Una terra da abitare e custodire
3 Settembre 2024

Sostenibilità e ambiente in primo piano al convegno del Sae a Camaldoli, tra etica e spiritualità.

Notizie Avventiste – A un mese dalla chiusura della Sessione di formazione ecumenica del Sae (Segretariato per le attività ecumeniche), restano ancora vivi nei partecipanti gli echi delle presentazioni e dei giorni vissuti insieme. Il Monastero di Camaldoli (AR) ha ospitato, dal 28 luglio al 3 agosto, la sessantesima edizione di questo incontro annuale. Hanno partecipato cristiani e cristiane di varie denominazioni (avventisti, battisti, cattolici, metodisti, ortodossi, pentecostali, valdesi) insieme ad alcuni credenti delle altre religioni monoteistiche e orientali.

I panel
Il tema “Una terra da abitare e custodire” ha preso spunto dal testo biblico: “Il Signore Dio prese l’essere umano e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse” (Genesi 2:15).
I panel, organizzati in questa sette giorni del Sae, hanno affrontato l’argomento da diverse angolazioni: “Creazione tra Scrittura e teologie”, “Leggere la crisi, tra scienze e vissuti”, “Le Chiese per la salvaguardia del creato”, “Sostenibilità tra economia ed ecologia”, “Religioni e Terra”, ecc.

L’intervento del past. Romano
Il past. Davide Romano, direttore dell’Istituto avventista di Firenze e del Dipartimento Affari Pubblici e Libertà Religiosa della Unione avventista (Uicca), è stato uno dei due relatori del panel “Ecospiritualità tra bellezza e grido”. Nella sua presentazione, intitolata “Fino a quando o Signore? Il grido delle creature, tra sgomento e speranza”, ha iniziato con una premessa sulla natura e i limiti di quel discorso che dice l’alterità di Dio rispetto alla creazione. Ha quindi affermato: “Possiamo parlare di una ecospiritualità perché il sogno di Dio è abitare in mezzo alle sue creature. L’incarnazione è il modello di immedesimazione con il terreno, con l’umano e con il creaturale”.

Per il past. Romano non è possibile rinunciare a ogni forma di antropocentrismo ma “possiamo e dobbiamo essere interpreti di un antropocentrismo critico, culturalmente consapevole della propria parzialità. L’essere umano non è solo, e non è bene che creda di salvarsi da solo. È necessario creare e riscoprire una grammatica della solidarietà tra le creature, in un mondo in cui il peccato mette comunque le creature in una tensione competitiva tra di loro”.

Anche di fronte ai danni e alle ferite inferte al creato dall’umanità, il pastore ha affermato che non tutto dipende da noi. La fede nel Dio creatore è un antidoto a ogni pessimismo e idolatria. “Che Dio non possa intervenire chi l’ha detto? Nel Salmo 104 e 93 si afferma che la creazione è presa in cura da Dio. Dio è costantemente addetto alla protezione, questo non funge da alibi per non militare sul versante dell’impegno ecologico, ma mi offre una speranza, mi dice che la salvezza non è solo il sogno mio, delle Chiese, del Sae, dei Verdi, ma è il sogno di Dio, e se aspettiamo nuovi cieli e nuova terra non è perché quelli attuali devono andare in macerie, ma c’è una trasfigurazione di Dio che ogni cosa recupera. Credo che questo lavorare e custodire il creato sia un mandato affidato a noi, ma al tempo stesso è un mandato che svolgiamo nella consapevolezza che l’intelligenza, la dedizione e la l’amore per il creato non sono un cruccio solo nostro, ma un preciso impegno che Dio ha assunto con la sua creazione”.

Il past. Romano ha l’impressione, a volte, che dietro a un’eccessiva chiamata a salvare il mondo si celi potenzialmente un’altra forma di antropocentrismo.
Se pensi che sarai tu creatura a salvare il mondo, hai scollegato la tua fede da una reale centralità di Dio” ha sottolineato “L’apocalittico è colui che vede l’ambiguità delle realtà create, è colui che attende, prega e resiste sapendo che Dio è colui che era, che è, che viene e che ritorna. L’apocalittico sa che in questo mondo ci sono delle lotte, dei poteri; siamo al centro di uno scontro e questa dimensione non può non informare anche i nostri slanci utopici che rischiano di fallire perché non vedono la realtà del conflitto. Credo che l’impegno per un reincanto del mondo, come a volte sembra di scorgere in alcune ecoteologie, è un progetto ambizioso e legittimo, però rimango tiepido”. Per contro non mi rassegno neanche alla bellezza del drammatico”.

Gruppi, laboratori, preghiera
Un’attività significativa nelle Sessioni di formazione ecumenica del Sae è quella che si svolge nei gruppi di studio e nei laboratori dove, a partire dalle proposte di una triade interconfessionale che conduce e modera gli incontri, avviene l’ascolto delle proposte, il confronto, lo scambio di riflessioni e il suggerimento di nuove pratiche.
Nell’edizione 2024, sono stati istituiti sei gruppi di studio (Costruire sostenibilità; Ambiente, religioni, culture; Ecospiritualità; Educarsi a essere creature; Giustizia, pace, salvaguardia del creato; Pastorale del creato) e un laboratorio (Corpi, cioè creature). Hanno lavorato in quattro sessioni e al termine della settimana hanno restituito in plenaria le loro esperienze attraverso alcune parole chiave: responsabilità, nonviolenza ed ecologia, fiducia e cura, interdipendenza, ringraziamento.

Un filo rosso che ha percorso la settimana sono stati i momenti contemplativi declinati in preghiere, celebrazioni ecumeniche, liturgie confessionali e meditazioni.

Conclusione
La partecipazione alla Sessione 2024 è stata definita “multipla”, al termine degli incontri, per la presenza di protestanti di varie denominazioni, ortodossi, cattolici e rappresentanti di altre religioni, provenienti dalla maggior parte delle regioni italiane. Il 16% dei presenti aveva meno di 35 anni. La colletta raccolta durante le celebrazioni è stata devoluta al Neve Shalom-Wahat al-Salaam, l’oasi di pace abitata da israeliani e palestinesi. Il banchetto di artigianato ha finanziato due borse di studio per studenti e studentesse che potranno così partecipare alla prossima formazione del Sae.

Vari sono stati i linguaggi utilizzati per trattare il tema: teologia, scienze ambientali, economia, diritto, etica, buone pratiche. Si sono incontrati sguardi sul divino e sul mondo, diversi ma convergenti sul tema della cura. Nell’assemblea dei partecipanti, con molte presenze che hanno espresso osservazioni puntuali, il convegno è stato apprezzato come “momento di grandissima cultura e di grande conoscenza tra le persone, soprattutto a tavola”, “un’occasione per incontrarsi tra diversi, che significa ricchezza, caratterizzata da una preghiera viva.

[Fonte: Comunicati stampa del Sae. Foto: Laura Caffagnini]

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