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Sono di mercoledì 20 maggio due notizie riportate dai giornali, riguardanti entrambe gli immigrati e la cosiddetta clandestinità. “I centri di espulsione per gli stranieri come campi di concentramento”. Lo ha detto Berlusconi mentre passeggiava a L’Aquila con Barroso, il presidente della Commissione dell’Unione Europea. A Genova invece la preside di una scuola ha segnato sulla lavagna i nomi di alcuni ragazzi extracomunitari in procinto di diventare maggiorenni, e quindi in “odore di clandestinità”. Questo caso finisce con un’interrogazione parlamentare. Quali sono le reali condizioni di vita nei CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione)? Si conosce qualcosa su ciò che accade in Libia, nei centri analoghi a quelli italiani? Quanto accaduto nella scuola di Genova è diretta iniziativa della preside o è una conseguenza del “pacchetto sicurezza”? Si tratta di una situazione generalizzata? Mario Calvagno, redattore di RVS, lo ha chiesto a Franca Di Lecce, direttore del Servizio Rifugiati e Migranti (SRM) della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (FCEI).