Di fronte alla superficialità dell’esposizione dei temi biblici e al fenomeno dell’abbandono delle chiese, la comunicazione ha un ruolo fondamentale nell’aiutare a orientare lo sguardo verso il giusto obiettivo.
Felipe Lemos – Qual è la strategia migliore per una comunicazione efficace di una chiesa? La risposta non è così ovvia, poiché sono molti i fattori che garantiscono il successo. Un aspetto, però, sembra certo: il messaggio deve avere senso per le persone. Nel caso di un’organizzazione religiosa come una chiesa, è essenziale che la sua comunicazione tenga conto del modo in cui le persone pensano e si comportano.
Raggiungere questo obiettivo significa rendere la comunicazione più umana e relazionale. In altre parole, il modello di trasmissione delle informazioni elaborato negli anni ’40 (del Novecento, ndt) è decisamente superato. In quel periodo si sviluppò l’idea che la comunicazione consistesse fondamentalmente in un flusso tra mittente e destinatario, in cui il primo inviava un messaggio al secondo che lo riceveva e rispondeva. Si riteneva, quindi, che la comunicazione fosse stata stabilita.
I cambiamenti sociali, politici e tecnologici hanno modificato completamente questa dinamica. La ricercatrice Marlene Marchiori afferma che “viviamo una nuova era in cui la comunicazione è fondamentale per la creazione e l’elaborazione di significati attraverso interazioni tra persone nei più diversi contesti organizzativi”.[1]
Oggi, comunicazione significa relazione, dialogo, ascolto e capacità di farsi capire da persone che sono oggetto di miliardi di dati che attraversano rapidamente la loro vita. Sono almeno tre i fenomeni che devono portare le chiese a riflettere su rilevanza, finalità e strategie di comunicazione efficaci. Nel caso delle chiese cristiane, se il messaggio è così importante, è necessario comunicarlo correttamente.
Tre fenomeni
Esaminiamo tre fenomeni che incidono sul comportamento religioso e come la comunicazione moderna può affrontarli. Anche altri scenari sono rilevanti, ma ho scelto questi tre perché li considero rappresentativi della trasformazione religiosa nel mondo, soprattutto nel contesto delle chiese cristiane.
1. Messaggio nei servizi religiosi
Abbiamo la percezione di un cambiamento significativo nei contenuti presentati, predicati ed esposti in molte comunità cristiane di oggi. I sermoni più espositivi, in cui i testi biblici venivano spiegati al pubblico, sono ormai caduti in disuso. Appaiono gradualmente discorsi, sia di persona nelle chiese sia in contenuti generati esclusivamente per i canali digitali, incentrati sull’auto-aiuto, con motivazioni legate a guadagno materiale o eccessivamente preoccupati per il benessere umano.
Denis Fortin fa una rapida analisi di questo cambiamento in alcune chiese e commenta che “in generale, i sermoni sono più narrativi ed esistenzialisti, sostituendo l’esposizione del testo biblico”.[2] A prescindere dal fatto che si tratti di un aspetto positivo o negativo, questa è la realtà con cui bisogna fare i conti. Vediamo uno scenario in cui ci sono più sermoni incentrati sui problemi umani e meno interessati a presentare il significato dei testi biblici per la vita delle persone.
La via da seguire. La comunicazione della chiesa potrebbe dover adottare due azioni principali. La prima consiste nell’intensificare la comunicazione volta a educare i propri membri e sostenitori, incoraggiandoli a studiare di più la Bibbia e a conoscere meglio la storia e i punti di fede della propria denominazione. Questi contenuti devono essere adattati al formato digitale, utilizzando il linguaggio audiovisivo che più cattura gli utenti del web.
Senza perdere l’essenza e i principi della propria chiesa, la comunicazione dal pulpito deve relazionarsi con la realtà del pubblico. Bisogna valutare certe espressioni, taluni approcci e l’uso di determinate risorse, perché non basta avere un messaggio d’impatto, va anche sviluppato in modo pratico.
2. Gli abbandoni
Anche il fenomeno degli abbandoni ha un effetto sul comportamento religioso attuale e futuro. Non è possibile approfondire l’argomento in questa sede, ma è importante comprenderne il concetto. In un articolo, Júlio Adam e Denise Santana, studiosi dell’argomento, affermano che “la situazione delle persone che abbandonano la chiesa mostra uno scenario critico. Ma non è la religiosità a essere in crisi, bensì l’appartenenza istituzionale. Oggi non si parla di fine della religione, ma delle difficoltà che attraversano le istituzioni”.[3]
Secondo questi e altri autori, coloro che non fanno parte delle chiese sono persone che si definiscono cristiane ma non sono legate ad alcuna organizzazione religiosa. Molti hanno convinzioni e perfino comportamenti di chi è membro di una chiesa. Non si tratta, quindi, di persone che hanno abbandonato la fede.
Si ha l’impressione che la maggioranza dei cristiani non abbia abbracciato questo fenomeno. Tuttavia, lo scenario mostra una crescente disconnessione tra le persone e le istituzioni religiose, il che rappresenta una sfida importante per la comunicazione ecclesiale. Sarà forse necessario pensare a modi per comunicare direttamente con le persone che apprezzano la spiritualità senza affiliazioni istituzionali, cercando di raggiungere le loro realtà e non apparire solo come una preoccupazione organizzativa. La massima secondo cui “le persone si connettono con le persone” è stata confermata nel contesto religioso.
La via da seguire. Una soluzione potrebbe essere quella di una comunicazione più diretta, focalizzata sull’applicazione pratica dei temi biblici alla fede cristiana. La comunicazione dovrebbe generare sempre più l’identificazione tra le organizzazioni religiose e le persone, su base quotidiana. Possono generare una maggiore attenzione le testimonianze di fede, il ruolo sociale delle chiese, il dinamismo del volontariato e delle missioni interculturali, oltre alla rilevanza della Bibbia per la comprensione dei problemi attuali. È essenziale pensare a una comunicazione che aiuti le persone a vedere le comunità di fede come spazi di sostegno vicini alla loro realtà.
3. La tecnologia digitale che modella il comportamento
Infine, è innegabile l’impatto della tecnologia digitale sul comportamento religioso. Molto rimane da studiare, ma la realtà dei modelli di intelligenza artificiale (IA), ad esempio, va in questa direzione. In un articolo sull’AI e la divinità, Jorge Rampogna ha analizzato l’approccio del filosofo Yuval Harari al dataismo (la supremazia dei dati) come possibile nuova religione. Ha fatto un collegamento con la serie Kübra che affronta questo tema. Secondo Rampogna, “in Kübra, la tecnologia diventa un mezzo per mettere in discussione e, in un certo senso, sostituire la figura tradizionale di Dio o di un’entità sovrannaturale. L’intelligenza artificiale manipola le informazioni e crea una narrazione che porta le persone a credere in una realtà costruita e controllata da dati e algoritmi”.[4]
È ancora difficile prevedere se questa divinizzazione degli elementi tecnologici diventerà una realtà. Tuttavia, alcune specificità della tecnologia digitale (come la trasmissione di servizi religiosi, la presenza delle chiese nel metaverso e l’uso massiccio dei social media) influenzano già e in varia misura il comportamento religioso. Le persone non praticano più il culto come 30, 50 o 60 anni fa.
La via da seguire. Di fronte a questo scenario ancora indefinito, la comunicazione della chiesa deve incoraggiare la discussione su questi temi all’interno della cultura religiosa. Deve cercare un equilibrio, senza demonizzare i media digitali, ma anche senza considerarli soluzioni magiche. La comunicazione religiosa può incoraggiare un ritorno alle relazioni personali e, al contempo, mettere in luce le sfide che si presentano quando si consente alle tecnologie create dall’uomo di diventare gli unici mediatori di queste relazioni.
Il mondo cambia e la comunicazione ecclesiale deve tenere il passo con questo cambiamento. È essenziale guardare al passato e mantenere la propria identità, ma è indispensabile comprendere il presente e prepararsi al futuro.
Note
[1] M. Marchori, “Comunicação como expressão da humanização nas organizações da contemporaneidade”, in M. Kunsch, Comunicação como fator de humanização nas organizações, São Caetano do Sul, SP, Difusão Editora, 2010, p. 153.
[2] D. Fortin, “Teologia da adoração e liturgia em Ellen White” in, Á. M. Rodriguez, Igreja: Adoração, ministério e autoridade, Tatuí, SP, Casa Publicadora Brasileira, 2010, p. 99.
[3] J. C. Adam, D. Santana, “A crise do pertencimento religioso e o movimento dos desigrejados”, . Caminhando, Goiânia, v. 20, n. 3, 2022, pp. 354-365.
[4] J. Rampogna, “Kübra: a Inteligência Artificial como divindade”, su https://noticias.adventistas.org/pt/coluna/jorge.rampogna/kubra-a-inteligencia-artificial-como-divindade/
(Felipe Lemos è direttore del Dipartimento Comunicazioni della Chiesa avventista in Sudamerica, con sede a Brasilia)
[Fonte: noticias.adventistas.org/pt/. Traduzione: Lina Ferrara]
[immagine di copertina: kherrmann su Pixabay]