Maol/EudNews – «È così che il diavolo lavora, mentendo e ingannando!». Con queste parole il dott. Richard Buchli ha introdotto il suo appello a pregare per i medici e il personale dell’Ospedale avventista Cooper, ubicato a Monrovia, in Liberia. Essi sono infatti stati ingannati sulla salute di una giovane donna che si è rivelata essere affetta da ebola.
Il dott. James Appel è uno dei medici del Cooper. Come al solito, quando la guardia di sicurezza chiama per un’emergenza, esce munito di guanti. Questa volta c’era una donna sdraiata sul sedile posteriore di un taxi, circondata da 5 o 6 familiari, ansiosi di raccontare quello che era successo.
Il dott. Appel aveva visto che la donna versava in condizioni molto critiche, era semicosciente e aveva difficoltà a respirare. Si era ammalata di malaria dieci giorni prima e aveva seguito la comune terapia di tre giorni. Quattro giorni prima aveva avuto un aborto spontaneo con forte emorragia. Ricoverata all’ospedale Benson, le cure avevano arrestato l’emorragia, ma la respirazione peggiorava. Per il medico era necessaria una trasfusione ma il loro laboratorio non era attrezzato; aveva quindi detto ai familiari di portarla all’ospedale avventista Cooper.
Arrivata, il dott. Appel aveva chiesto se presentava vomito, febbre, diarrea, ecc. Ma tutti i familiari avevano categoricamente scosso la testa, affermando che la donna non soffriva di nessuno di questi sintomi.
Portata in ospedale, la donna aveva avuto una crisi respiratoria. Erano così intervenute anche le infermiere, il tecnico di laboratorio e altri infermieri ancora. La donna presentava grossi lividi sulle braccia. Grazie all’ossigeno, aveva ripreso a respirare ed era iniziata la trasfusione. Il medico aveva quindi fatto entrare una familiare che all’improvviso aveva iniziato a raccontare come l’ammalata aveva vomitato e avuto diarrea e febbre alta a casa.
Allora il dott. Appel aveva controllato nervosamente la donna accorgendosi che i buchi di punture precedenti e recenti sanguinavano ancora. La donna aveva l’ebola. Il medico si è quindi arrabbiato con i familiari per le bugie che gli avevano raccontato e per il loro comportamento irresponsabile che aveva messo a rischio la salute di medici e personale dell’ospedale. E ora non si dà pace.
«Se un membro del personale muore di ebola», ha affermato Appel affranto ed esausto, «sono io il responsabile. Per la prima volta mi sento come se sono stato esposto a qualcosa di molto grave, sono sconvolto».
La paziente è morta quasi subito dopo essere stata portata fuori dall’ospedale. Il padre era poi tornato per dire: «Avete fatto del vostro meglio. Tornerò domani per pagare il conto».
«Volevo urlare», ha affermato il medico, «È tutto ciò hai da dire dopo averci mentito ed esposto a una piaga mortale? Ora ho problemi a dormire e ho gli incubi. Mi sveglio nel cuore della notte con il cuore a mille. Mi inginocchio con la faccia a terra e singhiozzo implorando Dio di avere misericordia soprattutto per il personale, ma anche di risparmiare la mia vita».
«Gesù ha promesso, in Marco 16:17-18, che i suoi seguaci non moriranno, anche se bevono qualcosa di velenoso», ha osservato il dottor Buchli. «Aggrappiamoci alle promesse di Dio e preghiamo per la vita del personale del nostro ospedale. È la loro unica possibilità!».