Nel 313 d.C., a Milano, Costantino partecipò alle nozze della sua sorellastra con Licinio, dove firmò anche l’editto che prese il nome della città lombarda. Il decreto riconosceva e legalizzava ufficialmente il cristianesimo, e segnò la fine simbolica dell’era delle persecuzioni di Diocleziano, definendo la politica religiosa dell’imperatore.

Florin Bică – I trent’anni di regno dell’imperatore Costantino portarono più cambiamenti al cristianesimo, in termini di status, credenze e pratiche, di qualsiasi altro periodo dei primi tre secoli dell’era cristiana. Quando il giovane Costantino salì al trono nel 306, la religione cristiana portava le tracce visibili delle sanguinose persecuzioni avviate da alcuni dei suoi predecessori. Il terzo secolo aveva visto un susseguirsi di imperatori che sottoponevano i cristiani a terribili agonie, ma l’inizio del secolo successivo avrebbe portato un incredibile rovesciamento delle sorti.

Una croce nel cielo e un impero in divenire

Figlio di Costantino Cloro, Costantino mostrò un interesse particolare per la religione cristiana dopo la celebre vittoria sul suo rivale Massenzio nella battaglia di Ponte Milvio, nel 312. Prima dello scontro, Costantino sperimentò quella che alcuni storici antichi definirono una "visione". Il racconto più noto arriva dal vescovo Eusebio di Cesarea, storico della Chiesa e autore di un’opera sulla vita di Costantino. Eusebio sostiene che l’imperatore stesso raccontò l’avvenimento, affermando che prima della battaglia vide nel cielo una croce luminosa con la scritta: "Sotto questo segno vincerai!".

Le opinioni degli storici sono discordanti riguardo l’autenticità di questa visione. Ad esempio, H.A. Drake sottolinea che lo stesso Eusebio scrisse che l’imperatore raccontò l’evento "molto tempo dopo che si era verificato" e che all’epoca circolavano altre versioni in merito a una visione di Costantino in cui era coinvolto Apollo, la divinità associata al culto del sole. Quel che è certo è che il giorno dopo la battaglia (il 29 ottobre), entrando a Roma, Costantino si avviò direttamente al palazzo imperiale invece che al Campidoglio, dove gli altari pagani erano stati preparati per i sacrifici celebrativi della vittoria. L’imperatore giustificò questo gesto affermando di aver ricevuto un segno speciale dal Dio dei cristiani. Poco dopo, avviò le prime misure per promuovere il cristianesimo.

Pur desiderando la conversione del maggior numero possibile di sudditi al cristianesimo, Costantino "non procedette mai a un’attiva persecuzione delle religioni pagane".[1] Tuttavia, si impegnò a scoraggiare il culto delle antiche divinità di Roma. Per esempio, un editto emanato nei primi anni del suo impero affermava che i seguaci degli dèi romani potevano "continuare i rituali di un’illusione obsoleta",[2] ma non era loro consentito di costringere i cristiani a partecipare al culto delle divinità.

Malgrado questo, alcuni templi pagani furono chiusi con la motivazione che i rituali eseguiti in quei santuari contraddicevano le norme morali cristiane. Inoltre, era proibito l’uso di fondi pubblici per la costruzione di templi pagani. I soldati cristiani erano tenuti a partecipare alle funzioni religiose della domenica, mentre i soldati pagani erano obbligati a recitare una preghiera monoteista, anche se non era rivolta al Dio cristiano. Nel 321, la domenica fu dichiarata giorno di riposo obbligatorio per tutti i sudditi.

Costantino incoraggiò la conversione degli ebrei al cristianesimo, ma dissuase, dietro minaccia di punizioni, la conversione dei cristiani all’ebraismo. Proibì le crocifissioni e i combattimenti tra gladiatori. Furono emanate anche delle leggi per proteggere la vita dei bambini e i diritti dei celibi (erano discriminati rispetto agli sposati), influenzate dal modo in cui la religione cristiana considerava l’essere umano come individuo. Roldanus osserva che tali misure "non ebbero un effetto immediato", ma che "il risultato portò, comunque, a una graduale umanizzazione della società".[3] Costantino governò convinto di essere uno strumento nelle mani di Dio, destinato a salvare l’impero e a cristianizzarlo, oltre che a mantenere l’unità della Chiesa e a depurarla da ogni eresia.

Il Concilio di Nicea 
Consigliato dal vescovo Osio di Cordoba, nel 325 Costantino convocò il primo Concilio ecumenico della Chiesa a Nicea (oggi Iznik, una città della Turchia). L’imperatore era già intervenuto in precedenza negli affari interni della Chiesa, sia nel Concilio lateranense (313), dove fu condannato il movimento scismatico dei donatisti, sia nel Concilio di Arles (314). Insoddisfatto dei risultati di questi due concili, Costantino prese personalmente le decisioni che riteneva necessarie per mantenere l’ordine nell’impero, anche se queste concernevano la Chiesa.

"Il primo concilio ecumenico fu un’invenzione del primo imperatore cristiano e avrebbe dovuto rispondere ai suoi desideri di unità e pace",[4] afferma Roldanus. Oltre 300 vescovi cristiani, convocati a Nicea, affrontarono l’eresia ariana, promossa da Ario, un presbitero di Alessandria d’Egitto. Ex discepolo di Luciano di Antiochia, Ario sosteneva che Gesù Cristo non avesse una natura eterna, ma fosse stato creato da Dio Padre e quindi era da considerarsi inferiore a lui. Nonostante la scomunica della Chiesa, Ario raccolse un notevole sostegno tra le figure più in vista del cristianesimo dell’epoca.

I disaccordi interni alla Chiesa scontentarono profondamente Costantino, che nel 324 scrisse ad Ario e agli oppositori dell’eresia, esortandoli a trovare una rapida soluzione a quella che l’imperatore considerava una questione di minore valenza, ma abbastanza significativa e tale da causare confusione tra i laici. "Ridatemi indietro i miei giorni tranquilli e le mie notti spensierate",[5] affermava Costantino nella sua lettera. Tuttavia, non si trovò una soluzione e le tensioni derivanti dall’arianesimo si acuirono. Di conseguenza, l’imperatore decise di convocare i rappresentanti della Chiesa cristiana a Nicea e, nel suo discorso di apertura del concilio, parlò ai vescovi della necessità della pace e di come i dissensi interni fossero peggiori della guerra o delle catastrofi.

Pur non avendo presieduto il concilio, Costantino fu presente durante i dibattiti e intervenne ripetutamente. Il concilio condannò l’eresia ariana e affermò che la natura di Cristo è consustanziale a quella di Dio Padre. A Nicea fu formulato il Credo niceno, che sarebbe poi stato rivisto durante il Concilio di Costantinopoli, rimanendo invariato fino a oggi. A Nicea, inoltre, i delegati stabilirono le regole per determinare la data della celebrazione della Pasqua. Lo storico Peter Brown osserva che, grazie all’organizzazione di questo concilio, Costantino "permise alla Chiesa cristiana di definire se stessa per la prima volta come detentrice privilegiata di una legge universale".[6]

Una figura controversa 
Costantino rimane una figura controversa sia nella storia della Chiesa ch in quella secolare. Sebbene sia venerato come santo dalla Chiesa ortodossa (celebrato ogni anno il 21 maggio), alcuni storici criticano la sua conversione come una mossa politicamente opportunistica piuttosto che dovuta a un genuino interesse per la cristianità. Già nel V secolo, alcuni storici cristiani lo etichettarono frettolosamente come isapostolos, cioè "uguale agli apostoli". In modo simile, lo storico Paul Keresztes considera Costantino "un vero grande imperatore cristiano e un autentico apostolo della Chiesa cristiana".[7]

L’immagine positiva di Costantino, che la Chiesa ha dipinto e conservato, illustra il motivo per cui si decise che gli imperatori successivi sarebbero diventati i "nuovi Costantini". Nel corso degli undici secoli della storia bizantina, ci sono stati altrettanti imperatori che hanno portato il nome di "Costantino". Tuttavia, sono molti [8] quelli che confutano l’idea di Costantino come figura religiosa. Lo storico Joseph Vogt, uno dei più rinomati esperti di storia romana del ‘900, ha affermato che l’imperatore Costantino "rimase estraneo alle più grandi profondità del credo cristiano". Alistair Kee, professore emerito di studi religiosi all’Università di Edimburgo, ritiene che la religione di Costantino non fosse intima, anche se era "fanaticamente impegnato in essa". L’accademico e teologo britannico Henry Chadwick ha osservato che "la sua [di Costantino] comprensione della dottrina cristiana non è mai stata molto chiara". I critici di Costantino sottolineano che egli promosse il culto del dio Sole accanto al cristianesimo, e le monete che raffigurano l’immagine di questa divinità furono coniate nell’impero fino al 322.

Un regno con un impatto di vasta portata… 
La Chiesa, perseguitata nei secoli precedenti, durante il regno di Costantino compì un passo decisivo per la sua evoluzione. La protezione dell’imperatore trasformò la Chiesa cristiana "da culto minoritario e perseguitato a religione maggioritaria consolidata e lo Stato pagano dell’antichità classica si trasformò in un impero cristiano".[9] Tutto questo plasmò le sue credenze e le pratiche a tal punto che, come dice lo storico Charles Matson Odahl, la Chiesa si preparò poi per resistere alle invasioni barbariche e agli sviluppi politici della tarda antichità e del Medioevo.

La tolleranza di Costantino nei confronti delle religioni pagane (rispetto alle politiche dei suoi predecessori verso i cristiani) non comportò misure coercitive contro i pagani. Tuttavia, promosse delle misure che spianarono la strada al declino del paganesimo. Pur non essendo altrettanto devoti al Cristianesimo, i successori di Costantino seguirono in qualche modo le sue orme, fino al culmine del bando del culto pagano per legge nel 391.

Le opinioni possono divergere sulla misura in cui, durante il regno di Costantino, gli interessi politici si fusero con le preoccupazioni religiose. Ciononostante, la sua eredità, trasmessa alle Chiese orientali e occidentali, ha esteso la sua influenza ai "Paesi dell’Europa moderna e alle loro propaggini politiche e culturali in tutto il mondo".[10] Secondo Odahl, i concetti di teocrazia imperiale tra gli imperatori bizantini e di teocrazia regale tra i re dell’Europa occidentale sono stati influenzati dal ruolo politico-religioso assunto da Costantino.

L’intervento di Costantino nella controversia ariana aiutò la Chiesa a definire le proprie dottrine e a formulare una dichiarazione di fede che è rimasta sostanzialmente inalterata fino ai giorni nostri. Il processo di definizione del canone del Nuovo Testamento fu influenzato dal sostegno dell’imperatore alla moltiplicazione e alla diffusione dei manoscritti biblici, mentre l’intensa edificazione di chiese solidificò una tradizione le cui influenze architettoniche si sentono ancora oggi.

La valutazione di Costantino non dovrebbe basarsi su quello che non riuscì a compiere (alcuni critici gli rimproverano di non essere riuscito a rompere del tutto con le vecchie usanze imperiali), ma piuttosto su ciò che realizzò, segnando un punto di svolta nella storia di Roma e della Chiesa con effetti di vasta portata nei secoli che seguirono.

Note 
[1] Johannes Roldanus, The Church in the Age of Constantine. The Theological challenges (La Chiesa nell’età di Costantino. Le sfide teologiche), Routledge, 2006, p. 41. 
[2] Peter Brown, The Rise of Western Christendom: Triumph and Diversity (L’ascesa della cristianità occidentale: trionfo e diversità), Wiley-Blackwell, 2013, p. 45. 
[3] Roldanus, Op. cit., p. 42. 
[4] Ivi, p. 80. 
[5] Citato in Hans A. Pohlsander, L’imperatore Costantino, Routledge, 1996, p. 50. 
[6] Brown, Op. cit., p. 34. 
[7] Pohlsander, Op. cit. p. 90. 
[8] Le seguenti citazioni sono tratte da Pohlsander, Op. cit., p. 93. 
[9] Charles Matson Odahl, Costantino e l’impero cristiano, Routledge, 2004, p. 250. 
[10] Ibidem.

[Fonte: st.network. Traduzione: V. Addazio]

 

 

 

 

 

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