“Mi sbagliavo. Mi dispiace”, queste parole possono avere un effetto magico su una relazione in difficoltà. Se non dimostriamo empatia, però, le scuse sembreranno false o feriranno ancora di più.
Carmen Laiu – La giornalista Annalisa Barbieri racconta di un incontro non particolarmente piacevole con una zia che non vedeva da vent’anni. Erano accadute molte cose belle nella sua vita, come la scrittura di un libro e la nascita di un bambino, ma l’unico aspetto su cui la zia aveva ritenuto opportuno esprimersi era stato l’eccesso di peso della neomamma. L’osservazione era arrivata ad Annalisa, ma anche a sua cugina Mary, sotto forma di una domanda impertinente: la zia lasciava intendere che tra loro ci fosse una sorta di competizione sul peso. Quando le è stato fatto notare che la domanda era inopportuna, sono seguite alcune parole che suonavano come delle scuse, ma che sono riuscite solo a irritare Annalisa di più: “Mi dispiace se hai ritenuto di offenderti per quello che ho detto”.
Spesso feriamo gli altri, soprattutto chi ci è più vicino. A volte si tratta di una piccola offesa commessa per negligenza o a causa della fretta, in altri casi di un grave errore o di un tradimento che possono mandare in frantumi le fondamenta di una relazione. Sono molte le variabili che entrano in gioco quando occorre ricucire un rapporto, ma il modo in cui ci scusiamo fa la differenza, anche quando la confidenza di prima non è più possibile.
Le scuse, il collante delle relazioni
Quando diciamo “mi spiace” usiamo le parole più semplici e allo stesso tempo più potenti che possono non solo ricostruire le relazioni, e guarire i sentimenti feriti, ma anche correggere gli errori del passato, afferma Karina Schumann che insegna psicologia all’Università di Pittsburgh (Usa). Avendo studiato i fattori che aiutano le persone ad affrontare i conflitti, Schumann ritiene che le scuse siano il “super collante della vita”: strumenti altamente efficaci per riparare le relazioni, a condizione che siano autentiche. Il potere delle scuse deriva dal messaggio che inviamo di tenere alla persona che abbiamo ferito e di voler fare qualcosa per rimettere in piedi la relazione.
Non esiste una formula magica di infallibile efficacia per ottenere il perdono di chi è stato ferito, considerando i molteplici fattori che intervengono nel ristabilire un rapporto (il contesto in cui è avvenuto l’errore, lo stato della relazione prima dell’accaduto, la gravità del conflitto, ecc.). Secondo Schumann, le cose più importanti che il responsabile di un errore deve sapere sono: il rammarico deve essere sincero, le parole vanno scelte con cura e l’atteggiamento deve essere in linea con il contenuto delle scuse. Le persone hanno bisogno di sentire che chi si scusa si rammarica e si assume la responsabilità del conflitto che è sorto. Un semplice “non avrei dovuto farlo”, senza rimpianti, spesso non conduce alla riconciliazione sperata.
Nei suoi studi, Schumann ha scoperto che nell’85-90% delle volte, le persone cercano di riparare una relazione scusandosi ma non riescono a empatizzare con chi ha subito l’offesa e a riconoscere il danno causato dalle proprie parole o azioni.
Insieme all’empatia, all’autenticità e alla capacità di assumersi la responsabilità, una dose di vulnerabilità e umiltà sono gli ingredienti di una scusa efficace, sostiene la psicoterapeuta Alison Roy, specializzata negli studi con i bambini e i giovani. Se le scuse sono prive di questi elementi, la persona offesa si sentirà doppiamente colpita sia a causa dell’errore iniziale sia perché le giustificazioni saranno percepite come false e meccaniche.
“Il legame che si crea con le scuse è un primo passo importante per risanare la relazione” afferma lo psicologo David Helfand che raccomanda di seguire tre passi per porre rimedio alla situazione: riconoscere il proprio errore e il suo impatto; spiegare come avrebbe potuto agire diversamente e cosa sarebbe successo se si fosse comportato in modo differente. Seguendo questi tre passaggi e affermando ad alta voce cosa avremmo dovuto fare, spiega Helfand, aiutiamo il nostro cervello a rispondere meglio in futuro rispetto a quando restiamo fissi sul comportamento offensivo o facciamo del nostro meglio per difenderci.
Fare ammenda per il danno procurato, quando è possibile, aumenta le possibilità di riconciliazione e dà al nostro rimorso una forma tangibile. Inoltre, uno dei bisogni più preziosi della persona ferita è quello di essere ascoltata, per assicurarsi che chi l’ha fatta soffrire capisca dove ha sbagliato e il danno che è stato arrecato.
Per Gabrielle Rifkind, esperta di risoluzione dei conflitti, dire: “Sei davvero importante per me e voglio capire cosa è andato storto, quindi non farò altro che ascoltarti per i prossimi 15 minuti” è un ottimo modo per avviare una conversazione che costruisca ponti tra noi.
Chiedere scusa non è tutto
Il modo in cui chiediamo scusa agli altri può essere non solo inefficace ma addirittura dannoso, afferma lo psicologo Andrea Bonior, che elenca alcuni errori per evitare di ferire ulteriormente coloro a cui abbiamo fatto del male. Innanzitutto, non dobbiamo difenderci giustificando il nostro comportamento (in caso di spiegazioni, dobbiamo riservarle a una discussione a parte rispetto al momento in cui chiediamo scusa). Un altro errore consiste nel promettere qualcosa che non possiamo mantenere, spinti dal desiderio di fare la pace il più rapidamente possibile. Ciò significa che presto ci troveremo in una nuova impasse, con ancor meno credibilità.
Le scuse saranno inefficaci anche se ci aspettiamo qualcosa in cambio. Sebbene possiamo sperare che la persona con cui siamo entrati in conflitto chieda scusa, sottolinea Bonior, le nostre, di scuse, non devono dipendere da ciò che vogliamo ottenere, che sia giustificato o meno, adesso o in futuro.
Dopo decenni di ricerche, la psicologa Harriet Lerner ha pubblicato un libro pratico su come chiedere perdono, evidenziando i modi in cui annulliamo inconsapevolmente le nostre stesse scuse.
Appiccicare un “ma” o un “se” alle giustificazioni significa annullarne l’effetto, scrive Lerner. Spesso desideriamo sottolineare il contesto di un conflitto o spiegare il motivo della reazione o delle parole (percepite) offensive, ma il messaggio che trasmettiamo utilizzando l’avversativa “ma” è che avevamo ragione nell’agire in quel modo. Tutto ciò che otteniamo è una reazione difensiva. Usare la congiunzione “se” non va meglio. Una scusa che include un “se” (per esempio: “Mi dispiace se quello che ho detto ti ha offeso”) suonerà non sincera, evidenzia la psicologa che raccomanda di diffidare delle sfumature che trasformano un “mi dispiace” in un “in realtà non mi dispiace affatto”.[1]
Un altro modo per rovinare le scuse consiste nell’affermare: “Mi dispiace che ti senta così”.[2]. Questo perché le scuse genuine si concentrano sulla nostra responsabilità, non sulla reazione dell’altro.
“Le buone scuse non riguardano voi”[3] spiega Lerner, sottolineando che perdiamo l’opportunità di esprimere sinceramente del rammarico quando dirottiamo l’attenzione dell’altra persona sul dolore (probabilmente reale) che il conflitto ci ha causato. Se ci concentriamo sulle nostre emozioni negative, invece di essere ricettivi alla sofferenza della persona ferita, avverte la psicologa, siamo già sulla strada sbagliata.
In conclusione, è sbagliato fare pressione sull’altro perché accetti le nostre scuse. Anche se vogliamo superare il disagio di una situazione conflittuale, le giustificazioni non hanno lo scopo di farci sentire meglio, ma di dimostrare che ci rammarichiamo per aver ferito il prossimo e che la relazione è preziosa per noi. Per quanto desideriamo una riconciliazione, chi è stato offeso potrebbe aver bisogno di tempo e di spazio per affrontare l’intero processo (compreso quello emotivo) che il perdono comporta.
Se il nostro ramoscello d’ulivo non sembra essere ben accolto o è addirittura rifiutato, prima di perdere la speranza dovremmo ricordare che “le parole non sono l’unico modo per dire ‘mi spiace’”[4]. Parlare è importante e le scuse sincere possono essere curative, ma quando la fiducia è minata o le parole non riescono più a riparare ciò che è stato danneggiato, ci sarà sempre un modo non verbale con cui possiamo provare a rimediare a quanto è successo.
(Carmen Lăiu è redattrice di Signs of the Times Romania e ST Network).
Note
[1] Harriet Lerner, Perché non ti scusi?, Gallery Books, 2017, p. 29.
[2] Ivi, p. 26.
[3] Ivi, p. 39.
[4] Ivi, p. 100.
[Fonte: st.network. Traduzione: V. Addazio]