Acqua dal deserto. Bellezza dal nulla. Un bambino nato nell’oscurità, la speranza dei secoli: Gesù risplende in tutta la Scrittura.
Ashley Jankiewicz – Se fossi bloccato su un’isola deserta per il resto della tua vita e potessi avere un solo libro della Bibbia da leggere per sempre, quale sceglieresti? Questa domanda è stata posta da un intervistatore in un podcast che ho ascoltato di recente. Forse sceglieresti i Salmi. È il libro più lungo, quindi avresti più testo da leggere. Oppure potresti scegliere uno dei Vangeli, con tutte le storie di Gesù. Qual è stata risposta? Isaia. È il libro che sceglierei anch’io, poiché Isaia è il mio testo preferito della Bibbia già da diversi anni. Tuttavia, la ciò che ha detto il conduttore del podcast mi ha incuriosito: perché in Isaia c’è il Natale.
Quando pensiamo al racconto del Natale, probabilmente la nostra mente si rivolge a Matteo, Luca o a un altro Vangelo. La maggior parte delle persone conosce l’episodio dell’angelo Gabriele che appare alla giovane vergine Maria, poi il viaggio a Betlemme e la nascita difficile in una stalla. Non dimentichiamo la mangiatoia, i pastori e i magi; la storia della natività bella e ben confezionata, rappresentata dalle statuine esposte sui caminetti e nei giardini. È il racconto davvero più grande che il mondo abbia mai ascoltato. Tuttavia, non guardiamo spesso all’Antico Testamento per raccontare il Natale; è la stagione del Nuovo Testamento. È un periodo in cui fingiamo che non esistano i capitoli difficili di Giudici e dei profeti.
Non saresti l’unico a trovare ostici alcuni dei capitoli più pesanti dell’Antico Testamento, ma la cosa entusiasmante è che, se leggi con attenzione, tutto nel primo Testamento punta al secondo; come proclama Gesù: “Le Scritture parlano di me!” (Giovanni 5:39).
Emmanuele
Diamo quindi uno sguardo più attento al libro di Isaia. Ogni volta che lo sfoglio, mi salta all’occhio una nuova promessa. Devo ammettere, però, che talvolta leggo solo la seconda parte. Per chi non conosce questo libro della Bibbia, i capitoli da 1 a 39 sono ricchi delle profezie del tipo: “Guai a Israele, giudizio sul popolo di Dio”, che possono sembrare davvero scoraggianti. Tuttavia, dal capitolo 39 alla fine, il tono cambia e affronta il bellissimo tema della redenzione. La prima parte di Isaia, però, è importante; il libro nel suo insieme ci dà il ritratto più completo di Gesù nell’intero Antico Testamento ed è una metafora della nascita, della morte e della resurrezione di Cristo. Anche il nome Isaia significa “La salvezza del Signore”. Quindi, se vogliamo avere una visione d’insieme, non possiamo saltare le parti difficili. In effetti, è proprio in mezzo a quelle complessità che appare per la prima volta la storia della natività.
Costruiamo la scena. Isaia, capitolo 7. Israele è travolto dal panico a causa della minaccia di guerra. Il popolo scelto da Dio si è allontanato da lui ancora una volta. Re Acaz, un uomo di incredibile malvagità, ha cercato alleanze straniere invece di affidarsi al Signore. È in questo scenario di paura e oscurità che Isaia profetizza: “la giovane concepirà, partorirà un figlio e lo chiamerà Emmanuele” (v. 14). Il capitolo 9 ha un tema simile. Inizia con la speranza, la promessa di una grande luce che splende “su quelli che abitavano il paese dell’ombra della morte” (v. 1) e di un bambino nato, un figlio, chiamato “Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre eterno, Principe della pace” (v. 5), che regnerà “sul trono di Davide… mediante il diritto e la giustizia, da ora e per sempre” (v. 6). Il capitolo 9 si conclude con l’iniquità e l’ipocrisia degli Israeliti e con le sofferenze che subiranno di conseguenza. Quindi, vediamo che Dio, anche quando condanna le azioni del suo popolo, ci dona speranza, una speranza che risplende nitidamente su questo sfondo di oscurità.
Acqua viva
Isaia contiene la bellissima promessa di qualcosa che nasce dal nulla. Il capitolo 11 dice: “Poi un ramo uscirà dal tronco d’Isai” (v. 1). Cos’è un tronco? I resti di un albero morto. Ma un germoglio che spunta da un tronco indica la vita! Vita che nasce dalla morte. In tutto questo libro sono disseminate anche metafore sull’acqua: “delle acque sgorgheranno nel deserto” (35:6), “farò scaturire dei fiumi sulle nude alture” (41:18), e “spanderò le acque sul suolo assetato e i ruscelli sull’arida terra” (44:3). Gli israeliti sapevano cosa significava vivere nel deserto. Sapevano che l’acqua era sinonimo di vita. Qui, Dio promette più e più volte di far scorrere l’acqua in quei luoghi aridi. Ma non si tratta solo di acqua: “pianterò nel deserto il cedro, l’acacia, il mirto e l’olivo selvatico” (41:19), erba in una prateria (44:4) e poi il mio preferito, darà “un diadema invece di cenere” (61:3). Tutte queste meravigliose promesse sono state scritte circa 700 anni prima della nascita di Gesù che, nel Nuovo Testamento, si definisce l’Acqua viva.
Come un sabato
Questo è ciò di cui parla il Natale. Acqua dal deserto. Bellezza dal nulla. Un bambino nato nell’oscurità, la speranza dei secoli. Ora, un altro Natale sta arrivando, duemila anni dopo l’avverarsi di queste profezie e a quasi tremila anni da quando Isaia scrisse queste parole. Sembra che gli anni passino così in fretta per noi, con le case e i negozi addobbati di nuovo e, probabilmente, alcuni di voi hanno figli che implorano già di sapere quali regali riceveranno.
Ecco un pensiero: il sabato arriva una volta alla settimana. Mentre ci riposiamo e ci ricarichiamo, sappiamo anche che è un giorno in cui ci ricordiamo delle promesse di Dio. Sebbene il Natale celebrato oggi sembri, a volte, molto lontano dai concetti di cui parlo, perché non lasciare che questo periodo dell’anno sia una sorta di “sabato”? Un tempo di riposo e recupero? Comprate tutti i regali in anticipo, così sarà davvero possibile! Un tempo di gioia da trascorrere con i propri cari, un momento per fare un giro a vedere le luminarie e cantare “Astro del Ciel”? E anche un momento per ricordare la storia che descrive Isaia.
Viviamo ancora nella profonda oscurità, ma la promessa si è avverata e possiamo guardare a questo bellissimo libro profetico con la consapevolezza di ciò che Cristo ha fatto per noi e la speranza di un futuro in cui lui tornerà. La speranza che, nel buio e nella condanna, abbiamo una promessa eterna di redenzione.
(Ashley Jankiewicz è redattore della rivista Adventist Record).
[Fonte: record.adventistchurch.com. Tradotto da Veronica Addazio]