Barth contro Hitler
8 Settembre 2015


Nel 1933 Hitler, da poco salito al potere con il sostegno anche di un movimento ecclesiale filonazista (i cristiano-tedeschi), proponeva la propria persona e 1a propria opera come una nuova rivelazione di Dio in Germania. In questa ottica la Chiesa era tollerata solo se “dimostrava di essere la Chiesa del popolo tedesco”, aiutando quest’ultimo “a riconoscere e a compiere la missione che Dio gli ha affidato” e tale era anche lo scopo che il nuovo governo tedesco dichiarava di perseguire.
Per i “cristiani tedeschi” la grandezza dello stato nazionalsocialista non era soltanto una questione di convinzione politica, ma anche oggetto di fede, di conseguenza essi esigevano una Chiesa che condividesse i loro punti di vista su tale questione. In avvenire, essi dicevano, l’Evangelo deve essere annunziato come “Evangelo del III Reich”.
La confessione di fede non veniva modificata, ma ampliata in direzione di una nuova definizione della Chiesa come “la Chiesa dei cristiano tedeschi, cioe’ dei cristiani di razza ariana”. I più estremisti si spingevano a chiedere l’interdizione del culto a tutti i cristiani che non appartenevano alla razza ariana, e la “degiudaizzazione” del Vangelo e della Chiesa. Addirittura si chiedeva la soppressione dell’Antico testamento “con le sue storie di mercanti, di bestiame e di ruffiani”, la revisione del nuovo, affinche’ l’insegnamento di Gesù “corrisponda interamente alle esigenze del nazionalsocialismo”. E ancora: “Ci ripugna prendere una cravatta da un ebreo, a maggior ragione avremmo vergogna di attingere da un ebreo le nostre convinzioni religiose vitali”. Insomma si chiedeva “un Popolo, un Reich, una Fede”, e soprattutto si esigeva che si smettesse di parlare di un Cristo umile e fiaccato, cominciando a presentarlo come una figura gloriosa simile agli dei nordici.
Cosa doveva replicare la Chiesa di Gesù Cristo a queste terribili pretese? (da “Living History, progetto di innovazione nella didattica della Storia Contemporanea”)

A questa terribile domanda rispose il teologo evangelico Karl Barth nel suo saggio appena pubblicato dalla Claudiana “Esistenza teologica oggi!”, a cura di Fulvio Ferrario: “Io mi impegno con i miei studenti a fare teologia e solo teologia: facciamo lezioni tali quali a prima, come se nulla fosse accaduto, se mai in un tono leggermente piu’ alto, ma senza riferimenti diretti. Ritengo che anche questa sia una presa di posizione, in ogni caso politico-ecclesiastica, e quindi, indirettamente, addirittura una presa di posizione politica!” 

Quel che appariva una posizione timida e rinunciataria – una fuga nella teologia e nello studio della Bibbia – sfocera’ invece nel Sinodo di Barmen e nella sua dichiarazione teologica contro il connubio tra Cristianesimo e Nazismo. Ne abbiamo parlato con Fulvio Ferrario, curatore dell’opera e ordinario di Dogmatica e discipline affini presso la Facolta’ valdese di Teologia di Roma

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