Sul volto i segni del riso e delle lacrime. Vite che hanno conosciuto gioia, tristezza e il dono più prezioso: la presenza di un amico.
Flaviu Tereșneu – Nella ricerca dei significati più profondi delle relazioni interpersonali, abbiamo scoperto storie di persone semplici, dignitose, disposte a condividere l’abbondanza della loro gioia. Sono le stagioni dell’amicizia, viste attraverso gli occhi di nonni speciali.
Ero nel negozio di alimentari all’angolo quando inavvertitamente ho sentito la conversazione telefonica della cassiera con un conoscente. Questa signora aspettava con impazienza la visita di sua figlia, che aveva dato alla luce un bambino quattro mesi prima. A causa delle misure di protezione in vigore durante la pandemia, zia Viorica aveva visto il nipotino solo in videochiamata, dal telefono.
Le ho chiesto cosa avrebbe detto a suo nipote quando avesse raggiunto l’età per poter conversare insieme. “Gli racconterei della mia infanzia; del bene e del male” ha risposto quasi automaticamente.
Primavera a piedi nudi
“Sono una nonna giovane ma ho vissuto in parte il periodo del comunismo (in Romania, ndr). A mio nipote racconterei la storia della vita trascorsa con i miei genitori. Non ho visto mio padre fino all’età di 12 anni, perché era stato prigioniero politico per 13 anni in seguito all’accusa di simpatizzare per un movimento anticomunista. Sinceramente, allora tutti avevano un lavoro e una casa. Il problema era che non ci era consentito l’accesso alle informazioni. Non potevamo leggere scrittori che non avevano l’approvazione di Ceaușescu. Non ci era permesso viaggiare o avere amici all’estero. In certi giorni non era consentito guidare, a causa di una norma sui giorni pari e dispari. Beh, se avessi avuto una macchina… E poi c’era il razionamento alimentare: non più di mezza pagnotta al giorno, poca carne e poco zucchero, e così via. Quarant’anni fa, se cucinavi alle 19, lo facevi a lume di candela perché tra le 18 e le 20 la corrente elettrica veniva interrotta. Ma qui arriva la parte bella. Durante quel periodo giocavamo quasi sempre con gli amici. Quando tornava l’elettricità, andavamo a casa nostra a guardare la TV nelle uniche due ore di programmazione televisiva. Noi bambini guardavamo Mihaela, un cartone animato” ci racconta riempiendo il negozio con una risata naturale e cordiale.
“Per prima cosa dovevamo ascoltare una canzone sul nostro grande leader, poi arrivavano i cartoni animati. Tuttavia, le persone erano più profonde. Avevano paura e molti di loro potevano essere dei traditori, ma mi sembra che non ci fosse così tanta superficialità come adesso. In genere rispettavano il loro Paese, la loro nazionalità e i loro parenti. Questo vorrei dire a Christopher, mio nipote”.
“Mi chiedi cosa gli direi sull’amicizia? Gli direi di godersi appieno la sua infanzia, di non passare tutto il giorno incollato al cellulare e al tablet, di farsi tanti amici con cui giocare e imparare. Man mano che cresci le amicizie diventano scarse, non ti fidi così facilmente delle persone, emergono altre priorità, lo stress si insinua, portando via parte della gioia e della facilità di avviare una conversazione con chi ti circonda. Ma questo non è un motivo per non circondarsi di persone, perché tutti abbiamo bisogno gli uni degli altri. E ancora una cosa: essere orgoglioso di essere romeno”.
#ChiamaUnAmico
Nel 2018, Metropolitan Life ha condotto un esperimento che ha coinvolto quattro persone chiamate a un casting, una telefonata e una sfida.
“Se dovessi chiamare una persona che possa aiutarti in qualsiasi situazione, chi sceglieresti?”.
I quattro partecipanti all’esperimento sociale hanno scelto coloro che avrebbero chiamato, hanno composto il numero di telefono e posto il tipo di domande che spesso ci fanno riflettere il doppio, indipendentemente da quale capo della linea ci troviamo:
– Potresti prenderti cura del mio cane questo fine settimana?
– Potresti pagare il mio affitto questo mese?
– Pensi che potresti prenderti cura dei miei figli questo fine settimana?
– Potresti prenderti cura della mia famiglia per un po’?
“Dovrebbe essere una sorta di gioco: ci fermiamo tutti per qualche secondo e ci chiediamo quale amico chiameremmo se ci trovassimo in una situazione di vita o di morte, e fino a che punto ci spingeremmo con le nostre richieste” ha detto Alex Livadaru, autore e fondatore di Republica.ro.
Quando l’estate è in pieno svolgimento
Il signor Marinel è circondato dai libri. A casa ha sei librerie ben mantenute e organizzate; da una di esse sceglie attentamente un volume, come se fosse un documento d’archivio. “Deformazione professionale”, mi dice. Sono d’accordo con lui perché anche il suo negozio di antiquariato si presenta in maniera impeccabile.
Gli ho chiesto di rispondere a una mia domanda: “Cos’è l’amicizia?”.
“Comprerai un libro se ti piace la risposta?”. Mi ha invitato a uno scambio.
“Lo farò, starò al gioco!” ho risposto.
“Senti, sono stato dispettoso fin da quando ero piccolo, circa 76 anni fa. Ricordo che quando avevo cinque anni, giocavo con questa enorme valigia. A un certo punto, mia madre ha impacchettato alcune cose del nostro orto (verdura, frutta, prodotti vari) da inviare a suo fratello, perché lui e sua moglie non avevano molto. Mi sono infilato nella valigia e mi sono nascosto lì per qualche minuto. La mamma ha notato il rigonfiamento all’interno della valigia e ha fatto finta di niente. Ha chiuso una delle cinghie e ha chiamato papà dicendogli che la valigia per i russi era pronta e che poteva essere spedita. È stato allora che sono saltato fuori urlando, con la mamma che rideva.
Avevamo una bellissima famiglia, sempre aperta agli ospiti. Non avevamo molto, ma eravamo una famiglia di persone intraprendenti che condivideva quel poco che aveva. Facevo amicizia molto facilmente con gli altri bambini. Anche se i tempi erano duri, come di solito dopo una guerra, ho avuto la fortuna di ricevere una buona educazione da parte dei miei genitori”.
“Una volta, mentre studiavo all’università di Bucarest negli anni ’70, aspettavo il tram e ho notato una ragazza in difficoltà che aveva perso i soldi e non poteva pagare il biglietto. Fuori faceva un freddo gelido, un rigido inverno. Allora le ho dato qualche moneta e lei mi ha ringraziato con le lacrime agli occhi. Sul tram c’erano le bigliettaie che vendevano i biglietti a seconda della distanza e della classe del vagone. Arrivò il tram, salii e al momento di pagare mi resi conto che i soldi che avevo dato alla ragazza erano gli ultimi che avevo. Scesi e camminai. Quella volta non ho sentito per niente il freddo, anche se di solito sono piuttosto sensibile. Fuori era un inverno terribile, ma dentro di me era piena estate. Se vuoi avere veri amici, devi esserci per loro, devi aiutarli e sacrificarti, e tutto inizia con un piccolo gesto al momento giusto. Tutto quello che devi fare è aprire gli occhi. Quindi, l’amicizia è dare”.
Ho lasciato la libreria più ricco, con una nuova storia di vita e quattro libri.
Anno dopo anno e ogni autunno
Devo ammetterlo, ha attirato la mia attenzione. Passavo da lui ogni giorno e, quando il traffico diventava intenso ed ero in coda in macchina, lo osservavo attentamente. Si sedeva tranquillamente su una panchina in un bel cortile, osservando la gente, poi tirava fuori un flauto di legno dipinto di blu e cominciava a suonare. Ho assistito più volte a questa scena. Tuttavia, quando la temperatura è scesa, non l’ho più visto, quindi sono andato da lui. Il signor Costache non ha più nessuno della sua famiglia. Sua moglie è morta quattro anni fa e anche la sua unica figlia si è spenta in un incidente stradale quando aveva 29 anni insieme a entrambi i nipoti, una bambina di 6 anni e un bambino di 3 anni e mezzo. Ora porta i segni di un desiderio inarrestabile di stringere nuovamente i suoi cari tra le braccia. Vive in una casa di riposo dove ha tutto ma niente, come dice lui stesso.
Un caro amico gli ha regalato il flauto, in ricordo della loro amicizia che dura da oltre mezzo secolo. Quell’amico è malato e non può permettersi di fargli visita più di due volte l’anno. Ma ogni settembre i due si incontrano nella casa di riposo e hanno una lunga conversazione che li accompagnerà per l’intero anno. È una tradizione che dura dalla loro giovinezza fino ai giorni nostri.
“Cos’è l’amicizia? È quella cosa che riempie un vuoto, una sofferenza. A volte è anche divertente. Conosci il proverbio? Un amico si vede nel momento del bisogno. L’amicizia nella vecchiaia, soprattutto in una casa di riposo, è come una foresta di alberi spogli. Non abbiamo molto, ma abbiamo l’un l’altro”. E, di tanto in tanto, si possono ancora sentire le note di un flauto azzurro.
Arriva l’inverno
È tranquillo e bellissimo. Non perché ci sia qualcosa di particolarmente sorprendente nel paesaggio fuori, ma perché quest’inverno ho visto ritratti in bianco e nero di nonni che se ne sono andati. Hanno osservato il meglio della vita, hanno riso e giocato, hanno versato lacrime e sono rimasti schiacciati sotto il peso di notizie molto tristi. Ma avevano tutti una cosa in comune: la gentilezza.
C’è un detto che dice: “Se non hai nonni, comprali”. I nonni sono pronti a dare tanto. Sono ancora più belli quando hanno i segni degli anni che tracciano piccole rughe su volti un tempo sereni e ora avvolti dall’inverno.
[Fonte: st.network. Traduzione: V. Addazio]