La testimonianza del vangelo è sempre andata di pari passo all’evoluzione tecnologica. Un dialogo aperto tra fede e innovazione per comprendere potenzialità e rischi in un’era sempre più in rapida trasformazione.
L’intelligenza artificiale (IA) ormai è una tecnologia diffusa e integrata, e alla portata del nostro vissuto quotidiano. C’è chi si rivolge a ChatGpt o simili per avere suggerimenti per un viaggio, chi vuole provare ricette sfiziose digitando cosa gli è rimasto in frigo e chi (e qui il sorriso si spezza) chiede alla rete pareri su come togliersi la vita, per metterli poi in pratica nella solitudine di una cameretta.
L’IA desta legittime preoccupazioni, come del resto tutte le innovazioni prima d’ora; è considerata controversa per la sua portata pervasiva e la sua capacità di trasformare o stravolgere la società, interi settori economici e forme di comunicazione a livello globale e personale.
E da un punto di vista spirituale, come la mettiamo per il presente e il futuro delle istituzioni religiose e delle comunità di credenti di cui facciamo parte? Intravediamo dei benefici o solamente delle minacce?
Kevin Jackson, di Adventist Record, riflette sullo spinoso tema in un articolo consultabile qui, e afferma: “Per la nostra chiesa, questa rivoluzione porterà una vasta gamma di opportunità per migliorare lo sviluppo delle risorse, approfondire il coinvolgimento della comunità e diffondere il nostro messaggio di fede in modi innovativi. Il potenziale dell’IA può essere sfruttato a ogni livello, dalle chiese locali ai dipartimenti globali, fino ai singoli credenti”.
Secondo l’autore del pezzo, l’IA potrebbe essere d’aiuto nell’ambito della ricerca biblica e dell’educazione. Gli strumenti possono analizzare enormi quantità della Scritture, di testi teologici e di commentari, offrendo approfondimenti e una comprensione più profonda che, forse, un tempo erano accessibili solo a chi si occupava di ricerca e, inoltre, richiedeva molto tempo. L’apprendimento personalizzato, i piani di studio biblico e i sermoni e le riflessioni spirituali tarati sulle esigenze individuali, sugli stili di apprendimento e sulla maturità spirituale potrebbero rendere più accessibile il raggiungimento di credenti e non credenti in tutto il pianeta.
Guardando al futuro, s’interroga Jackson, l’IA potrebbe persino essere utilizzata per promuovere una maggiore connessione comunitaria. Assistenti virtuali e chatbot formati sui nostri insegnamenti potrebbero fornire supporto immediato 24 ore su 24 e rispondere a domande sulla fede. Gli strumenti di traduzione basati sull’intelligenza artificiale renderanno più facile condividere la Scrittura e la letteratura cristiana in più lingue, ampliando la portata del nostro messaggio. Le chiese locali potrebbero utilizzare l’analisi basata sull’intelligenza artificiale per comprendere meglio i bisogni delle loro comunità e creare programmi di sensibilizzazione più mirati.
Si prefigura un panorama roseo per la vita del credente? L’intelligenza artificiale ci permetterebbe di crescere, sostiene l’autore della riflessione, e di interagire con un pubblico nuovo e difficile da raggiungere nello spazio digitale. L’uso creativo dell’intelligenza artificiale nella musica, nell’arte, nello sviluppo dei media e nella narrazione produrrà nuove espressioni di fede che trasformeranno messaggi senza tempo in un modo tale che riverbererà nelle generazioni più giovani e nelle persone al di fuori di un contesto ecclesiale tradizionale.

In definitiva, quindi, non dobbiamo temere, afferma Jackson: la tecnologia dell’intelligenza artificiale offrirà al cristianesimo opportunità senza precedenti per educare, coltivare ed espandere la portata della comunità, rimanendo fedeli al nostro messaggio fondamentale in un mondo in continua evoluzione. Attenzione, però, ai rischi che devono essere identificati e gestiti. Nonostante le opportunità emergenti che offrirebbero gli strumenti di intelligenza artificiale, non dobbiamo mai dimenticare che la missione della chiesa non è incentrata sulla tecnologia, ma esclusivamente sull’umanità.
Che fare allora? Schierarsi tra le fila degli apocalittici o degli integrati, per dirla citando Umberto Eco? Respingere a prescindere l’uso di questa tecnologia o conoscerla bene, sperimentarla, adottarla con intelligenza, spirito critico, guidati da un approccio etico, cristiano?
La risposta e il conseguente appello di Kevin Jackson sono piuttosto saggi: “Preghiamo per ottenere saggezza, discernimento e benedizione sul modo in cui utilizziamo strumenti nuovi (come l’intelligenza artificiale) per promuovere la missione di Dio e il messaggio di speranza in questo momento della storia della terra”.
[Fonte: record.adventistchurch.com. Tradotto e adattato da Veronica Addazio, HopeMedia Italia]
[Immagini: BrianPenny su Pixabay.com; Neculae Tudor su Dreamstime.com].







