Nel weekend dal 17 al 19 ottobre, nel suggestivo contesto di Casuccia Visani, a Poppi (AR), si è svolto l’VIII Convegno nazionale avventista sulla relazione d’aiuto, dal titolo “La gestione della violenza. Tra ideazione e agito nella relazione d’aiuto”. Organizzato dal Dipartimento Ministeri della Famiglia (MAF), l’evento era rivolto a tutti i professionisti che lavorano in questo ambito: psicologi, counselor, assistenti sociali, educatori, insegnanti e figure sanitarie.
Professionisti provenienti da ambiti psicologici, educativi, sanitari, sociali e teologici si sono confrontati su un tema cruciale e spesso sottovalutato: la violenza come espressione del disagio e come sfida per chi opera nella cura dell’altro.
Attraverso relazioni, attività esperienziali, cineforum e dibattiti, il convegno ci ha offerto uno spazio di riflessione profonda su una delle tematiche più attuali per rilevanza sociale e incidenza nei fatti di cronaca.
La dott.ssa Elisa Severi, psicologa e psicoterapeuta, con esperienza in consultori, servizi sociali e tribunali, ha aperto i lavori con una riflessione sul legame tra lutto e violenza. L’atto aggressivo, ha spiegato, è spesso una risposta all’impotenza generata dalla perdita, amplificata da contesti istituzionali rigidi e silenzianti.
La dott.ssa Mirela Pascu, psicologa e formatrice, ha analizzato le dinamiche relazionali attraverso il Triangolo Drammatico di Karpman, evidenziando come l’operatore possa essere intrappolato nei ruoli di vittima, persecutore o salvatore, con conseguenze disfunzionali per la relazione d’aiuto.
Il dott. Jean Pierre Caruso, infermiere coordinatore con esperienza in ospedali e RSA, ha presentato dati significativi: il personale sanitario è esposto a un rischio di aggressione 16 volte superiore rispetto ad altri settori. Le cause principali? Sovraffollamento, carenza di personale e formazione insufficiente sulla gestione delle crisi.
Tra le soluzioni proposte, Caruso ha illustrato il progetto “Dignità in azione” per prevenire il maltrattamento interno, e l’adozione di terapie non farmacologiche per ridurre la contenzione nei pazienti affetti da Alzheimer, trasformando l’ambiente di cura in uno spazio più umano e sicuro.
La prof.ssa Antonietta Fantasia, insegnante ed educatrice, ha sottolineato come la violenza sia spesso un linguaggio del disagio. L’educatore, ha affermato, deve agire come mediatore, aiutando a trasformare l’impulso aggressivo in una richiesta di aiuto verbale.
La dott.ssa Luisa Lapolla, assistente sociale e funzionario presso la Prefettura, ha posto l’accento sull’importanza dell’assertività e della comunicazione non ostile come strumenti per stabilire confini sani e prevenire l’escalation della violenza nelle relazioni sociali.
Infine, Saverio Scuccimarri, teologo, decano e pastore avventista, ha offerto una lettura teologica della violenza subita dall’operatore, paragonandola alla croce di Cristo. Attraverso poi l’episodio biblico della lotta di Giacobbe, ha mostrato come colui che all’inizio percepisce come violenza l’aiuto altrui (quello offertogli dall’angelo) possa poi non volerne fare a meno.
Particolarmente toccante poi è stata la visione del film “Magdalene”, vincitore del Festival di Venezia del 2002, che ci ha portato a fare i conti con un mondo della relazione d’aiuto piuttosto distorto, fatto di operatori essi stessi artefici di violenza.

In conclusione, al termine del convegno, ci siamo dati appuntamento al prossimo anno, non prima di aver ribadito l’importanza dell’uso etico del potere e della costruzione di reti di supporto e che, la violenza, se affrontata con competenza e umanità, può essere trasformata da energia distruttiva a risorsa di crescita, sia per il professionista sia per la comunità
Sara Di Tommaso e Mimmo Scuccimarri
[Foto pervenute dai MAF]











