La lettera che non è andata perduta
13 Marzo 2024
La lettera che non è andata perduta
13 Marzo 2024

L’autrice della riflessione che segue ha smarrito molte cose: chiavi, telefoni, pazienza e opportunità. Ha perso di vista anche molte parole che dovevano essere dette. Questa volta ha pensato di fissarle su carta per poterle leggere prima che sia troppo tardi.

Miei cari genitori, 
oggi ho deciso di scrivervi una lettera invece di chiamarvi. Certe parole è meglio segnarle con una penna sulla carta, piuttosto che lasciarle svolazzare liberamente da un giorno all’altro, rischiando che si perdano tra quelle non pronunciate. Per assicurarmi che non volino via, pubblicherò io stessa la lettera. Prendetevi tutto il tempo di cui avete bisogno per leggerla; non fatevi fermare dalla commozione tra una riga e l’altra!

Innanzitutto, desidero ringraziarvi ancora per tutto l’aiuto che mi offrite quotidianamente. Non so come possiate farcela. Grazie perché prendete i bambini a scuola e vi prendete cura di loro finché non torno a casa dal lavoro. Grazie, mamma, per aver stirato la pila di biancheria appena lavata e lasciato il cibo pronto nel frigorifero. E a te, papà, grazie per aver riparato la ruota della bicicletta e legato i pomodori nell’orto. Ieri sera, mentre ti preparavi per andar via, ti ho trovato un po’ più ricurvo e con i capelli più grigi rispetto al giorno prima, ma allegro e laborioso come sempre.

Ti ho salutato con tutto il cuore, finché l’oscurità della notte non ti ha nascosto alla mia vista. Ogni volta che te ne vai, qualcosa dentro di me si rompe, qualcosa che cresce solo in tua presenza, come un guizzo celestiale che addolcisce tutto in chiarezza e bellezza. Ti conservo nei miei pensieri e tra le mie braccia come un dolce e caldo ricordo futuro, un balsamo per i tempi duri che potrebbero arrivare. Desidero tenerti dentro di me, non lasciarti più andare via. Vorrei che potessimo mangiare caldarroste accanto al fuoco, raccontandoci storie di quando il tempo era un giovane vagabondo.

Papà, mi avevi promesso che mi avresti dato la ricetta del tuo pane! Per favore, non farlo per ora! Voglio ancora sentire il sapore di casa, che solo il tuo pane ha. Perché oltre alla farina e al lievito, all’acqua e al sale, devono nascondersi ingredienti senza nome. Il rosso maturo delle ciliegie del giardino della nonna o le noci verdi di quello della zia Măriuca li ritrovo nascosti tra le fette di pane che risvegliano in me la freschezza e i profumi dell’infanzia. Impasta il mio passato con bellezza e senso pratico, come solo tu sai fare, finché non cresce, fermentando meravigliosamente, posto in un luogo caldo, sotto la tua mano!

Per favore, non preoccuparti se ti stanchi più velocemente quando poti gli alberi del frutteto! Non te ne crucciare, non hai perso le forze nel corso degli anni! Le hai semplicemente trasferite con un cucchiaio quando ho perso i denti da latte. O quando venivi con me allo stadio, a sostenermi, finché non raggiungevo il livello delle buone considerazioni che avevi su di me. Mi hai dato per giocattolo un annaffiatoio con delle lettere per irrigare la mia fantasia. E l’ho annaffiata finché non è diventata troppo grande e non rientrava più nei miei pensieri. Si riversava sulle carte in ufficio e sotto il letto, impulsiva e selvaggia. L’hai presa nella tua mano e l’hai legata con delle corde, trasformandola in un libro. E anche se le pagine del volume provengono da me, le copertine sono le ali che mi hai prestato finché non ho imparato a volare. Sei stato il mio primo insegnante di volo. Da allora mi sono cresciute ali più lunghe, per volare più in alto e per seguirti più da vicino. Quindi, stai tranquillo! La tua forza è con me. Mi assicurerò che non vada persa. La regalerò ai tuoi nipoti, così anche loro avranno qualcosa da trasmettere.

Mamma, non preoccuparti per le rughe intorno agli occhi! Sono solo le pieghe di un sipario aperto per rivelare meglio la tua bellezza interiore. E credimi, mamma, ogni giorno che passa diventi più bella! Il tempo si è assopito tra le increspature della tua pelle, come un’antica melodia sospesa tra le pieghe di una fisarmonica dimenticata e lasciata aperta. I caldi colori pastello della tua voce indugiano nella mia mente. Sempre pronta a insegnarmi a essere felice senza un motivo, a cantare quando si sente più male e a dare senza aspettarmi nulla in cambio.

Quando hai combattuto contro il cancro, ho trascorso molte notti insonni con la paura di perderti. Non capivo, allora, la tua pace e la serenità di fronte a una possibile separazione. E cerco ancora ostinatamente di comprenderlo, di tenerti vicina a me come maestra, seguendo le tue orme per decifrare la speranza dell’eternità. Per favore, dimmi come posso calmare le mie preoccupazioni nel silenzio della preghiera. Insegnami a vivere silenziosamente in superficie, ma approfondendo la pazienza e la fiducia nelle certezze future! Prega per me, madre, affinché non diventi mai troppo elevata ai miei occhi, ma nemmeno così piccola da essere intimidita dai giganti che mi circondano!

Mamma, devo ancora imparare a usare la tua macchina da cucire. Per quanto possa ricordare, hai adattato e aggiustato vestiti e costumi perché mi stessero meglio. Una sarta perfetta, che sapeva togliere il troppo e aggiungere dove mancava. Con la stoffa o attraverso le parole. Mi hai ricucito insieme quando ho lasciato che i miei pensieri si disfacessero o mi hai lasciata libera di divertirmi quando mi sentivo soffocata. Ma il tuo capolavoro, sopra ogni cosa, è il lavoro scrupoloso di una vita per cucire il mio cuore a Gesù. Giorno e notte lavoravi con canti e storie della Bibbia. E quando volevo liberarmi, i tuoi fili mi hanno seguito a lungo nella mia coscienza riportandomi a casa. Lentamente, col tempo, ho imparato a ricamare me stessa cucendomi al Cielo, quando mi alzo la mattina e prima di andare a dormire. Ho rattoppato le mie ricerche e il mio scopo con un tessuto blu, trascrivendo nella mia vita il disegno che mi hai consegnato.

Grazie!

Miei carissimi genitori, il nostro tempo insieme è sospeso come un frutto maturo e dolce. Ma quanto più il ramo si piega sotto il peso del frutto maturo, tanto più vigorosamente si rialzerà al momento del raccolto. Le parole mi scivolano tra le dita quando provo a intingerle nell’inchiostro. Mi pungono e mi mordono finché non mi vengono le lacrime agli occhi. Ma è proprio per questo motivo che volevo scrivervi oggi. Per non lasciare che le lacrime spaventino le mie parole. Ho fatto un patto con loro, di restare coraggiosamente sulla pagina, e le asciugherò con un fazzoletto umido finché non rifletteranno il riconoscimento e l’amore che ho nel mio cuore per voi per tutta la vita.

Quando cesseranno le parole tra noi mi consolerò con queste, vissute e lette da voi. Serviranno come sostegno per il desiderio di stare insieme, strette tra due cuori. Quando ci incontreremo di nuovo, integri e guariti dal tempo, ci abbracceremo per qualche anno. Poi prenderemo i nostri capi e li uniremo sino a formare un nuovo tessuto, il cui filo non si spezzerà mai più. E poi vi scriverò un altro messaggio, con lettere fatte con un inchiostro diverso, che non macchia né si cancella.

P.S. Venite domani. Mi mancate. Magari potremmo preparare del pane dolce insieme.

Denisa Selagea

[Fonte: st.network. Traduzione: V. Addazio] 

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