Vangelo e vita
20 Febbraio 2025
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La dottrina dell’immortalità dell’anima è compatibile con l’evangelo eterno?

Ángel Manuel RodríguezGli avventisti credono che la Bibbia non insegni l’immortalità intrinseca dell’anima e affermano che gli esseri umani sono una unità indivisibile di vita in forma corporea. Perciò, l’immortalità è un dono divino escatologico, inseparabile dalla risurrezione del corpo (1 Corinzi 15:50-55). Sebbene al principio dell’era cristiana ci fossero diverse interpretazioni sull’anima umana, la Chiesa cristiana accettò la visione che l’anima fosse intrinsecamente immortale, dimorando in un corpo materiale dal quale si libera quando questo muore.

L’anima e la condizione umana
Secondo la concezione dell’immortalità dell’anima, essa è indistruttibile e, di conseguenza, non esiste una potenza esterna, nemmeno il potere di Dio, che possa porvi fine (o almeno Dio sembra non essere disposto a farlo). L’ovvia conclusione è che il peccato non ha minacciato l’esistenza dell’anima. Qualcosa in noi è sfuggito alla ferita mortale della caduta. La Bibbia insegna, però, che il peccato ha danneggiato in modo permanente la totalità della persona – la vita interiore così come quella spirituale, fisica e sociale – lasciando l’intero individuo bisognoso di salvezza (Genesi 3:8-13; Romano 8:6-7; 6:23). Le Scritture insegnano che l’anima che pecca morirà (Ezechiele 18:4; cfr Romani 1:32). L’unica opzione è diventare una nuova creatura grazie al sacrificio salvifico di Cristo (Giovanni 3:7; 2 Corinzi 5:17).

L’anima e la salvezza
La convinzione che l’esistenza umana non sia mai stata a rischio diminuisce la profondità del sacrificio amorevole di Cristo. Egli non ha dato la sua vita per salvare l’anima, perché l’anima non ha bisogno di essere salvata, ma di ricevere la vita eterna! Coloro che credono nell’immortalità dell’anima probabilmente argomenterebbero che è la sfera all’interno della quale l’anima immortale continuerà a esistere a essere a rischio, non l’anima stessa.

L’anima, sostengono, ha bisogno di ritornare alla sfera di Dio attraverso l’opera di riconciliazione di Cristo per sfuggire al secondo luogo infernale dell’esistenza. Hanno ridefinito il danno che il peccato e la ribellione hanno causato alla natura umana, sminuendo, allo stesso tempo, la grandezza del sacrificio di Cristo: è morto non per darci la vita, ma per rendere godibile la nostra vita interiore.

La verità è che il sacrificio di Gesù è consistito nel discendere nel regno della morte per restituirci la vita eterna che avevamo perso (Marco 10:45; Giovanni 3:16; 10:28; Romani 6:23). Dobbiamo affermare che nulla è scampato al potere mortale del peccato e che per redimerci era necessario un sacrificio infinito (2 Corinzi 8:9; Filippesi 2:7; Matteo 27:43). L’idea di un’anima immortale offusca la gloria dell’amore sacrificale di Dio.

L’anima e il giudizio
La dottrina dell’immortalità intrinseca dell’anima distorce il carattere amorevole di Dio come rivelato sulla croce, ridefinendo la morte eterna come un rogo eterno dell’anima dei malvagi all’inferno. È tanto doloroso immaginare che Cristo brucerebbe intenzionalmente e per sempre le persone come punizione per aver condotto una breve vita peccaminosa su questo pianeta. Si tratta di una delle più grandi tragedie dottrinali nella storia del cristianesimo, ed è chiaramente il risultato dell’accettazione della credenza nell’immortalità intrinseca dell’anima. Dio non è un Signore così spietato: Egli è amore (1 Giovanni 4:8; Apocalisse 21:3- 4). Secondo la Bibbia, i malvagi moriranno per sempre (cfr Malachia 4:1; Salmi 37:10; 145:20).

(Ángel Manuel Rodríguez è professore, teologo e pastore)

[Fonte: adventistworld.org / Tradotto da Veronica Addazio]

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