Gary Krause – Il filosofo danese Søren Kierkegaard racconta di un ospedale in cui i pazienti morivano come mosche. I medici presi dal panico tentavano diverse soluzioni, senza alcun esito. Infine scoprirono la causa del problema: non c’entrava la direzione sanitaria, ma l’edificio stesso, impregnato di veleni.
Nella stessa situazione, dice Kierkegaard, si trovava la chiesa danese del XIX secolo. Le chiese erano inquinate come l’edificio di quell’ospedale. Le comunità soffocavano e morivano; tutti proponevano una cura: un nuovo innario, un nuovo stile di adorazione, un nuovo libro liturgico. Ma tutto risultava inutile. Il problema era più profondo. Il veleno spirituale veniva proprio dall’interno della struttura ecclesiastica, che soffocava l’intera organizzazione. La chiesa non veniva ossigenata, spiritualmente, da anni.
Quando le porte e le finestre sono chiuse non possiamo vedere la nostra comunità né le esigenze del mondo. Ci concentriamo sulle nostre necessità e i nostri interessi. Cominciamo a prendercela gli uni con gli altri, a discutere di problemi dottrinali, a criticare. L’atmosfera spirituale diventa pesante e inquinata. La congregazione muore.
Quale può essere il rimedio per una simile chiesa? In fondo, è alquanto semplice! Abbiamo bisogno di aprire porte e finestre per fare entrare aria fresca e rivitalizzarci con l’ossigeno. Ma più di tutto dobbiamo mettere il capo fuori dalle porte della chiesa e respirare l’aria fresca e vitale del servizio e della missione. La chiesa deve essere un luogo in cui c’è ispirazione, equipaggiamento, motivazione a lasciare il luogo di culto per mescolarsi con la società, dimostrare simpatia, rispondere ai bisogni, conquistare la fiducia degli altri e condurre persone ai piedi di Gesù.