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Le parole con cui Riccardo C. ha raccontato la strage di Paderno Dugnano sono state lucide e attente. Una volta a letto dopo la festa «sono rimasto sveglio. Ho aspettato che tutti si addormentassero». Poi ha raggiunto la cucina al piano terra della villetta. Ha preso un coltello «per la carne», dal manico nero e lungo una ventina di centimetri. «Lorenzo era nel letto, dormiva, l’ho colpito», anche se «pensavo che una coltellata sarebbe bastata a uccidere. Poi mi sono reso conto che non era così». E allora ha continuato a colpirlo tra le urla, finché non sono arrivati i genitori. «Mio padre mi ha urlato di chiamare i soccorsi». Ma quando lui ha varcato l’uscio della camera, Riccardo C. lo ha colpito «la prima volta alle spalle». Ha ucciso anche la madre. Poi è andato a conficcare il coltello nel cuscino della sua camera (da “Open” del 3-9-2024).
Quello che sconcerta l’opinione pubblica è l’assenza di un vero movente e la mancanza di evidenti segnali di disagio, sia di tipo sociale che di tipo relazionale all’interno della famiglia di Riccardo. Su questa dolorosa vicenda, e sugli spunti che essa offre sul delicato rapporto tra le generazioni, abbiamo voluto raccogliere il parere dello psichiatra e psicoterapeuta Giovanni Varrasi, intervistato in diretta il 3-9-2024 da Claudio Coppini e Roberto Vacca.