Nessuno è perfetto. Come aiutare i bambini a imparare dagli errori
1 Dicembre 2022

Nessuno è perfetto. Come aiutare i bambini a imparare dagli errori

Genia Ruscu – Errare è umano. “L’unico modo sicuro per evitare di commettere errori è non avere idee”, diceva Albert Einstein. Spesso, in ciò che facciamo o diciamo, ci sono svarioni che tradiscono il carattere intrinseco degli errori dell’esistenza vita quotidiana. “Solo chi non lavora non sbaglia” recita un altro detto popolare, a dimostrazione del fatto che gli errori sono strettamente legati all’azione, alle dinamiche stesse della vita.

Gli errori, o meglio le deviazioni dalle regole stabilite, spesso definiscono anche i giovani e i curiosi che, spinti a scoprire tutto ciò che li circonda, a sfidare limiti e raccomandazioni, possono sperimentare fallimenti, prendere decisioni sorprendenti o sbagliare.

Il modo in cui gli adulti reagiscono a questi errori influisce in modo significativo sui bambini, in particolare sulla loro capacità di gestire i fallimenti a breve, medio e lungo termine. Quando gli adulti sono le figure di riferimento nell’universo personale dei più piccoli (genitori, nonni, fratelli o sorelle maggiori), allora l’impatto è ancora più forte. In questo caso, le reazioni sostengono o, al contrario, compromettono la fiducia in se stessi dei piccoli, e plasmano la loro resilienza.

Fallimento personale e intelligenza 
I genitori affrontano gli errori dei figli in modi diversi, anche opposti. Le risposte vanno dalla comprensione, gentilezza o empatia, all’asprezza, alle forti critiche, e hanno il potere di plasmare la percezione dei bambini sulla propria intelligenza. I ricercatori della Stanford University (California) hanno confermato l’ipotesi che un’etichetta “positiva” o “negativa”, posta dai genitori sui fallimenti dei figli, induce i bambini a considerarsi più o meno intelligenti, influenzando il loro intero futuro.

Lo studio, condotto dalla dott.ssa Kyla Haimovitz, del Dipartimento di psicologia, ha analizzato le risposte di 73 coppie genitore-figlio ai questionari relativi al rapporto tra fallimento personale e intelligenza. Mentre il feedback dei partecipanti non ha stabilito una connessione rilevante tra ciò che genitori e figli credevano, a livello dichiarativo, sull’intelligenza, le loro risposte hanno denotato somiglianze per quanto riguarda l’atteggiamento nei confronti dell’argomento.

Si è così osservato che gli adulti delusi e preoccupati per gli scarsi risultati degli alunni della scuola primaria o secondaria hanno instillato in loro la convinzione di non poter migliorare il proprio rendimento scolastico, perché l’intelligenza è un attributo fisso. D’altra parte, i genitori che si si sono concentrati su ciò che i figli avrebbero potuto imparare in seguito alle valutazioni sfavorevoli hanno instillato in questi ultimi la possibilità di cambiamento, di progresso da “modesto” a “migliore” e da “buono” a “ottimo”. Hanno trasmesso il messaggio che l’intelligenza può essere rafforzata con l’allenamento proprio un muscolo.

Sforzi incoraggianti 
Costantemente esposti alle critiche, e non agli incoraggiamenti, i piccoli finiscono per autolimitarsi. Rimproveri del tipo “sei così pigro!” o affermazioni come “non so cosa fare con te, mi hai deluso!” corrompono le loro menti sensibili, inclini a interiorizzare profondamente le frasi degli adulti che suggeriscono loro di essere inferiori e incapaci di cambiare. I bambini perdono così una delle più importanti lezioni di vita, vale a dire: gli errori possono essere trasformati in preziose opportunità di apprendimento.

Per evitare il concretizzarsi di questo scenario, i genitori dovrebbero invece fare riferimento alle azioni del bambino, non al suo modo di essere. Un bambino interpreta l’affermazione “ti sei comportato male” in modo diverso da “sei cattivo”. Richiamare in modo pertinente l’attenzione su un comportamento temporaneo conferma l’idea che ci siano alternative migliori; la seconda opzione, invece, trasmette il messaggio che il problema, essendo intrinseco, non ha grandi possibilità di essere risolto.

Quando gli adulti enfatizzano le cose buone e lasciano in secondo piano ciò che i bambini fanno male, i cambiamenti positivi si verificano molto più velocemente. Riconoscere e incoraggiare gli sforzi dei bambini, siano essi manifestati a livello di intenzione, tentativo o risultato, li motiva a riprodurre successivamente il comportamento desiderato. Studi recenti dimostrano che l’incoraggiamento, usato come reazione agli sforzi dei bambini per fare cose buone, porta al raggiungimento di buoni risultati scolastici.

L’arte di risolvere i problemi 
Oltre a rafforzare i comportamenti positivi, come dovrebbero reagire i genitori quando i figli commettono degli errori?
Un esperimento condotto su un gruppo di bambini in età prescolare indica che non è la critica, il biasimo o la vergogna che aiuta a correggerli quando commettono errori, ma la scienza che insegna loro l’arte di risolvere i problemi. Partendo dalla domanda “Riesci a trovare un’opzione migliore?”, l’esperimento mirava a osservare cosa succede quando i bambini in età prescolare sono invitati a cercare soluzioni.

I piccoli coinvolti nel progetto sono stati invitati a immaginare di dover costruire una casa per il loro insegnante con i pezzi di Lego, ma si sono dimenticati di aggiungere un elemento importante: le finestre. Successivamente, i partecipanti sono stati divisi in quattro gruppi e messi davanti a quattro finali diversi. A quelli del primo gruppo è stato detto che l’insegnante si era espresso con disapprovazione per la mancanza di finestre, e aveva esclamato: “Mi avete deluso” (critica della persona). A quelli del secondo gruppo è stato detto che l’insegnante aveva affermato: “Non è così che si fa una casa” (critica del risultato). A quelli del gruppo numero tre è stato detto che l’insegnante aveva notato l’errore ed esortava i bambini a trovare un nuovo modo per portare a termine il compito (critica del processo). Ai bambini del gruppo di controllo è stato detto solo che c’erano finestre in casa, senza ulteriori commenti.

Le risposte ottenute dagli intervistatori durante i questionari hanno mostrato che il gruppo esposto a critiche personali è stato influenzato in misura maggiore dall’approccio dell’educatore. Il suo atteggiamento veemente ha paralizzato il desiderio dei bambini in età prescolare di tornare al progetto per apportare i miglioramenti necessari. All’opposto, i bambini del secondo gruppo e (soprattutto) quelli del terzo gruppo hanno espresso ottimismo rispetto alla loro capacità di costruire una casa migliore, mostrando apertura in tal senso.

Sebbene la situazione sia più complicata nei casi di problemi comportamentali con radici più profonde, potremmo dire che i principi rimangono gli stessi indipendentemente dal contesto, e aumentano le possibilità di progredire nella giusta direzione nei bambini che si sentono compresi, accettati e incoraggiati nel loro cammino verso il cambiamento.

La libertà di sbagliare 
Alcuni adulti partono dal presupposto che il piccolo sia lo specchio del genitore e si affrettano a correggere gli sbagli. Come sostiene Katherine Reynolds Lewis, autrice del libro The Good News About Bad Behavior, questa convinzione è piuttosto diffusa e genera una cultura genitoriale basata sulla paura.

Nel tentativo di mantenere intatta la propria immagine di fronte al mondo, i genitori tendono a minimizzare i sentimenti del bambino nel processo di formarlo, a incolparli per i fallimenti, o a confondere ciò che fanno con ciò che sono, dimenticando che gli errori possono anche essere costruttivi.

I bambini, privati dell’opportunità di imparare dai propri errori, diventano adulti talmente spaventati dai fallimenti personali che rifiutano di assumersi rischi calcolati o di vivere nuove esperienze nella loro vita emotiva, sociale o professionale a causa della loro bassa autostima e della mancanza delle competenze necessarie per la risoluzione dei problemi.

Invece, i bambini ai quali è concessa la libertà di sbagliare, e di trarre lezioni pratiche dai fallimenti che sperimentano, hanno anche la possibilità di diventare più sicuri della propria capacità di superare gli ostacoli, più emotivamente abili e più socialmente adattati.

Un sistema diverso 
Per raggiungere questo risultato è necessario che i genitori mostrino empatia verso i figli, che forniscano un esempio concreto di comportamento responsabile, ma anche un sostegno costante. Studi condotti circa dieci anni fa concludono che le tecniche genitoriali positive (basate sulla comprensione e l’incoraggiamento) sono più efficaci delle pratiche disciplinari aspre (basate sul biasimo e sulla coercizione), e ciò vale sia nel contesto familiare sia in classe.

In uno degli studi, gli insegnanti formati per sostituire le misure disciplinari punitive con un sistema diverso, focalizzato sulla risoluzione dei problemi (trattando la causa, non solo gli effetti), hanno contribuito a ridurre del 50% il tasso di dispersione tra gli alunni delle scuole secondarie.

A casa, un tale sistema può essere utilizzato se i genitori:
– rassicurano i figli del fatto che da loro non si aspettano la perfezione;
– danno ai figli amore incondizionato, nonostante i loro errori di giudizio o i problemi comportamentali;
– non cercano di correggere i loro sbagli, ma collaborano con i figli per trovare insieme le soluzioni;
– forniscono esempi dei propri errori, raccontano quali sono state le conseguenze e le lezioni apprese;
– incoraggiano i figli ad assumersi la responsabilità delle proprie azioni, senza incolpare gli altri per i fallimenti personali;
– evitano di tirare sempre fuori certi errori del passato;
– apprezzano la disponibilità dei figli ad ammettere i loro errori;
– apprezzano lo sforzo e il coraggio dei figli nell’affrontare le “cadute”;
– insegnano ai figli come scusarsi quando fanno un torto a qualcuno;
– li aiutano a vedere il lato positivo di qualcosa fatta male.

Prova ed errore 
Il sistema scolastico non ha promosso, nel tempo, l’apprendimento per tentativi ed errori. Né i genitori hanno rinunciato ai modelli educativi tradizionali. Tuttavia, una parte della comunità scientifica mette in guardia sui limiti di metodi pedagogici standardizzati, incompatibili con la creatività e l’innovazione, battendosi per l’introduzione di formule educative atipiche che mettono gli alunni nella condizione di sbagliare e, implicitamente, di individuare e attuare soluzioni percorribili.

In che modo l’apprendimento dagli errori differisce dall’apprendimento classico basato sull’evitare gli errori? In primo luogo, imparare dagli errori aumenta la motivazione a rispondere alle sfide e alimenta l’impegno a raggiungere i risultati desiderati, due elementi essenziali nell’equazione dell’autorealizzazione. Nel contesto genitoriale, il sistema richiede un’attenta supervisione da parte degli adulti, che consenta loro di intervenire, quando necessario, per aiutare i figli a progredire nonostante gli errori già commessi ma anche quelli potenziali che potrebbero sorgere.

Un esperimento condotto dalla psicologa Carol Dweck, della Stanford University, mostra che tale supporto fornito dai genitori è più efficace di quello dato sulla base di argomenti come: “Puoi fare X perché sei un bambino intelligente (e quindi immune agli errori)”.

Durante la ricerca, i bambini di quinta elementare sono stati invitati a risolvere una prova difficile, progettata per gli studenti di terza media. Durante l’esecuzione del compito, alcuni bambini sono stati elogiati per la loro intelligenza, altri per il loro visibile impegno nel superare l’“esame”. Gli studenti apprezzati per il loro impegno hanno fatto del loro meglio per completare gli esercizi, anche se hanno commesso errori evidenti. Gli alunni complimentati per l’intelligenza si sono scoraggiati sotto la pressione delle aspettative proiettate su di loro, considerando i propri errori come evidenti segni di fallimento. Ci sono state differenze anche nei risultati, a favore di chi è stato apprezzato per il suo impegno.

Per trasmettere ai bambini l’idea che sbagliare non significa mancanza di intelligenza e, implicitamente, che mostrare intelligenza non garantisce la totale assenza di fallimenti nella vita, si raccomanda ai genitori di:
– notare la reazione dei figli al fallimento e incanalare i loro sentimenti verso il desiderio di migliorare se stessi con la prossima opportunità;
– concentrarsi sul futuro, trasformando l’esperienza presente in uno strumento di apprendimento per situazioni simili;
– osservare e interpretare obiettivamente le proprie reazioni. Sono utili per il piccolo? Esprimono comprensione, calore, desiderio di aiutare o, al contrario, scoraggiano il bambino?;
– Insegnare ai figli a valorizzare l’esperienza piuttosto che il risultato, sottolineando gli aspetti positivi (e come si possono migliorare le cose meno belle);
– non compatire i figli: tentativi eccessivi di consolarli possono trasmettere il messaggio che non sono in grado di accettare il fallimento o di superarlo;
– relativizzare lo sbaglio o la battuta d’arresto: il risultato insoddisfacente non definisce il bambino (tutti gli esseri umani affrontano queste situazioni);
– partecipare a un’attività preferita dai più piccoli, per aiutarli a sentirsi meglio nella propria pelle e ad acquisire una nuova prospettiva sulle cose, staccando da eventi spiacevoli;
– non forzare la correzione degli errori, né assumersi la responsabilità degli sbagli dei figli;
– infondere in loro sicurezza e accettazione.

“La conoscenza non si basa solo sulla verità, ma anche sull’errore” ha affermato C.G. Jung, psicologo svizzero. Gli errori, se trasformati in un buon maestro e fortemente ancorati alla realtà, possono insegnarci, indipendentemente dall’età, lezioni preziose da cui possono nascere vere e proprie perle di saggezza, innovazione e coraggio.

(Genia Ruscu ha un master in consulenza sociale)

[Fonte: st.network. Traduzione: L. Ferrara]

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