L’effetto domino di Enrico
10 Novembre 2023

Spinto dal desiderio di assicurarsi un erede al trono, Enrico VIII scatenò un effetto domino che alla fine avrebbe cambiato il volto dell’America e del mondo.

Norel Iacob – Mettendosi a capo della Chiesa d’Inghilterra, Enrico VIII è stato il primo monarca europeo a negare, riuscendoci, la supremazia papale e il primo ad assumere la carica di capo della Chiesa. Una terza innovazione riguardava la natura della sua riforma ecclesiastica. Enrico VIII era contemporaneo di Lutero e di altri riformatori protestanti, ma "il protestantesimo non causò né fu raggiunto" dalla separazione della Chiesa d’Inghilterra dal Vaticano. Nel lungo periodo, tuttavia, "la negazione dell’autorità papale da parte di Enrico VIII fu probabilmente indispensabile per l’emergere finale del protestantesimo".[1]

L’aspetto più importante oggi, comunque, è il gesto di Enrico che mise in moto un effetto domino dall’esito notevole: il pluralismo religioso dell’America e la separazione tra Chiesa e Stato nel Nuovo Mondo. In altre parole, la libertà religiosa che caratterizza l’America oggi, e influenza il pianeta intero, trova le sue radici storiche negli eventi dell’Inghilterra di Enrico VIII.

Il grande problema del re 
Enrico era sposato con la principessa spagnola Caterina d’Aragona, vedova del fratello Arturo. Il matrimonio, che sembrava esprimere un’alleanza politica, aveva ricevuto una dispensa papale[2] e inizialmente non mancava di intensità.[3] All’età di 40 anni, però, la regina aveva avuto quattro aborti e perso un bambino nei primi giorni di vita. L’assenza di un erede si faceva sentire e, sebbene Caterina avesse dato alla luce una figlia (la futura regina Maria Tudor), Enrico non ripose le sue speranze in una simile successione.

Nel frattempo, l’alleanza con la Spagna non appariva più una buona idea, e il pio Enrico era sempre più ossessionato dal pensiero che la mancanza di un erede fosse dovuta alla natura contraria ai precetti biblici del suo matrimonio con Caterina.[4] Inoltre, Enrico amava Anna Bolena [5] e il fatto che voleva fosse sua moglie a tutti i costi, quando avrebbe potuto facilmente tenerla come amante,[6] dimostra che non è stata la passione a spingerlo sulla via del divorzio, ma la necessità di garantire la continuità dinastica.

Da “Difensore della fede” a scismatico 
La lealtà di Enrico al cattolicesimo era indiscutibile. Nel 1521 gli fu persino conferito dal papa il titolo di “Difensore della fede” per la sua confutazione teologica verso Martin Lutero. Ottenere l’approvazione del pontefice per il divorzio avrebbe dovuto essere cosa semplice. Caterina d’Aragona, però, era la zia dell’imperatore Carlo V e papa Clemente VII lo temeva. Così, Clemente rifiutò la richiesta di divorzio di Enrico e lo avvertì che sarebbe stato scomunicato se si fosse risposato.

Ma il re d’Inghilterra non poteva tornare indietro. Thomas Cranmer, che era a favore del divorzio reale, fu consacrato arcivescovo di Canterbury e poco dopo dichiarò nullo il matrimonio del monarca con Caterina, convalidando così le sue nozze con Anna Bolena, già incinta. Nel giugno 1533, Anna fu incoronata regina d’Inghilterra e il 7 settembre diede alla luce Elisabetta Tudor (la futura regina Elisabetta I).

Nel 1534, le macchinazioni politiche di Enrico furono completate con l’approvazione di diverse leggi. L’Atto di Successione assicurava che la corona passasse a suo figlio. L’Atto di Supremazia lo rese capo supremo della Chiesa e la Legge sul Tradimento stabiliva la pena di morte per chiunque negasse la sua supremazia. Seguendo quest’ultimo atto, Enrico giustiziò il suo migliore amico, Sir Thomas More. L’unione di Chiesa e Stato nella sola persona del re diede vita a un regime repressivo ancora più duro di quello medievale. Si è detto che l’immagine di sé del monarca come "arbitro" della Chiesa avrebbe potuto facilmente trasformarsi in una forma di paranoia.[7] Nel 1539, per esempio, nello stesso giorno mandò al rogo tre protestanti e altrettanti cattolici fedeli al papa, per dimostrare la sua imparzialità

Enrico è stato un riformatore? 
Enrico VII era un devoto cattolico che voleva preservare il cattolicesimo nella nuova Chiesa d’Inghilterra; le sue riforme basilari furono una conseguenza naturale della rottura con Roma: abolì le preghiere al papa, i monasteri (dai quali acquisì vaste proprietà e ricchezze), la venerazione dei santi (che includeva pellegrinaggi e reliquie) e il culto di icone o oggetti sacri. Al loro posto, posizionò una copia inglese della Bibbia in ogni chiesa, ma quando i fedeli mostrarono grande interesse nel leggerla, il re ne temette le conseguenze e limitò le possibilità di accesso alla Bibbia alla gente comune.

In termini dottrinali, la Chiesa d’Inghilterra fu plasmata sulla base delle credenze del re che nessuno osava contraddire. Di conseguenza, la teologia era “sia fluida che unica…. La fede personale idiosincratica di Enrico ha portato a una peculiare teologia ufficiale”.[8] Quando cercò il sostegno dei luterani tedeschi contro i regni cattolici che lo minacciavano di invasione, Enrico favorì temporaneamente alcune idee luterane, ma la sua chiesa scismatica non divenne mai protestante. 
Il protestantesimo avrebbe trovato dei sostenitori solamente nei suoi discendenti, Edoardo ed Elisabetta.

Enrico non è stato di per sé un riformatore, ma la sua battaglia per avere un erede ha posto le basi di un profondo cambiamento in Inghilterra. Nell’ultima fase del suo regno, nel Paese c’erano già gruppi interessati alle idee di Lutero, Zwingli, Calvino, Bucer e degli Anabattisti. La diversità religiosa aveva così permeato l’Inghilterra, fino ad allora uno dei Paesi cattolici più devoti: le rappresaglie del re non potevano più impedire alle idee protestanti di diffondersi in tutta l’isola e nel Nuovo Mondo grazie ai coloni inglesi.

(Norel Iacob è direttore di Signs of the Times Romania ST Network)

Note 
[1] D. Trim, “The Break from Rome” (La rottura con Roma), in Liberty Magazine, gennaio-febbraio 2009. 
[2] La dispensa papale era necessaria perché Caterina si era già sposata prima. 
[3] D. G. Newcombe, Henry VIII and the English Reformation (Enrico VIII e la riforma inglese), Londra, Routledge, 1995, pp. 22, 23. 
[4] “Se uno prende la moglie di suo fratello, è una impurità; egli ha scoperto la nudità di suo fratello; non avranno figli” (Levitico 20:21). 
[5] Diciassette lettere del re ad Anna Bolena sono raccolte in Vaticano. Mostrano la passione di Enrico per la futura regina, che ha giustiziato tre anni dopo il matrimonio. 
[6] Come altri monarchi europei, Enrico VIII aveva numerose amanti, tra le quali la sorella di Anna, Maria Bolena. 
[7] J. Guy, The Tudors, Oxford University Press, 2000, p. 41. 
[8] D. Trim, “The Beginnings of Religious Diversity” (Gli inizi della diversità religiosa), in Liberty Magazine, marzo-aprile 2009.

[Fonte: st.network. Traduzione: V. Addazio]

 

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