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Sessanta minuti di camera di consiglio chiudono, per ora, tredici anni di processo. In Corte d’appello le condanne del boss Francesco Bidognetti e del suo difensore Michele Santonastaso sono confermate — rispettivamente: 1 anno e 6 mesi e 1 anno e 2 mesi — dalla presidente della prima sezione, Cristina Scipioni.
Le minacce veicolate attraverso la lettura nell’aula processuale di una sorta di «proclama» (era il marzo del 2008) facevano parte della strategia intimidatoria dei boss. L’aggravante mafiosa contestata ha funzionato come uno scudo contro la prescrizione che, in effetti, non c’è stata. Le motivazioni fra novanta giorni, si legge nel dispositivo.
Piange Roberto Saviano, emozionato per una verità raggiunta che gli restituisce perlomeno giustizia. Mentre la giornalista Rosaria Capacchione, altra parte civile di questo dibattimento infinito, fa vibrare la corda dell’autoironia: «Il tempo ha consumato anche me. Sono troppo vecchia anche per commuovermi. Ma ora c’è una parola fine a tutto questo», (dal Corriere della Sera del 15 luglio 2025, “Le minacce del boss a Saviano. Condanne anche in corte d’appello”, articolo di Ilaria Sacchettoni).
Su questa vicenda, Claudio Coppini e Roberto Vacca hanno raccolto il parere di Salvatore Calleri, presidente della Fondazione Antonino Caponnetto. Nella seconda parte del dialogo, alcune riflessioni sulla prossima giornata del 19 luglio in cui si commemora – anche a Firenze – la strage di via D’Amelio, in cui morirono il magistrato italiano Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta.
Nella foto, Rosaria Capacchione e Roberto Saviano (fonte: Articolo21, qui).






