ma la vera eccellenza è spesso il risultato dell’amore, non dell’ambizione. Nelle parole del teologo e autore Michael Horton, eccelli quando “…ti ritrovi a desiderare qualcosa o qualcuno la cui verità intrinseca, bellezza e bontà ti attirano. Ami abbastanza un oggetto particolare da sopportare qualsiasi battuta d’arresto e qualsiasi sfida si frapponga sulla tua strada”.

La mediocrità riguarda il disimpegno, il non interessarsi. L’eccellenza, d’altra parte, richiede cure sufficienti per investire tempo, fatica e abilità. L’eccellenza richiede un impegno al di là del vedere risultati immediati e, a volte, al di là del vedere risultati del tutto. Considera quegli scienziati il cui lavoro è stato rifiutato mentre erano in vita, come Copernico, o artisti non apprezzati durante la loro vita, come van Gogh. Era la loro passione che li induceva ad andare avanti, alimentando la loro eccellenza, non la ricerca dell’eccellenza stessa.

Poiché l’eccellenza riguarda la passione, non la popolarità, può permeare la nostra vita quotidiana. Anche i compiti più semplici possono essere eseguiti con eccellenza. Credo che potrebbe essere questo che aveva in mente l’apostolo Paolo quando scrisse: “Sia dunque che mangiate, sia che beviate, sia che facciate qualche altra cosa, fate tutto alla gloria di Dio” (1 Corinzi 10:31). Non riesco a pensare a qualcosa di più ordinario del mangiare, eppure può essere un atto di adorazione o devozione.

Libertà di essere ordinari
Se approfondiamo, ciò che ci impedisce di essere ordinari è la paura di non essere abbastanza. Ci vergogniamo della nostra ordinarietà perché pensiamo che non ci renda amabili. La studiosa statunitense Brené Brown fa questa profonda osservazione: “Quando guardo al narcisismo attraverso la lente della vulnerabilità, vedo la paura basata sulla vergogna di essere ordinari. Vedo la paura di non sentirmi mai abbastanza straordinaria da essere notata, essere ritenuta amabile, appartenere o coltivare uno scopo”.[3]

Imparare a vederci ordinari e amabili è un passo fondamentale verso la maturità. Ci libera dal cercare l’approvazione esterna, il “permesso” di riposare o di amare noi stessi. E non c’è niente di debole o mediocre nell’essere ordinari! Trovare appagamento nella nostra ordinarietà, infatti, richiede coraggio e vulnerabilità; il coraggio di credere che una piccola vita sia ancora significativa e la vulnerabilità di amarci incondizionatamente.

La Bibbia ci insegna che Dio misura il successo dalla fedeltà: scegliere costantemente il suo sentiero nel prendere quelle centinaia di piccole decisioni quotidiane. È il suo compito quello di essere straordinario, non il nostro. “Dio elargisce i suoi straordinari doni attraverso ordinari mezzi di grazia, ci ama attraverso comuni portatori di immagini e ci manda nel mondo ad amare e servire gli altri in normali vocazioni”, scrive Horton.[4]

Il successo, agli occhi di Dio, è una vita ordinaria vissuta bene (cfr. Mt 25:23). Vi sono forza silenziosa e dignità nell’adempimento dei nostri doveri quotidiani che ci trasformano. La fedeltà e la costanza necessarie per mantenere un matrimonio per tutta la vita potrebbero non fare notizia, ma è questo tipo di successo collettivo e duraturo che tiene unita la società. In qualche modo, tra cambiare i pannolini, pagare le bollette e fare la spesa, cresciamo nel nostro carattere. Diventiamo meno egocentrici e più generosi. Impariamo a dipendere da Gesù per avere autostima e sviluppiamo la resistenza per passare inosservati.

Gesù, il Dono più straordinario del cielo, era assolutamente ordinario in molti modi. Era nato da una coppia povera, viveva in un villaggio tranquillo e lavorava come falegname. Anche se era Dio incarnato, Gesù non si sottraeva mai al lavoro ordinario o ai compiti umili. Durante l’ultima cena, ha lavato i piedi nodosi e sporchi dei pescatori (cfr. Giovanni 13:1-17). Questo è stato probabilmente il più grande esempio di come Dio può trasformare un piccolo atto di servizio in qualcosa di enorme valore e impatto.

“In alcuni casi, il modo in cui una persona svolge un compito rende quell’opera santificata e santa per sempre” scrive l’autore cristiano Oswald Chambers e aggiunge “Può essere un compito quotidiano molto comune, ma dopo averlo visto compiuto, diventa diverso. Quando il Signore fa qualcosa attraverso di noi, la trasforma sempre”.[5] Questa è la straordinaria ordinarietà del regno capovolto di Dio.

Poiché il nostro Dio straordinario ci ama incondizionatamente, possiamo accogliere la nostra quotidianità e, anche se non saremo mai famosi, rimanere fiduciosi che la nostra vita farà la differenza.

(Vanesa Pizzuto è una giornalista freelance e vive a Londra. Una versione di questo articolo è apparsa per la prima volta sul sito web di Signs of the Times Australia ed è stata ripubblicata con il permesso).

Note 
[1] M. Zomorodi (2017), How boredom can lead to your most brilliant ideas, TED Talks.
[2] M. Kelley, Boring: Finding an Extraordinary God in an Ordinary Life, Ed. B&H Books, 2013.
[3] B. Brown, Daring Greatly: How the Courage to Be Vulnerable Transforms the Way We Live, Love, Parent, and Lead, Ed. Avery, 2015.
[4] M. S. Horton, Ordinary: Sustainable Faith in a Radical, Restless World, Ed. Zondervan, 2014.
[5] O. Chambers, My Utmost for His Highest, Discovery House, 2017.

[Fonte: st.network. Traduzione: V. Addazio]

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