Daniele in breve. Per sigillare visione e profezia
11 Dicembre 2017

In collaborazione con la redazione della rivista Il Messaggero Avventista.

Daniele in breve. Per sigillare visione e profezia
11 Dicembre 2017

In collaborazione con la redazione della rivista Il Messaggero Avventista.

Francesco Zenzale – Settanta settimane d’anni “per sigillare visione e profezia” (Da 9:24).
Acquisita la giustizia eterna, in Gesù Cristo nostro Signore, è indispensabile dare un senso pratico a questa meravigliosa esperienza, sigillando “visione e profezia”. In che modo Israele doveva esplicitare questa esperienza durante i 490 anni?

Lasciamo il cortile del santuario israelitico, luogo di riconciliazione e di grazia, ed entriamo nel luogo santo. In esso troviamo tre elementi: i pani, il candelabro sempre acceso e l’altare dei profumi. Nell’insieme, questi tre costituenti illustrano il modo in cui è possibile legittimare (sigillare) visione e profezia.

I pani di presentazione designano la parola di Dio nella prospettiva messianica. Ciò significa che Dio accorda al suo popolo 490 anni per ritrovare il senso della missione, il suo ruolo profetico e la gioia di essere la nazione eletta e santa (De 7:6; Es 19:6; Is 43:10; 1 P 2:9, ecc). Il Signore voleva che Israele partecipasse all’evento che avrebbe ratificato tutte le profezie messianiche e motivo della sua elezione.

Questa esperienza doveva essere vissuta in preghiera, raffigurata dall’altare dei profumi, e dall’incessante aiuto dello Spirito Santo, illustrato dall’olio che alimentava la luce del candelabro. Purtroppo, anche questo aspetto fu disatteso, non perché il popolo non avesse conoscenza della Scrittura, ma per il modo in cui tralasciò l’idea del Messia sofferente, optando per uno «trionfante», «politico e guerriero». In tal senso, il fanatismo politico-religioso indusse Israele al rifiuto di Cristo, a portarlo sulla croce e a perseguitare i suoi seguaci.

Tuttavia, tutte le profezie messianiche si sono avverate in Cristo. Gesù, con la sua incarnazione, la sua vita virtuosa, la sua morte cruenta e la sua risurrezione gloriosa, ha impresso sulla profezia il sugello dell’autenticità. Sulla via di Emmaus, il Risorto, dopo aver rimproverato l’incredulità dei due anonimi discepoli, «cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture le cose che lo riguardavano (Lu 24:27, 44-46). La serie degli atti messianici, che segneranno la fine delle 70 settimane, si chiuderanno con un rito di consacrazione: «per ungere il luogo santissimo» (Da 9:24), che esamineremo nella prossima riflessione.

Come Israele, anche noi possiamo disattendere l’ultimo evento che convaliderà tutte le profezie escatologiche che confluiscono nella promessa di nuovi cieli e nuova terra. Il fanatismo religioso, caratterizzato da una lettura testuale della Parola, con emanazioni di giudizi di condanna e intolleranza, e la tiepidezza spirituale, vissuta con superficialità, possono costituire seri ostacoli ai fini della salvezza. L’illusione e fatale! A ciascuno una serena autocritica!

“Beato chi legge e beati quelli che ascoltano le parole di questa profezia e fanno tesoro delle cose che vi sono scritte, perché il tempo è vicino!” (Ap 1:3).

 

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