Massimo Fabbri – «È stato il più bel campeggio che abbia mai fatto!». «Non mi aspettavo proprio nulla del genere». «Perché è già finito?». «Sono triste e mi dispiace per tutti quei miei amici che non sono venuti e che avrebbero potuto vivere un qualcosa di straordinario». «Veramente mi mancherete un sacco».
Ho voluto iniziare dalla fine, proprio dall’ultimo momento vissuto insieme, per parlarvi di cosa è accaduto quest’estate in Sicilia. Dieci giorni sapientemente mixati da rendere il Campo Compagnon 2018 uno di quelli da ricordare come… io c’ero!
Bene, io c’ero e sono stato molto contento di esserci, di campeggi ne ho fatti moltissimi, ma ogni volta è come la prima volta: facce conosciute, altre intraviste, altre come fossero uscite dall’uovo di Pasqua. Ragazzi e animatori davanti alla stessa domanda? Cosa sarà di questo campeggio?
Inizio inusuale, il 20 luglio, accampati nelle stanze e nella sala della chiesa di Palermo, in mezzo ai palazzoni, a pochi metri dalla famosa Via d’Amelio dove Borsellino visse e morì. Così ci siamo trovati a scoprire un po’ alla volta, pezzo dopo pezzo, la magia e la bellezza di queste terre. Mondello, Cefalù, Le grotte dell’Alcantara, Palermo by night, e poi Vallegrande che è stata la nostra casa per la maggior parte del tempo. Tra quelle mura di pietra, su quella costa di verde montagna in mezzo alla bella Sicilia, abbiamo vissuto emozioni che definirei intense.
Intensa è stata l’escursione in solitaria che i ragazzi hanno dovuto affrontare, come intenso è stato trovarsi a notte fonda in mezzo a centinaia di mucche libere e decise a non abbandonarci in quel bellissimo scorcio di notte di luna piena sulla diga. Intenso è stato ascoltare le bellissime riflessioni che la nostra guida spirituale, Luca Faedda, ha saputo ricamare intorno al tema del campeggio: InstaGod. Istantanee di vite, istantanee di vita, foto rubate a vite esemplari, fermo immagini di momenti quotidiani riveduti e corretti così come solo Luca sa fare.
Spesso ho visto visi lucidi di cuori toccati, ragazzi intenti a guardarsi dentro e maturare scelte, come quella di Jacqueline Corso che quel venerdì pomeriggio, del 27 luglio, ci ha regalato la sua libera decisione di essere battezzata proprio li, davanti a quella croce che abbiamo costruito con le nostre mani, in quella vasca abbellita dai fiori raccolti durante il pomeriggio. È bello vivere emozioni intense e vere, è stato bello cantare con il cuore in gola, gli occhi chiusi il sorriso sulle labbra e la mente proiettata a quando sarà sempre così.
E poi, come ce la siamo spassata, di quel ridere genuino, a ganasce spalancate nel vedere fino a che punto si era capaci di stare ai giochi appositamente preparati dai soliti animatori vecchio stampo che “un gioco è bello se mi diverto io per primo!”. E quanto adrenalinico è stato scendere per le Gole dell’Alcantara o guerreggiare in mezzo all’uliveto, bardati come neanche in Vietnam!
Intenso come quell’ultimo sabato, 28 luglio, che abbiamo deciso di passare in modo alternativo. In mezzo alla cittadina di Piazza Armerina, non come turisti o passanti, ma con un unico obiettivo: testimoniare, così come siamo, di ciò che abbiamo capito di Dio. Attraverso un piccolo gioco, quante storie di uomini e donne incontrate per caso nelle strade cittadine sono state ascoltate, e con quanti di loro è stata rivolta una preghiera al Signore. Sì, un gruppo di ragazzi senza nessuna preparazione ha saputo in poche ore parlare del proprio Dio, pregare per uomini e donne, testimoniare sinceramente.
Emozioni intense di risvolti, per ragazzi tornati a casa con nuovi orizzonti, con conferme che attendevano, con nuova consapevolezza sul proprio ruolo come figli di Dio. Un campeggio finisce presto, è come un’istantanea, ma alcuni istanti cambiano la vita per sempre. Campo Compagnon 2018. Io c’ero!