Il potere della comunicazione spirituale positiva
10 Dicembre 2025

In collaborazione con la redazione della rivista Il Messaggero Avventista.

Il potere della comunicazione spirituale positiva
10 Dicembre 2025

In collaborazione con la redazione della rivista Il Messaggero Avventista.

In una società che purtroppo valorizza l’odio come motore di comunicazione, la fede biblica offre una prospettiva diversa.

La celebre Università di Oxford ha annunciato che la parola ufficiale del 2025 è “rage bait”, “esca della rabbia” in italiano. In realtà, le parole finaliste erano tre e, dopo tre giorni di votazioni, più di 30.000 persone hanno partecipato, eleggendo “esca della rabbia” quale termine dell’anno.

Rage bait è definita  “un contenuto online creato appositamente per provocare rabbia o indignazione nelle persone, attraverso elementi provocatori, offensivi e deliberatamente polarizzanti. L’obiettivo principale di questo tipo di pubblicazione è aumentare il traffico e l’interazione su pagine web o specifici contenuti dei social media”.

L’idea di “esca” è piuttosto appropriata. Messa sull’amo, l’esca non è lo scopo della pesca, esiste per attirare i pesci. Nell’ambiente digitale accade qualcosa di simile, uno dei motori che guida le interazioni è l’odio, insieme all’aggressività e al conflitto costante. L’esca è la rabbia; le prede sono il clic, il commento e la condivisione.

Meno azioni concrete, più messaggi virali
Oggi, con un clic, una persona mette un like (un “mi piace”), condivide o commenta contenuti legati a quella che viene chiamata indignazione morale, cioè reazioni di rabbia e repulsione di fronte all’ingiustizia, spesso giustificate dal desiderio che sia fatta giustizia. Eppure, questa indignazione morale non sempre si traduce in azioni concrete.
L’articolo “Moral Outrage Predicts the Virality of Petitions for Change on Social Media, But Not the Number of Signatures They Receive” (L’indignazione morale predice la viralità delle petizioni per il cambiamento sui social media, ma non il numero di firme che ricevono), pubblicato sulla rivista Social Psychological and Personality Science, ha analizzato 24.785 petizioni attive sul sito web Change.org e 1.286.442 post in lingua inglese sulla piattaforma X/Twitter che contenevano link a queste petizioni. L’obiettivo era capire se l’indignazione morale (i post pieni di rabbia e repulsione per le ingiustizie) avrebbe portato ad azioni concrete o sarebbe stata semplicemente premiata dai sistemi algoritmici delle piattaforme.

Lo studio ha dimostrato che i post con un livello più elevato di indignazione morale ricevono più like e ripubblicazioni. In altre parole, si adattano perfettamente alla logica di base dei social network, mantenere tutti all’interno dello stesso ecosistema digitale, anche se ci si è indignati, si protesta e reagisce, ma spesso lontani dai problemi reali e nella comodità del clic facile. Tuttavia, non vi è stata alcuna prova che tale indignazione morale abbia portato a un numero maggiore di firme sulle petizioni (un effetto praticamente trascurabile in questo senso).

Comunicazione che muove
In questo contesto digitale e anche biblico-cristiano, è importante riflettere sul tipo di comunicazione che desideriamo praticare. Soprattutto se cerchiamo un’alternativa più sana ed efficace rispetto alla comunicazione basata sull’odio, l’aggressività e lo scontro, tanto stimolata dagli algoritmi.

La logica dei social network favorisce l’indignazione che si esaurisce in post rabbiosi, senza grandi risultati pratici. Al contrario, la comunicazione cristiana si presenta come  positiva, e spinge le persone ad agire in modo concreto per gli altri. Si basa principalmente su due aspetti: l’insegnamento e l’invito all’azione.

Mi piace il consiglio dell’apostolo Paolo al giovane Timoteo: “Fino al giorno del mio arrivo, impegnati a leggere pubblicamente la Bibbia, a insegnare e a esortare” (1 Timoteo 4:13, TILC). L’insegnamento è sempre stato fondamentale nella chiesa cristiana allora agli inizi, perché trasforma le persone e cambia la realtà. Il cristianesimo difficilmente avrebbe avuto un impatto così forte se alla base non ci fosse stato un solido lavoro di istruzione, con apostoli e predicatori che si recavano in varie parti del mondo per insegnare il messaggio del vangelo

Nei nostri tempi moderni, la comunicazione che insegna è poco apprezzata. L’immediatezza malsana di una parte della società contemporanea cerca risposte rapide, relazioni superficiali e contenuti usa e getta. Quasi tutto viene facilmente dimenticato nella profusione di dati decontestualizzati e poco compresi.

Le persone e le organizzazioni che investono nella comunicazione attraverso l’educazione a concetti, valori e principi seminano oggi per raccogliere domani. Questo richiede più tempo e spesso non genera contenuti virali né produce esplosioni di coinvolgimento a breve termine. Ma l’insegnamento lascia segni consistenti e profondi.

Azione pratica
Uno dei grandi dilemmi della comunicazione digitale odierna è la capacità delle persone di indignarsi senza agire. Il cristianesimo biblico ci mostra che il vero insegnamento porta all’azione; nel caso della religione, conduce a una fede pratica che opera a favore del prossimo.

Di nuovo Paolo guida Timoteo, pur essendo già in prigione a Roma. Egli afferma: “Dio infatti ci ha dato uno spirito non di timidezza, ma di forza, di amore e di autocontrollo.” (2 Timoteo 1:7). Tutti questi elementi sono, in sostanza, fede in azione. Paolo dichiara che lo spirito di codardia non deve guidare il cristiano. Pertanto, chi crede è chiamato ad agire in modo concreto, compiacendo Dio e aiutando gli altri.

Nel libro Messaggi scelti, Ellen G. White, pioniera e cofondatrice della Chiesa avventista, scrive che “la fede autentica si manifesta con le opere buone, perché le buone opere sono i frutti della fede” – vol. 1, p. 333. In altre parole, la fede che non si traduce in azione rimane solo a livello di parole.

Consigli pratici
Se non vuoi essere né vittima né aggressore, puoi:
– Fermarti prima di reagire e non commentare nella foga del momento. Prima di mettere “mi piace”, commentare o condividere un contenuto che provoca rabbia, fai una pausa e chiediti se è vero, se aiuta a capire meglio la situazione o fa solo arrabbiare di più.
– Verificare la fonte e l’intenzione. Chi trae vantaggio dalla tua rabbia? Prima di cliccare o diffondere contenuti indignati, vale la pena verificare se le fonti sono affidabili o solo controverse; inoltre, è necessario analizzare se il testo o il video presentano fatti, oppure solo frasi provocatorie e generalizzazioni. Quando ti abitui a domandarti chi trae vantaggio dalla tua rabbia, diventa più facile capire se sei manipolato. In questo modo, eviti di essere vittima di un’esca della rabbia (rage bait) e smetti anche di agire come moltiplicatore di questa aggressività.
– Trasformare l’indignazione in azioni concrete e linguaggio rispettoso. Indignarsi per l’ingiustizia può essere legittimo, ma l’approccio cristiano non si basa sugli attacchi personali, bensì sulle azioni responsabili e la comunicazione rispettosa. Invece di sfogarti in modo aggressivo sui social, cerca di informarti meglio sull’argomento e di sostenere iniziative serie che affrontano il problema (progetti, istituzioni, azioni concrete).

La comunicazione positiva, soprattutto in ambito spirituale, invita le persone ad abbandonare il terreno confortevole del discorso negativo e sterile. È un movimento verso un vero cambiamento, nel proprio comportamento e nel mondo circostante. La fede biblica non è inattiva, né meramente contemplativa, tanto meno limitata a lamentele e critiche generiche. Opera per fare una differenza concreta nella vita di molte persone.
In breve, l’insegnamento che porta all’azione è ciò che deve realmente accadere. È meno appariscente del rage bait, ma tende ad essere più efficace e a produrre risultati più duraturi, sia nella vita di chi comunica sia in quella di chi riceve il messaggio.

Felipe Lemos

[Fonte: Noticias Adventista Brasil. Traduzione e adattamento: Lina Ferrara, HopeMedia Italia]
[immagini: pixabay.com]

 

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