“Mardocheo… cercò sempre la pace e la prosperità del suo popolo. Fu amato e stimato da tutti i suoi fratelli” (Ester 10:3, TILC).
Mardocheo, scampato all’impiccagione, si trova a rivestire il ruolo di primo ministro alla corte del re Assuero. Ha in dosso abiti raffinati (Ester 8:15) e al dito l’anello con il sigillo reale, con il quale ha firmato le numerose lettere inviate nei diversi territori del regno per consentire ai Giudei di prendere le armi e difendersi dai loro aggressori, nel giorno destinato al loro massacro (9:1). Lo sterminio è stato scongiurato, anche se le azioni difensive hanno portato molto spargimento di sangue. Da ora in poi Mardocheo sarà un operatore di pace.
“Cercare la pace”, “avere parole di pace”, “parlare per la pace”, sono termini utilizzati nelle diverse traduzioni della Bibbia per dare conto dell’opera di Mardocheo. Come diventare operatori di pace? E cosa intendiamo con “pace”? Ilaria Buccioni afferma che fra i miti duri a morire “quello della pace come bontà, come armonia, come volersi bene è uno dei più resistenti. […] è un mito sostanzialmente autodistruttivo che contiene al suo interno un’impossibilità operativa che lo rende del tutto inutile sul piano pratico e storico”.[1] La sfida “è quella di accettare che il concetto di pace contenga in sé anche quello di conflitto, in quanto permette di mantenere la relazione anche nella divergenza”.[2]
Il concetto di conflitto va però ben distinto da quello di violenza. Infatti, Daniele Novara sottolinea che, mentre la violenza cerca il “danneggiamento intenzionale dell’avversario per creare un danno irreversibile” e “la volontà di risolvere il problema, eliminando chi porta il problema stesso”, il conflitto è da intendersi come “contrasto, divergenza, opposizione, resistenza critica senza componenti di dannosità irreversibile” in cui vi è l’intenzione di mantenere il rapporto anche se la “relazione è faticosa e problematica”.[3]
Il conflitto soffocato, negato, compresso però può sfociare facilmente in episodi di violenza in cui la dimensione della contrattazione si riduce drasticamente e le parti in causa di polarizzano, senza trovare una via d’uscita. Il conflitto invece deve essere accolto, afferma Nanni Salio, come “una condizione esistenziale ineliminabile che caratterizza tutti gli esseri umani e che può sfociare tanto nella crescita creativa e costruttiva di tutte le parti coinvolte, quanto in una situazione negativa, drammaticamente distruttiva”.[4] In questo senso la nonviolenza diventa “la capacità di trasformazione costruttiva e creativa dei conflitti”.[5]
I conflitti possono avere una dimensione personale, relazionale, strutturale e culturale. Per diventare costruttori di pace (peacebuilding) quindi dobbiamo tenere conto dei vari livelli del conflitto che si intersecano tra di loro, non ultimo il livello personale che risiede nell’intimo del nostro cuore.
A volte facciamo fatica ad accettare la diversità dell’altro perché in fondo non accettiamo la diversità che troviamo dentro di noi. Ci sentiamo inadeguati, confrontandoci con gli standard più alti ai quali aspiriamo, o poco accolti perché non abbiamo trovato riconoscimento e apprezzamento nel nostro contesto familiare, nell’ambito lavorativo o in quello ecclesiastico.
“Partiamo così da una dimensione di conflittualità interiore che riguarda la non accettazione di sé per riportarla sui piani intermedi (famiglia, lavoro, scuola, condominio…)”.[6] Abbiamo però il privilegio di andare dal Maestro per gettare paure, rabbia, delusioni ai suoi piedi prima che diventino distruttive per chi ci sta intorno e ricevere quella pace intima e profonda che non troveremmo altrove, l’unica capace di trasformarci davvero in “operatori di pace”. Allora saremo chiamati figli e figlie di Dio! (Matteo 5:9).
Tamara Pispisa
Note
[1] I. Buccioni, “Le competenze comunicativo-emotivo-relazionali nella trasformazione del conflitto”, in Consorti, Valdambrini, Gestire i conflitti interculturali ed interreligiosi, approcci a confronto, Pisa University Press, p. 38.
[2] Ibidem.
[3] D. Novara, “Il conflitto come risorsa nelle relazioni” in Consorti, Valdambrini, Op. cit., p. 89.
[4] N. Salio, “La trasformazione non violenta del conflitto secondo il metodo Transcend” in Consorti, Valdambrini, Op. cit., p. 116.
[5] Ivi, p. 117.
[6] I. Buccioni, Op. cit., p. 33.
[Fonte: Il Messaggero Avventista, dicembre 2025]
[Immagine: © Photoking, Dreamstime.com]







