Le benedizioni di Dio non sempre arrivano in confezioni perfette.
Devo farvi una confessione: “Ho ucciso un serpente”.
Questa notizia potrebbe farvi piacere o rabbrividire, in base alla vostra sensibilità. Quelli di voi che hanno tanta paura dei serpenti saranno forse contenti. Invece, chi sa bene che questi rettili non sono tutti pericolosi, potrebbe provare sgomento. Perché ricorrere a un gesto così estremo?
Prima di giudicarmi, però, lasciate che racconti l’intera storia.
È successo all’inizio della primavera, pochi mesi dopo che mia moglie e io ci eravamo trasferiti nella nostra nuova casa. Con noi c’erano alcuni parenti arrivati dall’estero. Mentre parlavamo in giardino, abbiamo visto un enorme serpente nero arrotolato in un angolo, proprio vicino al muro della camera degli ospiti. I miei familiari erano terrorizzati.
Il caldo, il panico e l’ambiente sconosciuto hanno destato l’istintiva paura. La mia famiglia proviene dall’Africa ed è abituata ad associare i serpenti al pericolo. Infatti, mia nonna è sopravvissuta per un soffio al morso di un mamba nero che può uccidere in poche ore. Il rettile davanti a noi era di colore scuro e somigliava al serpente africano. Così abbiamo preso una decisione improvvisa: l’animale doveva sparire. Ho afferrato il bastone più grande che avevo a portata di mano, l’ho colpito al collo e l’ho ucciso.
La realtà fa male
Poi ho scoperto la verità. Quel rettile non era una minaccia, si trattava di un serpente dei ratti, una specie innocua e non velenosa, che uccide le serpi pericolose (tra cui i “testa di rame”); si nutre anche di roditori, come i ratti (di cui ho una gran paura). In questo modo, contribuisce a mantenere l’equilibrio degli ecosistemi. I serpenti dei ratti sono utili. In effetti, la stragrande maggioranza dei serpenti nel mondo non è velenosa e non rappresenta una minaccia per l’uomo.
Nel tentativo di proteggere la mia famiglia, avevo distrutto la nostra protezione. E da allora non ho smesso di pensarci.
Questa esperienza mi è sembrata una parabola, una lezione pratica creata su misura per me e il mio cammino con Dio.
In quanto avventisti, siamo giustamente cauti nel definire buono ciò che è male. Evitiamo i compromessi e ci guardiamo dall’annacquare le verità bibliche. Dobbiamo continuare a farlo, come dice Isaia 5:20. Ma nel nostro zelo dimentichiamo forse l’altra parte dell’avvertimento di Isaia: “Guai a coloro che chiamano… male il bene”.
A volte le nostre paure e ansie ci tradiscono. Etichettiamo come pericoloso ciò che Cristo approva. Come i discepoli che videro qualcuno scacciare i demoni nel suo nome e cercarono di fermarlo perché non seguiva Gesù nel modo in cui immaginavano. Ma il Maestro disse loro: “Non glielo vietate, perché chi non è contro di voi è per voi” (Luca 9:50). Rifiutiamo ciò che è sconosciuto, scomodo o dirompente, senza renderci conto che Dio è all’opera attraverso questi mezzi.
Le benedizioni divine non sempre arrivano in una confezione perfetta. Potreste riceverle da un predicatore che non è di vostro gradimento, o da una lezione impartita da qualcuno che ha opinioni politiche o teologiche diverse dalle vostre. Potrebbe essere una benedizione nascosta nel mezzo di una prova, o in una conversazione difficile che vi costringe ad affrontare le vostre paure. Potrebbe trattarsi di una porta chiusa che reindirizza il vostro cammino, o di una perdita devastante che alla fine si rivelerà un bene per voi.
Cosa accadrebbe se il messaggio del vangelo fosse visto come una minaccia? E se, come gli Israeliti biblici nel deserto, ci rifiutassimo di guardare il serpente di bronzo (cfr. Numeri 21:9), proprio quello che potrebbe salvarci, perché ci sembra sciocco, offensivo o pericoloso?
A volte Dio manda un innocuo serpente dei ratti per ricordarci che non tutte le minacce sono ciò che sembrano.
David Buruchara, psicoterapeuta clinico statunitense.
[Fonte: adventistreview.org/. Traduzione: Lina Ferrara]
[Immagine di copertina: tdfugere su pixabay.com]







