La votazione sulla consacrazione delle donne: le conseguenze del voto
9 Luglio 2015
© Tor Tjeransen
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G. Cupertino/Maol – “E adesso?” È la domanda che rivolgo a Sandra E. Roberts, pastora consacrata e presidente della Federazione della California Sud Orientale.
L’incontro per caso mentre passeggio lungo il Riverwalk, il lungo fiume che è fra le principali attrazioni della città di San Antonio. È seduta ad un tavolino dell’albergo dov’è ospitata, che ha l’affaccio sulla passeggiata. Ci eravamo trovati, sempre per caso, seduti al suo fianco, Stefano Paris ed io, durante il dibattito del Comitato Esecutivo della Conferenza Generale sul tema della consacrazione delle donne al ministero pastorale.

Era il lunedì 13 ottobre 2014 e quello era stato un giorno diverso rispetto a quello che si sta concludendo oggi. Allora il Comitato plenario della Conferenza Generale aveva votato a favore della proposta di consultare l’Assemblea dei delegati della Chiesa in materia. Oggi i delegati della Chiesa Avventista mondiale hanno deliberato a maggioranza (58,4% contro 41,6%) di non concedere alle Divisioni la libertà di scegliere se procedere alla consacrazione delle donne o meno.

© Pieter Damsteegt
© Pieter Damsteegt

“Vuoi sapere cosa farò adesso?”; risponde Sandra Roberts. “Domenica torno al mio ufficio e lavoro. Non vedo come posso fare diversamente. Sono stata eletta da un’Assemblea e ho una responsabilità nei suoi confronti. La situazione è veramente difficile: nella nostra Federazione ci sono 30 pastori che sono donne. Il loro lavoro è particolarmente apprezzato dalle chiese, cosa dobbiamo fare? Ritirare le loro credenziali?”

Il voto espresso dai delegati l’8 luglio 2015, è sicuramente un atto storico che rischia tuttavia di mettere in difficoltà la Chiesa. A parte molti paesi “occidentali”, che si sono mossi nella direzione di riconoscere il ministero pastorale delle donne, vi sono anche alcuni paesi asiatici che per le particolari condizioni locali hanno una quota considerevole di donne impegnate nella leadership delle chiese locali.

Una giovane proveniente dall’Unione Cinese, durante il dibattito a San Antonio e lo scorso ottobre, ha supplicato la chiesa di lasciare che le Divisioni decidano in merito affinché nel loro territorio le donne possano essere consacrate al ministero pastorale perché la missione possa andare avanti.

© Tor Tjeransen
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Nei giorni scorsi durante una visita allo stand della Divisone dell’Asia Settentrionale Il pastore Robert Folkenberg jr., presidente della Unione Cinese, mi aveva spiegato: “Abbiamo ricevuto la benedizione dello Spirito Santo che ha portato la Chiesa nel nostro territorio a superare i 450.000 membri e siamo in forte crescita. Purtroppo però abbiamo solo poche centinaia di pastori consacrati per via della posizione attuale della Chiesa mondiale e questo ci mette in difficoltà. La gestione delle chiese locali è affidata ad oltre 4.600 leader laici di cui i due terzi sono donne. Non riconoscere il loro ministero con la consacrazione pone seri problemi nella pratica ecclesiastica.”

Queste testimonianze non hanno convinto la maggioranza dei delegati necessaria ad offrire la possibilità alle diverse Divisioni di decidere in merito alla consacrazione al ministero pastorale delle donne.

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