Chernobyl. Il prezzo delle bugie
22 Aprile 2021

Daniel Kuberek – Il 26 aprile 1986, il reattore 4 della centrale nucleare di Chernobyl, in Ucraina, esplose. Gli effetti furono catastrofici: il peggior disastro nucleare della storia. L'esplosione rilasciò radiazioni equivalenti a 500 bombe di Hiroshima e l'area intorno a Chernobyl, inclusa la città di Pripyat, è ora disabitata. Non sarà sicuro viverci per i prossimi 20.000 anni.

Il mio interesse personale per Chernobyl è nato intorno al 2010. Al liceo studiavo i luoghi abbandonati, le città fantasma, e Chernobyl era un ottimo esempio. Poiché i miei genitori all'epoca vivevano nel sud della Polonia, nutrivano legittime preoccupazioni per le radiazioni propagate in tutta Europa a seguito del disastro. Poi, mia madre mi raccontò che non era stato permesso di andare a raccogliere funghi nella foresta per i successivi dieci anni, e della sua preoccupazione prima della nascita di mio fratello maggiore. Era rimasta incinta non molto tempo dopo l'incidente e c'erano già segnalazioni di bambini, nell'Europa dell’est, nati con gravi malformazioni.

L'impatto di Chernobyl è stato devastante. Il bilancio ufficiale delle vittime fu di 31 morti, che includva vigili del fuoco e personale dell'impianto. Tuttavia, considerati gli effetti a lungo termine delle radiazioni, compreso l'aumento dei tumori della tiroide in tutta Europa, si stima che oltre mezzo milione di persone siano morte a causa di Chernobyl. Non sapremo mai il numero ufficiale, perché l'Unione Sovietica ha mentito.

Quando è stata annunciata la serie televisiva Chernobyl della rete Hbo, le mie orecchie si sono drizzate. I cinque episodi mostrano, in dettagli minuziosi e raccapriccianti, gli eventi orribili accaduti al propulsore sovietico. La serie è diventata la più votata di tutti i tempi. Ma il suo obiettivo non è raccontare il disastro; è descrivere il prezzo delle bugie.

Perché Chernobyl è esplosa? È la domanda che uno dei massimi scienziati nucleari russi, Valery Legasov, aveva in mente quando fu inviato a Chernobyl subito dopo il disastro. Incaricato di fermare l'incendio del reattore, gli fu detto che il livello di radiazioni nell’esposizione era stato di 3,6 rontgen, l’equivalente di circa 400 radiografie toraciche. Successivamente venne appurato che i responsabili aveva dato questa cifra perché i dosimetri avevano raggiunto quel numero che era il massimo per quegli strumenti, e quindi era quanto l'Unione Sovietica aveva accettato. In realtà, le radiazioni raggiunsero i 15.000 rontgen.

Come Legasov iniziò a scoprire, l'Urss credeva ignorandolo, il problema sarebbe semplicemente svanito. La popolazione della vicina città di Pripyat non aveva idea di cosa fosse successo e fu esposta a livelli estremamente elevati di radiazioni. Invece di essere evacuati immediatamente, passò più di un giorno prima che gli abitanti ricevessero l'ordine di lasciare tutti i loro effetti personali e abbandonare la città per sempre.

E poi c'erano tutte le bugie che i sovietici dicevano a se stessi sul reattore stesso. La centrale produceva elettricità attraverso la fissione nucleare. La mattina del 26 aprile, i responsabili dell’impianto decisero di eseguire un test di sicurezza, mantenendo la potenza a un livello costante di 700 megawatt. Quando la potenza diminuì, gli ingegneri ricevettero l’ordine di aumentarla estraendo le barre di controllo del boro dal nocciolo del reattore. Ne risultò un enorme picco di potenza che costrinse il personale ad attivare un pulsante di sicurezza per reinserire tutte le barre di controllo e neutralizzare la reazione. Ma non sapevano che le barre di boro avevano punte di grafite che avrebbero effettivamente aumentato la reattività. Il reinserimento delle barre provocò la detonazione. E c'erano ancora altri reattori con lo stesso difetto in giro per l’Unione Sovietica. Legasov, che aveva implorato i funzionari sovietici di cambiare la situazione, si suicidò due anni e un giorno dopo l'incidente. Fu solo dopo la sua morte che l'Urss riconobbe il difetto fatale e si adoperò per risolverlo.

Mentire a qualcun altro è molto brutto, ma cosa dire dell’ingannare se stessi? La continua negazione della verità da parte dei sovietici ebbe un impatto devastante non solo per loro, ma anche per il mondo intero. Il diniego implica credere a false verità convenienti, che mascherano la realtà. È successo a Chernobyl, ma quanto spesso lo facciamo noi? Negare non è essere completamente inconsapevoli, vuol dire rimanere deliberatamente ignoranti.

È facile negare la realtà su stili di vita malsani, atteggiamenti negativi, orgoglio e persino sui difetti delle relazioni. Sappiamo che esistono, ma a volte entriamo nella routine del non far nulla al riguardo. Affrontare la realtà richiede una grande quantità di umiltà.

Nella Bibbia troviamo un esempio classico di come l'orgoglio può sfociare nella negazione. Durante l'ultima cena, Gesù disse a Pietro: “questa stessa notte, prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte” (Matteo 26:34). Pietro sapeva che non c'era modo che Gesù mentisse, ma rispose: "Quand'anche dovessi morire con te, non ti rinnegherò” (v. 35). La prima volta che lo rinnegò fu dopo l'arresto di Gesù, quando fu accusato di essere con Gesù. Pietro disse: “Donna, non lo conosco” (Luca 22:57). La seconda volta accadde in risposta a una serva, e la terza per rispondere alle accuse delle persone intorno a lui. Quale fu la reazione di Pietro quando si rese conto di ciò che aveva fatto? “E, andato fuori, pianse amaramente” (Luca 22:62).

Questo deve essere il peggior tipo di negazione. Ci rifiutiamo di affrontare qualcosa dentro di noi e il nostro rifiuto ferisce qualcun altro. Soprattutto quando qualcuno ci costringe ad affrontare alcune verità che troviamo difficili da gestire. Quindi cerchiamo delle cose di loro per screditare ciò che hanno detto di noi. “Come possono vedere la mia pagliuzza quando hanno una trave nei loro occhi?” pensiamo. Questo tipo di argomento si chiama fallacia ad hominem, attaccare una persona per evitare la forza delle sue argomentazioni.

Mentire a noi stessi significa rinnegare la nostra coscienza, l’unica cosa che ci tiene sulla buona strada. Può essere molto facile da fare e, nel praticarla, miglioriamo. Ma Chernobyl è un esempio del motivo per cui dovremmo affrontare i fatti perché, più pericoloso delle bugie che diciamo a noi stessi, è quando quelle menzogne iniziano a definirci.

L'episodio finale della serie Chernobyl, della Hbo, mostra Valery Legasov che, in un tribunale, spiega ai funzionari sovietici cosa era andato storto:

“Ho già calpestato un terreno pericoloso; siamo su un terreno pericoloso in questo momento a causa dei nostri segreti e delle nostre bugie. Esse sono praticamente ciò che ci definiscono. Quando la verità offende, mentiamo e mentiamo finché non riusciamo più a ricordare che ci sia ancora. Ma è ancora lì. Ogni bugia che diciamo contrae un debito con la verità. Prima o poi quel debito viene pagato. È così che esplode un reattore Rbmk. Bugie".

Daniel Kuberk scrive per la rivista Segni dei Tempi australiana.

[Immagini: pixabay]

 

 

 

 

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