Ci siamo mai posti questa domanda? Il direttore di Signs of the Times Romania e ST Network si interroga sulle motivazioni profonde della propria fede.
Norel Iacob – Credere non vuol dire chiudere gli occhi di fronte alle domande o abbandonare la ragione a favore di un illusorio conforto spirituale. Per me, il cristianesimo non è soltanto una tradizione ereditata o un insieme di dogmi recitati meccanicamente. È un incontro con una verità che resiste a un’esamina onesta, così come alla sofferenza o all’incertezza.
Proprio perché prendo sul serio il mio ragionamento e il pormi delle domande, ho deciso di esplorare le critiche di uno dei più noti scettici sulle pagine di Signs of the Times. E sono lieto di non essere l’unico che sente e pensa in questo modo. Ognuno degli autori che firma gli articoli di questa raccolta ha sollevato domande legittime nel corso degli anni.
Quello che abbiamo scoperto insieme, tuttavia, è che, alla fine di ogni domanda, abbiamo trovato un Gesù che rimane più vivo delle sfide che affronta. Gesù non si sottrae al confronto; al contrario, le aue risposte trascendono i limiti di coloro che vorrebbero ridurlo a un semplice uomo o a un mero errore.
La ragione è uno strumento necessario, ma non sufficiente. La rivelazione conduce a una dimensione che apre nuovi orizzonti. Ecco perché la mia fede non è solo un’accettazione cieca. È una comprensione dinamica, un dialogo continuo tra la rivelazione e la razionalità, guidato dallo Spirito Santo.
Di fronte ai critici che hanno messo in discussione la storicità, la divinità, la moralità o la saggezza di Gesù, mi sono sentito spinto non solo a trovare delle risposte, ma a esplorare più profondamente le ragioni per cui la mia fede resta salda.
Gesù è una figura storica? Senza dubbio, ma non è solo un uomo della storia. È saggio? Sì, ma non nel senso limitato del pensiero umano, anzi: ha un tipo di sapienza che deriva da un amore che trascende la logica. È morale? Assolutamente, ma si tratta di una moralità che richiede il sacrificio di sé, non solo l’osservanza della legge. È divino? Indubbiamente, eppure non di una divinità lontana e impersonale, ma che si incarna nella fragilità umana, unisce cielo e terra, sfida i limiti del trascendente per abitare tra noi. La sua divinità è la tensione perfetta tra il trascendente e l’immanente, tra la grandezza eterna e la vulnerabilità umana.
Essere cristiano non significa avere tutte le risposte, ma sapere dove cercarle. Vuol dire comprendere che la vita, con tutti i suoi punti interrogativi e le sfide, trova significato in una speranza che non tentenna.
Gesù non offre solo risposte; dona la via per vivere in un modo che trasforma. Questo è il motivo per cui sono cristiano, non perché ho risolto tutti i miei dilemmi, ma perché ho trovato in Dio una solida base sulla quale costruire, anche di fronte alla sofferenza e al dubbio. Le mie ricerche non mi hanno allontanato dalla fede, ma mi hanno ancorato più profondamente nella sua verità.
[Fonte: St.Network. Traduzione: V. Addazio]