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Durante la cerimonia di chiusura del 63/mo festival di Cannes, Juliette Binoche ha approfittato dell’attenzione dei media per ricordare al mondo la prigionia del regista iraniano Jafar Panahi, vincitore del Leone d’oro a Venezia nel 2000 e dell’Orso d’argento al Festival di Berlino nel 2006. Del caso di Jafar Panahi, scarcerato da poco sotto cauzione, si è occupata Amnesty International. Per quale motivo un artista e uomo di cultura di questo calibro è stato accusato dalle autorità del suo paese? Quali reati gli sono stati imputati? Jafar Panahi aveva iniziato da alcuni giorni uno sciopero della fame; ben ottantacinque registi iraniani avevano sottoscritto una lettera aperta dove chiedevano il rilascio del collega. In Italia diversi personaggi pubblici appartenenti al mondo dello spettacolo (Luca Sofri, Michele Placido, Marco Travaglio, Maurizio Scaparro, Vincenzo Mollica e Carlo Verdone) avevano aderito in questi giorni ad un appello lanciato dal Psi. Queste iniziative hanno influito sulla liberazione di Panahi? La rielezione del presidente Mahmoud Ahmadinejad ha provocato proteste e dissenso in tutto il paese e di conseguenza la repressione da parte del governo. Qual è la situazione generale in Iran in questi mesi trascorsi da quella data? Cosa possiamo fare ancora dall’Italia per gli iraniani imprigionati o condannati a morte per reati d’opinione o per le loro idee politiche? Mario Calvagno e Carmen Zammataro, redattori di RVS, intervistano Riccardo Noury, portavoce della Sezione Italiana di Amnesty International.