Abbi fiducia in Dio, non nel processo
21 Luglio 2025

In collaborazione con la redazione della rivista Il Messaggero Avventista.

Abbi fiducia in Dio, non nel processo
21 Luglio 2025

In collaborazione con la redazione della rivista Il Messaggero Avventista.

Toma Naivalu – Nel mondo di oggi, l’espressione “fidarsi del processo” è diventata onnipresente. La si sente spesso in ambito sportivo (dove è nata come slogan dei fan di una squadra di basket statunitense, ndr), lavorativo, della crescita personale e persino tra i cristiani. Suggerisce che aderire a un piano strutturato garantisca il successo.  Sebbene questa mentalità possa essere efficace in contesti non religiosi, crea un dilemma teologico. Secondo la Scrittura, nessun processo è sovrano: solo Dio lo è. Avere fiducia in un processo piuttosto che in Dio sposta la nostra fede dal divino a un sistema impersonale, che invita ad affidarsi all’impegno umano piuttosto che sulla volontà di Dio. I cristiani spesso confondono le due cose, ma “fidarsi del processo” non equivale ad avere fiducia in Dio.

Il problema
Il concetto di avere fiducia nel processo implica che un insieme di azioni o passi porti intrinsecamente a un risultato favorevole. Tuttavia, la Bibbia istruisce i credenti a riporre la loro fiducia in Dio, non nelle strategie o nei sistemi umani. La Scrittura mette in guardia dal fare affidamento su metodi o sistemi come se fossero infallibili. Versetti come Proverbi 3:5-6, Geremia 17:7, 8 e Isaia 41:10 lo chiariscono: confidate nel Signore. Quando confidiamo nel processo anziché in Dio, sostituiamo la saggezza divina con la logica e lo sforzo umani.[1]

Geremia 17:5 ammonisce: “Maledetto l’uomo che confida nell’uomo e fa della carne il suo sostegno, e il cui cuore si allontana dal Signore”. È pericoloso riporre la nostra fede in qualcosa di diverso da Dio. Le strategie e i sistemi umani non possono garantire il successo e certamente non possono sostituire la sovranità di Dio su tutte le cose.[2] Nel Salmo 146:3, il re Davide riecheggia questa verità: “Non confidate nei principi, nell’uomo, in cui non c’è salvezza”. La nostra fiducia deve essere in Dio, non in un procedimento o nello sforzo umano.[3]
Questo potrebbe essere un altro degli attacchi filosofici di Satana alla verità biblica.

Il modello biblico
Piuttosto che riporre fede o fiducia in un sistema astratto, la Bibbia ci esorta a confidare in Dio stesso. Proverbi 3:5,6 esorta i credenti: “Confida nel Signore con tutto il tuo cuore e non appoggiarti sul tuo discernimento. Riconoscilo in tutte le tue vie, ed egli appianerà i tuoi sentieri”. Qui non si parla di “confidare nel processo”; siamo invece esortati a dipendere attivamente da Dio. Non si tratta di seguire un metodo, ma di sottometterci alla volontà di Dio.[4]

Isaia 55:8,9 lo sottolinea ulteriormente: “’Infatti i miei pensieri non sono i vostri pensieri, né le vostre vie sono le mie vie’, dice il Signore. ‘Come i cieli sono alti al di sopra della terra, così sono le mie vie più alte delle vostre vie, e i miei pensieri più alti dei vostri pensieri’”. La saggezza e i piani di Dio vanno ben oltre la comprensione umana. Mentre le metodologie umane possono fallire, le vie di Dio sono sempre perfette.[5] Avere fiducia in un processo suggerisce il controllo sui rapporti umani, ma anche sulle sofferenze, i problemi, i pensieri e i modi di agire. Come credenti, siamo incoraggiati a riconoscere che i pensieri e le vie di Dio superano l’eccellenza della volontà umana.

Il pericolo di affidarsi a un metodo anziché a una persona
Riporre fiducia in un processo può portare a una visione transazionale della fede. I credenti possono iniziare a pensare che, se seguono una serie specifica di azioni, riceveranno risultati garantiti. Questo riduce la fede a una formula piuttosto che a una relazione autentica con Dio. Molti cadono nella trappola di pensare: “Se faccio così, allora Dio farà cosà”. Questa mentalità trasforma la fede in un meccanismo per manipolare i risultati, invece di riconoscerla come fiducia in un Dio personale che agisce secondo la sua volontà, non secondo le aspettative umane.

Giobbe offre un potente esempio di vera fede nella sovranità di Dio. Pur subendo un’immensa sofferenza, Giobbe dichiarò: “Anche se mi uccidesse, io spererei in lui” (Giobbe 13:15). La fede di Giobbe non risiedeva in un processo prevedibile di dolore e risurrezione, ma nel carattere di Dio, indipendentemente da ciò che affrontava. È qui il cuore della fede biblica: confidare in Dio stesso, non in un sistema o in una sequenza di eventi.

Lo Spirito di profezia ci ricorda anche: “Siete egoisti, esigenti e arroganti. Ma non dovrebbe essere così. La vostra salvezza dipende dall’agire secondo i principi di servire Dio, non per sentimento né per impulso. Dio vi aiuterà quando ne avrete bisogno e vi metterete all’opera con risolutezza, confidando in lui con tutto il vostro cuore”.[6] Avere fiducia in Dio non significa affidarsi a se stessi o seguire una formula, ma affidarsi ai principi divini per essere guidati. Non attenersi ai principi di Dio mette a rischio la nostra salvezza. Avere fiducia nel processo è un’espressione infondata e non scritturale

Esempi biblici
La Scrittura mostra costantemente che Dio non è vincolato da procedimenti o tempi umani. Quando Dio promise ad Abramo che sarebbe diventato padre di una moltitudine di nazioni (Genesi 12:1-3), l’adempimento di quella promessa fu tutt’altro che semplice. Il viaggio di Abramo fu costellato di prove e attese. Se avesse riposto la sua fede in un processo prevedibile, si sarebbe arreso. Invece, Abramo confidò nella promessa di Dio, anche quando tutto sembrava incerto (Genesi 12–22).[7]

La vita di Giuseppe è un altro esempio. Tradito dai suoi fratelli, venduto come schiavo, falsamente accusato e imprigionato, Giuseppe affrontò numerose difficoltà. Eppure dichiarò: “Se avete pensato del male contro di me, Dio ha pensato di convertirlo in bene” (Genesi 50:20). Giuseppe non riponeva la sua fiducia nel processo di sofferenza e ristabilimento; confidava nella sovranità di Dio per trarre il bene dal male.[8]

Persino Gesù non si affidò al processo, ma confidò pienamente nella volontà del Padre. In Luca 22:42, pregò: “Però non la mia volontà, ma la tua sia fatta”. La fede di Gesù non risiedeva in un metodo, ma nel piano perfetto di Dio. Ha così mostrato il modello supremo di fiducia per i credenti.

Ellen G. White ci incoraggia a osservare la natura per imparare ad avere fiducia in Dio: “Egli (Gesù) desiderava che la leggessimo in ogni giglio e in ogni filo d’erba. Le sue parole piene di certezza riaffermano la nostra fiducia in Dio”.[9] Che siano gigli o erba, confidano nella cura di Dio, e trovano il loro posto indipendentemente dalle circostanze.

La fede è in Dio, non in un sistema
Confidare in un processo allontana la nostra fede da Dio e la trasforma in una formula, riducendola a un sistema di azioni e risultati. La Bibbia non chiama mai i credenti a confidare nella saggezza, nella strategia o nel progresso umano, ma a confidare nella volontà sovrana di Dio. A differenza dei procedimenti umani, le vie di Dio sono perfette, i suoi piani più alti e i suoi tempi impeccabili. Per i cristiani, il messaggio è chiaro: non si tratta di confidare in un processo, ma di confidare nella provvidenza di Dio.

L’apostolo Paolo rassicura i credenti quando dice: “Sappiamo che tutte le cose cooperano al bene di coloro che amano Dio, che sono chiamati secondo il suo disegno” (Romani 8:28). La bontà deriva dal disegno divino, non dal seguire una serie di passi.[10] Come ci ricorda Ellen G. White, è giunto il momento in cui i credenti devono confidare solo in Dio, non in una formula o in un sistema. La salvezza dipende dalla relazione con Dio, non da un processo.

In definitiva, non si tratta di confidare in un sistema invisibile, ma nella mano invisibile di Dio che opera dietro le quinte per il nostro bene. Quindi, invece di dire “Abbi fiducia nel processo”, i cristiani dovrebbero dire “Abbi fiducia nel Signore”, perché lui è l’Unico degno della nostra fede.

Note
[1] B. K Waltke, The Book of Proverbs: Chapters 1–15 (Il libro dei Proverbi: Capitoli 1–15), Eerdmans, Grand Rapids, MI, 2004, pp. 280–285.
[2] T. Longman III, Psalms: An Introduction and Commentary (Salmi: Introduzione e commento), IVP Academic, Downers Grove, IL, 2014, pp. 301–303.
[3] W. C Kaiser Jr, Hard Sayings of the Old Testament (Insegnamenti difficili dell’Antico Testamento), IVP Academic, Downers Grove, IL, 1988, pp. 92–94.
[4] Ivi, pp. 280–285.
[5] J. N. Oswalt, The Book of Isaiah: Chapters 40–66 (Il libro di Isaia: Capitoli 40–66), Eerdmans, Grand Rapids, MI, 1998, pp. 387–389.
[6] E. G. White, Testimonies for the Church, vol. 1, Pacific Press Publishing Association, Mountain View, CA, 1885, pp. 698.
[7] G. J. Wenham, Genesi 16–50, Word Biblical Commentary, Dallas, TX, 1994, pp. 458–462.
[8] Ibidem.
[9] E. G. White, Parole di vita, Ed. ADV, Firenze, p.9.
[10] D. J. Moo, The Letter to the Romans (La Lettera ai Romani), Eerdmans, Grand Rapids, MI, 1996, pp. 529–532.

(Toma Naivalu laureando in teologia, laurea magistrale, presso l’Adventist International Institute of Advanced Studies nelle Filippine)

[Fonte: Adventist Record. Tradizione: Veronica Addazio, HopeMedia Italia]
[Immagine di copertina: nikolaus_bader su Pixabay.com]

 

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