Un’opportunità per sensibilizzare, ridurre lo stigma e offrire speranza. I consigli di un neuropsicologo su come identificare i segnali di rischio e offrire aiuto.
Ogni anno, settembre si colora di giallo per la campagna dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) dedicata alla prevenzione del suicidio. È anche l’occasione per aumentare la consapevolezza sulla salute mentale. Creata nel 2015, l’iniziativa mira a rompere gli stigmi, ampliare il dialogo e incoraggiare le persone a cercare e offrire aiuto. Inoltre, vuole suscitare un movimento che valorizza la vita, un’esigenza urgente di fronte a numeri allarmanti.
Secondo l’OMS, ogni anno nel mondo più di 720.000 persone si tolgono la vita, ed è la terza causa di morte tra i giovani dai 15 ai 29 anni. Nel nostro Paese, si registrano circa 300 suicidi al mese, come ha riferito quest’anno Telefono Amico Italia in occasione del 10 settembre, Giornata mondiale per la prevenzione del suicidio, con un tasso di mortalità di 0,40 ogni 10.000 abitanti, il valore più elevato dal 2015. Ciò riflette una crescente preoccupazione per la salute mentale e la necessità di rafforzare le politiche di prevenzione.
Alla luce di questi dati, pubblichiamo l’intervista a Felipe de Novaes Coelho, specializzato in neuropsicologia e terapia cognitivo-comportamentale, che coordina il corso di laurea in psicologia presso la Facoltà avventista di Minas Gerais (Brasile), a cura di Isabella Anunciação e pubblicata sul sito noticias.adventistas.org/es.
Anunciação: Esiste lo stigma secondo cui parlare di suicidio possa incoraggiare questa pratica. La campagna Settembre Giallo è nata proprio per combattere questo mito. Come si può normalizzare l’argomento senza incoraggiare il rischio?
Coelho: Settembre Giallo è una campagna di valorizzazione della vita. La psicologia ha capito che dare risalto al suicidio non aiuta necessariamente a combatterlo. Quello che bisogna fare è parlare dell’importanza di vivere, di prendersi cura di se stessi e degli altri, di essere attenti ad ascoltare le persone che ci sono vicine, di essere attenti ai figli, ai familiari, affinché le persone possano avere dei modi per aiutare chi ne ha bisogno. Perché chi ricorre al suicidio non lo fa per mancanza di Dio o perché crede che vivere non valga più la pena. Molte volte è un’alternativa per ridurre il dolore, perché non si sopporta più il dolore che si prova, il dolore della propria esistenza.
Anunciação: L’OMS indica la depressione e l’abuso di sostanze come importanti fattori di rischio, ma ci sono anche influenze sociali, professionali e situazioni di abuso. I pensieri suicidi possono anche essere correlati alla vita quotidiana, come le abitudini, l’alimentazione e la nutrizione?
Coelho: Sì, possono essere correlati. Principalmente in relazione alle abitudini. Il sonno, per esempio, ha un ruolo fondamentale nella regolazione emotiva. Trascorrere una notte insonne aumenta di quasi il 30% le possibilità che una persona abbia una crisi d’ansia o che sia più ansiosa. Se sommiamo una serie di notti insonni, il rischio di ammalarsi può aumentare gradualmente.
Oltre a una buona qualità del sonno, anche un lavoro estremamente stressante può portare a pensieri suicidi. Una persona che non ha tempo per lo svago, per prendersi cura di sé, né individualmente né con la famiglia, non entra in contatto con gli amici, finisce per isolarsi da tutto e entra in un flusso che la fa ammalare. Questo può anche portare alla depressione.
Per quanto riguarda l’alimentazione e la nutrizione, dobbiamo anche fornire alcune indicazioni. Ad esempio, un basso livello di ferro o vitamina D può indurre uno stato in cui la persona si sente più stanca e depressa. Non necessariamente arriverà al punto di avere pensieri suicidi, ma in questa condizione si può generare un effetto a catena, che porta a svolgere meno attività che implicano, ad esempio, svago e relazioni sociali con le persone. A poco a poco, questo crea uno scenario favorevole alla depressione.
Prendersi cura dell’alimentazione e delle abitudini positive sono due strategie fondamentali affinché le persone siano longeve e in buona salute mentale.
Anunciação: Pensare alla morte è sempre negativo? Come possiamo capire quando questi pensieri diventano un segnale di allarme? Come possiamo sviluppare la consapevolezza di noi stessi in questo senso?
Coelho: Poiché si tratta di tre domande insieme, cercherò di rispondere separatamente. Prima domanda: “Pensare alla morte è sempre negativo?”. Devo dire di no. In alcuni approcci e discussioni di psicologia, utilizziamo persino la riflessione sulla brevità della vita come punto di partenza per percepire o pensare a ciò che è davvero importante. A volte, pensare alla fine delle cose ci aiuta a vederle con uno sguardo un po’ più sensibile, per prestare attenzione a ciò che è davvero importante, significativo. Quindi, a volte, pensare alla morte può essere un modo per vivere la vita con più determinazione e dedizione a ciò che conta veramente.
Per quanto riguarda l’identificazione dei momenti in cui questi pensieri possono essere un segnale di allarme, dobbiamo stare attenti quando iniziamo a pensare alla morte di fronte a qualsiasi frustrazione o cosa negativa, del tipo “vorrei non esistere, vorrei scomparire”. Quando questo tipo di reazioni compaiono davanti a situazioni semplici, è già un segnale di allarme. Un altro punto è quando questi pensieri sorgono facilmente e diventano anche costanti. Se la persona passa la giornata immaginando modi o scenari in cui potrebbe morire, anche questo è un grande segnale di allarme, perché indica che qualcosa non va bene.
Quando parliamo di sviluppare la consapevolezza di sé, la terapia è spesso l’alternativa migliore. Inoltre, parlare con amici e familiari può essere d’aiuto. Entrambi sono importanti: la percezione delle persone vicine può rivelare aspetti che non si notano, e lo psicologo, durante la terapia, può ampliare questa percezione di sé, aiutando a identificare pensieri, sentimenti e comportamenti legati alla depressione o all’ansia. Ciò contribuisce alla costruzione di strategie per imparare a gestire e affrontare emozioni e pensieri, senza lasciare che prendano il controllo o deprimano.
Anunciação: Quindi, essendo la terapia la migliore alternativa, come può il paziente sapere se questa è davvero efficace per affrontare i pensieri suicidi? E nel caso di un quadro depressivo, quali sono le possibili strade verso la guarigione?
Coelho: In primo luogo, affinché un paziente sappia se la terapia funziona, ci sono alcune domande che deve porsi. Mi impegno nel processo terapeutico, nelle attività che vengono proposte o discusse? Accetto il processo terapeutico come mio o affido questa responsabilità al terapeuta? Questo è un punto di partenza.
Ora, è fondamentale scegliere bene il professionista. Non tutti gli psicologi sono in grado di trattare un paziente a rischio di suicidio. I terapeuti con maggiore esperienza, studio e dedizione, che hanno già trattato casi simili, tendono ad avere una preparazione migliore. Per chi ha pensieri suicidi, la terapia aiuta a costruire nuovi modi di guardare alla vita. Il parametro non è necessariamente la riduzione dei pensieri suicidi, ma quanto la persona inizia a desiderare di vivere, ad avere speranza, a provare piacere, gioia e a gestire meglio i pensieri, le emozioni e le relazioni. Tutto ha importanza nel successo del processo terapeutico.
E quindi, nel caso della depressione, consideriamo “trattamento d’oro” l’ attivazione comportamentale. Cos’è l’attivazione comportamentale? La depressione porta la persona a uno stato di quasi “morte in vita”: la isola dalla convivenza sociale, riduce le attività piacevoli, toglie energia, causa stanchezza, malessere e irritabilità, oltre a generare scuse per evitare qualsiasi azione. L’attivazione comportamentale è il trattamento di riferimento proprio perché fa il contrario, aiutando a riprendere attività significative e piacevoli.
L’arma principale contro la depressione è la speranza. In questo senso, la fede e la promessa di Cristo di una vita eterna possono essere importanti fonti di forza e conforto. Ovviamente non sto dicendo che uno stato depressivo sia dovuto all’assenza di Dio o all’aver dimenticato quella promessa, ma ricordare quella promessa può essere un fattore che contribuisce a sentirsi bene.
Anunciação: La famiglia e gli amici sono fattori di protezione. Come possono agire con saggezza quando hanno a che fare con qualcuno che dimostra di volersi toglierei la vita?
Coelho: La famiglia e gli amici sono fattori di protezione importanti. Il primo passo è prestare attenzione. È fondamentale prendere sul serio qualsiasi commento sul togliersi la vita e non considerarlo mai come una manipolazione o uno scherzo. In questi casi, è necessario offrire sostegno e incoraggiare la ricerca di un aiuto professionale.
Inoltre, dobbiamo percorrere un cammino che aiuti l’altro a vedere in noi un sostegno quando ci guarda. Quando possiamo farlo? Quando convalidiamo il dolore dell’altro, ascoltiamo con attenzione ed empatia, senza minimizzarlo o paragonarlo alla nostra esperienza. Ascoltare veramente, senza giudicare o pensare alla risposta mentre l’altro parla, può offrire un sostegno reale. Molte volte, ciò di cui la persona ha più bisogno è semplicemente un orecchio amico disposto ad accoglierla. Questo può essere trasformante.
Se nella famiglia ci sono precedenti di suicidio o tentativi di suicidio, è necessario prestare maggiore attenzione, poiché si tratta di un fattore di rischio. Sia la persona che soffre sia i familiari possono trarre beneficio dal supporto psicologico per sviluppare un ascolto più sensibile e affrontare meglio la situazione. In sintesi, ascoltare con attenzione, prendere sul serio i segnali e cercare aiuto sono atteggiamenti essenziali per agire con saggezza.
Anunciação: Aiutare una persona con pensieri suicidi deve essere estenuante. Come possono i familiari e gli amici rafforzarsi emotivamente? Come possono sapere se aiutano nel modo giusto, anche quando i risultati non sembrano immediati?
Coelho: Aiutare una persona con pensieri suicidi può essere estenuante. I familiari e gli amici hanno bisogno di rafforzarsi emotivamente. Il primo passo è il sostegno reciproco. Chi offre sostegno deve anche prendersi cura di sé. È normale che la famiglia sia in stato di allerta per lunghi periodi, anche di notte, osservando i comportamenti della persona a rischio, e ciò genera stress. Per questo è importante dividere le responsabilità, cercare una terapia di sostegno e praticare la cura di sé attraverso il riposo, un’alimentazione adeguata e l’attività fisica. Questi fattori contribuiscono a mantenere la forza fisica ed emotiva di fronte a una sfida così grande.
Un altro punto importante è comprendere che il processo è graduale. Le persone affette da depressione o con pensieri suicidi spesso rifiutano la presenza di chi cerca di aiutarle, assumendo atteggiamenti critici, aggressivi o di allontanamento. In questi casi, la pazienza e la resilienza sono fondamentali, così come una stretta supervisione, ad esempio osservando dove va la persona, cosa fa e come si comporta, specialmente nelle situazioni più gravi.
Infine, è necessario avere chiaro che nulla accade immediatamente. La cura richiede tempo e perseveranza. Affrontare questa esperienza sapendo già che richiederà molto alla famiglia è anche un modo per prepararsi. Inoltre, parlare con la persona di ciò che è utile, chiedere se un determinato atteggiamento è d’aiuto e dialogare con il terapeuta sono modi preziosi per capire se l’azione è efficace.
Anunciação: Quando una famiglia perde una persona cara a causa del suicidio, come può prendersi cura di se stessa e imparare a non sentirsi in colpa?
Coelho :Questa è una delle domande più complesse che mi hai posto. Devo essere molto sincero. Perdere una persona cara a causa del suicidio porta inevitabilmente al senso di colpa. Le persone tendono a pensare che il suicidio sia avvenuto perché non erano attente o perché avrebbero potuto fare qualcosa di diverso. È importante capire che, spesso, nei limiti di ciò che si sarebbe potuto fare, tutto è già stato fatto. Quando la famiglia percepisce di aver offerto cura, sostegno e attenzione e di aver fatto, per quanto possibile, tutto ciò che era in suo potere, questo aiuta ad alleviare parte di quel peso. Tuttavia, il dolore e il senso di colpa sono spesso enormi e attraversano la vita della famiglia per molto tempo. Si reimpara a vivere senza una persona importante, convivendo con la sensazione che si sarebbe potuto fare qualcosa di meglio. In questo senso, la terapia è essenziale per aiutare a convalidare ciò che è stato fatto, riconoscere lo sforzo compiuto e imparare ad affrontare il lutto.
In contesti in cui vi è stata effettivamente negligenza, il lavoro terapeutico passa attraverso l’accettazione dei difetti e delle imperfezioni, riconoscendo che non è stato possibile percepire o rendersi conto di ciò che era necessario. Questo processo è molto difficile e doloroso, ma con un accompagnamento è possibile rivedere, analizzare e adeguare i modi di relazionarsi con questa esperienza così difficile.
Anunciação: Per concludere, ho selezionato alcune frasi sul suicidio e vorrei sapere se sono un mito o una realtà:
“Il suicidio è sempre un atto impulsivo”.
Coelho: È un mito. Sebbene esista un numero crescente di casi impulsivi, molti suicidi sono pensati e pianificati gradualmente. Ci sono persone che scrivono lettere, preparano addii e organizzano i dettagli prima dell’atto. Ecco perché è importante osservare i cambiamenti nel comportamento nel corso del tempo, non solo in momenti isolati.
Anunciação: “Il suicidio avviene sempre con un preavviso”.
Coelho: Non necessariamente. Ci sono casi con segnali chiari e impercettibili, e casi senza alcun preavviso apparente, specialmente nei profili più impulsivi. Per questo motivo, la cura deve essere continua. Non aspettate il “preavviso ufficiale”. Vale la pena investire nella prevenzione fin da quando la persona sembra stare ancora bene.
Anunciação: “Il suicidio si verifica solo in caso di gravi disturbi mentali”.
Coelho: Mito. I disturbi mentali gravi (come alcuni disturbi della personalità o la depressione grave) aumentano il rischio, ma il suicidio può verificarsi anche in persone senza diagnosi gravi, ad esempio in contesti di isolamento, violenza, bullismo, uso di comunità online che incoraggiano l’autolesionismo, perdite intense o episodi di crisi acute. I fattori sociali e ambientali sono importanti tanto quanto i fattori clinici.
[Foto e fonte: noticias.adventistas.org/es/. A cura di Lina Ferrara, HopeMedia Italia]








