La Chiesa cristiana avventista auspica un intervento degli organi di garanzia costituzionale al fine di vagliare i diversi profili problematici della normativa
Davide Romano – La legge n. 2, approvata il 27 gennaio 2015 dal Consiglio Regionale della Lombardia, che reca sensibili modifiche a un’altra legge regionale di governo del territorio (12/2005), come è già stato detto da molti autorevoli commentatori, presenta molti limiti, forse anche di dubbia costituzionalità, e alcuni paradossi.
La natura delle modifiche introdotte alla precedente disciplina regionale tradisce, almeno in parte, il vero obiettivo di questa continua ansia che ha spinto la Regione Lombardia a intervenire per ben tre volte in dieci anni, in termini davvero poderosi, su questioni relative al governo del territorio e all’urbanistica. Si tratta non tanto o non solo dell’Expo, come magari si sarebbe inclini a credere, ma della smania di normare ai limiti dell’inverosimile la nascita di luoghi di culto, in funzione anti-islamica – dicono in tanti – ma in realtà contro tutte le minoranze.
Già la precedente legge regionale del marzo 2005 era stata modificata, all’art. 52, con quel velenoso comma 3 bis nel 2006, con il quale si statuiva che ogni cambiamento di destinazione d’uso riguardante immobili destinati a diventare luoghi di culto, anche non comportanti la realizzazione di opere edilizie, erano comunque assoggettate a licenza edilizia, complicando quindi notevolmente il cambiamento di destinazione d’uso di edifici non originariamente costruiti come luoghi di culto.
Ma le nuove modifiche introdotte mediante la legge del 27 gennaio del 2015 peggiorano molti articoli di quel testo, andando a incidere profondamente sulla libertà religiosa di tutte le confessioni.
Si introduce, ad esempio, una “consulta regionale” per il rilascio del parere preventivo sulla conformità dei culti senza intesa a determinati requisiti; si prevedono consultazioni popolari sulla predisposizione dei piani che dovranno assegnare le zone di pertinenza per la nascita di nuovi luoghi di culto; con esiti prevedibili; si prescrivono pertinenze esterne adibite a parcheggio di proporzioni notevolissime; si prescrive che gli oneri di adeguamento delle strade nelle nuove aree sulle quali nasceranno attrezzature religiose siano a carico dei richiedenti.
Una simile normativa non potrà che scoraggiare diversi gruppi religiosi, portandoli a rinunciare a un luogo di culto ufficiale per ripiegare nella clandestinità, come già accade, con grave nocumento per i diritti che la Costituzione delinea a vantaggio di tutte le espressioni religiose. Oltretutto, essa agisce contrariamente all’interesse sociale e anche politico, che sarebbe quello di far convivere tutte le religioni nella pubblica agorà, evitando pericolose enclave settarie, potenzialmente violente.
La Chiesa cristiana avventista auspica un intervento degli organi di garanzia costituzionale al fine di vagliare i diversi profili problematici del dispositivo, visto che sul piano della volontà politica dell’Assemblea Regionale non sembrano attualmente esserci le condizioni per immaginare ripensamenti.