Dora Bognandi – Caro Presidente, il mondo in questi giorni è in trepidazione per la sua salute e si augura che anche questa volta lei riesca a uscire vittorioso. Già, vittorioso! Ha avuto tanti successi nella sua lunga vita, pur avendo sofferto molto.
Non so se questa volta dovrà arrendersi, ma vorrei ringraziarla per il coraggio, la forza, la determinazione con cui ha difeso il suo popolo sfruttato ed emarginato. Lo ha fatto senza pensare al suo vantaggio personale, anche se ne aveva la possibilità, ben consapevole di quanto inumano fosse il carcere per un africano nelle patrie galere, ma non ha voluto barattare la sua personale libertà con la negazione delle sue idee.
Grazie perché, una volta liberato dopo 27 anni, non pensò a vendicarsi. Vittorioso alle elezioni che la nominarono Presidente della Repubblica, volle come vice il suo rivale bianco, Frederik de Klerk, per ricostruire il Paese devastato da tanto odio. Lei era convinto che ogni persona dovesse recuperare la propria dignità perduta e per questo bisognava puntare sull’educazione, che per lei era “il grande motore dello sviluppo personale. È grazie all’educazione che la figlia di un contadino può diventare medico, il figlio di un minatore il capo miniera, un bambino nato in una famiglia povera il presidente di una grande nazione. Non ciò che ci viene dato, ma la capacità di valorizzare al meglio ciò che abbiamo è ciò che distingue una persona dall’altra”. Ma era anche convinto che non ci sarebbe stato progresso senza sanare il passato e, partendo dalla sua fede metodista, contribuì a pacificare il Paese istituendo la Commissione per la Verità e la Riconciliazione che affidò alla guida del vescovo anglicano Desmond Tutu.
Vorrei ricordarla per molte altre cose ancora, ma mi permetta un ultimo ringraziamento. Grazie perché, nonostante il meritatissimo Premio Nobel e tanti altri premi, si mantenne umile e conscio della propria fragilità umana fino a concludere la sua autobiografia (Long Walk to freedom) con questa straordinaria affermazione: “Quando sono uscito di prigione, questa era la mia missione, liberare sia gli oppressi che l’oppressore. Qualcuno dice che lo scopo è stato raggiunto. Ma io so che non è questo il caso. La verità è che noi non siamo ancora liberi; abbiamo soltanto conquistato la libertà di essere liberi, il diritto a non essere oppressi. Non abbiamo ancora compiuto l’ultimo passo del nostro viaggio, ma il primo di un lungo e anche più difficile cammino. Per essere liberi non basta rompere le catene, ma vivere in un modo che rispetti e accresca la libertà degli altri. Il vero test della nostra fedeltà alla libertà è solo all’inizio. Ho percorso questo lungo cammino verso la libertà. Ho cercato di non vacillare; ho compiuto passi falsi. Ma ho scoperto il segreto che, dopo avere scalato una collina, si capisce che ce ne sono ancora molte altre da scalare. Mi sono preso un momento di riposo, per dare un’occhiata alla vista che mi circonda, per guardare indietro alla strada che ho fatto. Ma posso riposare solo per un momento, perché con la libertà vengono anche le responsabilità, e mi preoccupo di non indugiare, perché il mio lungo cammino non è ancora finito”.
[foto: Nelson Mandela; Author=http://www.sagoodnews.co.za/ South Africa The Good News]