Il testo Christianae religionis institutio, pubblicato da Giovanni Calvino nel 1536, ha avuto un impatto determinante sulla causa del protestantesimo. Lodato da alcuni e denigrato da altri, Calvino era e resta una delle figure più emblematiche della storia.

Lucian Ștefănescu – Scritto in latino da un ventiseienne francese in meno di un anno, Christianae religionis institutio (L’Istituzione della religione cristiana) è un libro di 516 pagine.[1] Pubblicato in Svizzera e dedicato al re francese da cui stava fuggendo, è l’opera teologica più importante della Riforma protestante.

La mezzaluna ottomana che sventolava sulle mura di Costantinopoli, la minaccia di piaghe devastanti, la crisi di autorità e credibilità della Chiesa, il ritorno alla Bibbia, l’invenzione di Gutenberg (della stampa a caratteri mobili, ndr) e la nascita del protestantesimo erano tutti elementi portanti nel panorama storico del XV e XVI secolo.

Fu in quel periodo, nel 1509, che il francese Jean Cauvin (Giovanni Calvino) nacque nella città di Noyon. Quando aveva solo 12 anni, suo padre lo mandò all’Università di Parigi a studiare filosofia e legge. Imparò il latino, il greco e l’ebraico, e acquisì familiarità con la retorica e la logica. A questo profilo umanistico si aggiunse l’influenza di Erasmo e di Lutero. La persecuzione in Francia lo costrinse a fuggire con l’intenzione di dedicare il resto della sua vita allo studio e alla scrittura. Malauguratamente, il suo futuro sarebbe stato più travagliato di quanto avesse sperato.

Una città, un solo destino 
Se nel 1536 Calvino considerava Ginevra solo un posto dove passare la notte, la città, invece, attraverso gli occhi di Guillaume Farel, vedeva nell’autore della Christianae religionis institutio un capo spirituale necessario alla causa della Riforma che era stata accolta lì soprattutto per ragioni politiche. Grazie a Farel, Calvino legò per sempre il suo destino a Ginevra. Il suo lavoro fu interrotto solo tra il 1538 e il 1541 quando fu mandato via a seguito di una disputa con il consiglio comunale.

L’espulsione di Calvino da Ginevra sembrò riaprire le porte al cattolicesimo. Dopo aver ricevuto un appello scritto da un cardinale di spicco, il Consiglio di Ginevra chiese a Calvino di rispondere. E così egli fece: "Perché, anche se sono per il momento sollevato dall’incarico della Chiesa di Ginevra, tale circostanza non mi impedisce di abbracciarla con affetto paterno: Dio, nell’affidarmi questo incarico, mi ha obbligato a esser fedele ad essa per sempre". Non sapeva quanto quelle parole si sarebbero rivelate vere. La risposta di Calvino alla lettera del cardinale stroncò l’ultimo tentativo cattolico di riprendere Ginevra.

Al suo ritorno in città, con un sostegno crescente ma non senza opposizione, Calvino perseguì con insistenza l’implementazione del suo sistema "teocratico" civile-religioso. Oltre a riformare l’organizzazione e il culto ecclesiastico, tenne più di 4.000 sermoni (circa 170 all’anno). Predicava dall’Antico Testamento durante la settimana, dal Nuovo Testamento la domenica mattina e dai Salmi nel pomeriggio. Nell’ultimo anno della sua vita, continuò a tenere sermoni anche quando era malato e dovevano accompagnarlo al pulpito. Sul letto di morte, menzionò le sue predicazioni prima dei suoi scritti.

Un capolavoro della teologia riformata 
Monumento del classicismo francese, l’institutio di Calvino rappresenta una complessa miscela di dimostrazione, affermazione e apologetica. Senza limitarsi al testo biblico, Calvino arricchì l’opera con quello che conosceva dei testi della filosofia classica, dei Padri della Chiesa e degli strumenti retorici. In qualità di rettore, Calvino voleva essere "caldo, non freddo"[2] per massimizzare l’impatto del suo discorso. I suoi institutio erano rivolti a teologi e futuri pastori, così come ai laici che desideravano ampliare le loro conoscenze.

Il contributo di Giovanni Calvino  
L’opera di Calvino fu molto più ampia delle sue attività di riforma a Ginevra: fu autore di commentari su 56 libri della Bibbia, si tenne in contatto con molti referenti protestanti e seguì la situazione in atto in Europa e in Inghilterra. Si dice che fosse più informato di alcuni dei re del suo tempo.[3]

La particolare visione calvinista sull’educazione fu messa in pratica attraverso i suoi scritti, ma soprattutto con la fondazione dell’Accademia di Ginevra, nel 1559. In seguito a questi sforzi, l’albero del Calvinismo ha piantato radici profonde, gettando la sua ombra molto in là nello spazio e nel tempo.

Definita da John Knox come "la perfetta scuola di Cristo mai apparsa sulla terra dai tempi degli apostoli",[4] l’Accademia attrasse studenti entusiasti da tutta Europa. Grazie a Knox e ad altri come lui, i semi del calvinismo raggiunsero la Scozia, la Francia, i Paesi Bassi e l’Ungheria. Più tardi, solcarono l’oceano per arrivare in America, con Calvino stesso riconosciuto come uno dei padri del puritanesimo. Il calvinismo resta vivo ancora oggi nel patrimonio delle chiese riformate, inclusi i presbiteriani, delle chiese riformate olandesi e tedesche, oltre a molti battisti e congregazionisti. La sua opposizione all’esercizio del potere arbitrario da parte dei regnanti può essere considerata come un fattore chiave nello sviluppo dei moderni governi costituzionali.

Lodato da alcuni e denigrato da altri, Calvino era e rimane una delle figure più controverse della storia. Rispettato anche dai papi, fu ironicamente descritto come "il papa dei protestanti" (Voltaire) o "il crudele e incontrastato dittatore di Ginevra" (Oxford Dictionary of the Christian Church). Le critiche erano rivolte in particolare alla teologia della "doppia predestinazione" e al sistema "teocratico" per il quale Calvino si è battuto per imporlo a Ginevra, con le conseguenze implicite di ignorare la libertà di coscienza, il rapporto discutibile tra chiesa e Stato o la messa al rogo di Serveto.

Medievale e moderno, equilibrato e irremovibile, a volte insicuro della sua vocazione, tuttavia determinato ad affermarsi, Calvino rappresenta di per sé un paradosso, con alcuni che vedevano in lui "due Calvino che coesistevano scomodamente all’interno dello stesso personaggio storico". Sembra che sia proprio questo costante vacillare interiore a motivare "sia il successo del movimento che in definitiva porta il suo nome nel proprio tempo, che la sua durata nei secoli successivi in condizioni piuttosto diverse".[5]

Note 
[1] I sei capitoli del 1536 divennero, dopo quattro revisioni, quattro libri e 80 capitoli (l’edizione finale del 1559, quella conosciuta oggi). 
[2] W. J. Bouwsma, John Calvin. A Sixteenth Century Portrait (Giovanni Calvino. Un ritratto del XVI secolo), Oxford University Press, 1988, p. 126. 
[3] T. J. Davis, John Calvin (Giovanni Calvino. Della collana “Leader e pensatori spirituali”), Chelsea House Publishers, 2005, p. 49. 
[4] Bouwsma, Op. cit., p. 126. 
[5] Ivi, pp. 230-232.

[Fonte: st.network. Traduzione: V. Addazio] 

 

 

 

 

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