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Il 25 gennaio 1948, settantacinque anni fa, moriva a Poschiavo il pastore Giovanni Luzzi, uno dei teologi riformati, di lingua italiana, più importanti del XX secolo. Tradusse la Bibbia in italiano e romancio e fu un pioniere in campo ecumenico.
Giovanni Luzzi (nato in Engadina, a Tschlin, nel 1856) dedicò buona parte della vita alla traduzione della Bibbia. Dapprima presiedette un comitato incaricato di rivedere l’antica traduzione italiana di Giovanni Diodati, risalente alla prima metà del Seicento. Poi si dedicò a una nuova traduzione della Bibbia in italiano che uscì in dodici volumi – prima per i tipi della Sansoni, poi per quelli della casa editrice “Fides et Amor” -, tra il 1920 e il 1930.
Persuaso della necessità di diffondere il più possibile la Bibbia oltre ogni steccato confessionale, allo scopo di innalzare il livello morale e civile dell’Italia, distribuì tra i soldati al fronte, durante la Prima guerra mondiale, più di 40mila copie della sua edizione del Nuovo Testamento. Il testo fu apprezzato e richiesto anche da centinaia di cappellani e sacerdoti cattolici al seguito delle truppe.
L’entusiasmo di Luzzi non fu smorzato nemmeno dal monito emesso dalla vaticana Congregazione del Sant’Uffizio, nell’aprile 1925, contro la sua traduzione, rea di essere il risultato del lavoro di un “acattolico” e perciò, per ogni cattolico, proibita (dalla presentazione di una trasmissione radiofonica a cura di Paolo Tognina della RSI).
Claudio Coppini e Roberto Vacca ne parlano con il pastore avventista Michele Abiusi.
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